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Il mio SI' al referendum sulla riforma della Costituzione
Giacomo Correale Santacroce
su Piazza d'Uomo

Ragione e Sentimento
Ragione e sentimento

Cari Amici,

Nell'accingermi a votare sul  referendum per la Riforma costituzionale,  penso prima di tutto al Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano,  e alle infinite volte che, nel corso del suo servizio,  si è rivolto con passione al Parlamento e al Governo perché attuassero le riforme necessarie per far progredire l'Italia.
Desidero contribuire a far sì che egli veda, nella sua tarda età, le sue raccomandazioni tradotte in realtà, sia pure in parte.
Pertanto, voterò “SI”, come lui.

Naturalmente voterò “SI” anche perché sono convinto che la riforma oggetto del referendum costituisca un importante passo avanti per il funzionamento del sistema democratico  del nostro Paese. E suggerisco a tutti di leggerne attentamente il testo, per evitare di soggiacere  inconsapevolmente  a  molti luoghi comuni della vulgata mediatica.

L'attenta  lettura delle modifiche, che secondo quanto si sente dire  sarebbero mal scritte e confuse, frutto di scelte affrettate e superficiali, mi fa al contrario considerare  il lavoro svolto  da Parlamento e Governo come altamente apprezzabile, dopo  lunghi e approfonditi dibattiti, tradotti in proposte chiare  e comprensibili. Dirò di più: mi sento di ringraziare le nostre istituzioni, spesso sbeffeggiate da personaggi inconsistenti,  per l'impegno profuso. 

Non dubito che il funzionamento del Senato, come previsto dalla riforma, incontrerà  problemi, specialmente all'inizio. Non per questioni di rappresentanza: i senatori saranno consiglieri regionali e sindaci liberamente eletti dai cittadini delle rispettive regioni e città. Ma avrei  preferito che alle funzioni deliberative fondamentali    (modifiche costituzionali, nomina del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale), e alla gestione della sussidiarietà (cioè dei rapporti tra i diversi livelli di governo) non fossero aggiunte funzioni di controllo dell'operato della Camera, inutili (questo compito spetta al Presidente della Repubblica e alla Corte Costituzionale) e capaci di intralciare la funzione legislativa. Confido che la pratica consenta di mettere a punto lo strumento, senza escludere futuri cambiamenti.

Da autonomista convinto, non posso non notare con dispiacere che la riforma segue  la tendenza, oggi imperante, verso  un riflusso di poteri dalla periferia al centro. Ma bisogna dire che rispetto alla pessima riforma del Titolo V, il nuovo ordinamento costituisce   comunque un miglioramento rilevante. Spetterà al nuovo  Senato delle Autonomie di agire positivamente sulla dinamica dei rapporti tra diversi livelli di governo. 

Quanto all'argomento secondo cui la riforma aprirebbe la strada a derive autoritarie, non ho trovato nulla nella riforma che autorizzi timori di questo genere. Si può discutere sulla corsia più veloce riservata ai disegni di legge di iniziativa governativa, ma mi sembra che l'equilibrio tra governabilità e rappresentanza rimanga accettabile, considerata la necessità di rispondere rapidamente alle esigenze di un mondo sempre più “liquido”.

 Alexis De Tocqueville, nel suo “Della Democrazia in America”, aveva rilevato che le leggi della nuova democrazia americana erano formulate in modo peggiore di  quelle dei regimi aristocratici, come la Gran Bretagna, ma che nonostante ciò funzionavano.  Si potrebbe dire: “E' la democrazia, bellezza”!

Cari saluti e buon voto!
Giacomo Correale Santacroce

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  15 novembre 2016