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La trappola dell'Iraq
di Vittorio Amodeo


Caccia
In occasione del recente vertice NATO di Praga gli Stati Uniti hanno chiesto a 52 nazioni di “offrire forze di combattimento, attrezzature logistiche, aiuti umanitari (!), mezzi per la ricostruzione” per la campagna contro l'Iraq.
E' ovvio che una tale richiesta non viene rivolta casualmente, ha uno scopo preciso: ottenere il più ampio appoggio, militare a finanziario, a una campagna sostanzialmente già decisa. Conferma quanto molti da tempo affermano, ossia che la guerra all'Iraq è questione di qualche mese, ma sembra ormai inevitabile. Poiché si parla di ricostruzione del paese, sembra scontato che il paese verrà distrutto.
Se così stanno le cose, ci si può chiedere che senso abbia la messinscena degli ispettori ONU che vanno a Bagdad per verificare l'esistenza o meno di armi di distruzione di massa: chimiche, batteriologiche o nucleari. E' presumibile che Saddam non le abbia, o non le abbia attualmente, perché sarebbe ingenuo accogliere gli ispettori per esibire loro tali armi.
Si dice che gli USA, pur avendo già deciso – come più volte proclamato – di volersi sbarazzare di Saddam e occupare a tempo indeterminato l'Iraq (con una vera e propria azione di conquista neo-coloniale), abbiano accettato le ispezioni per venire incontro all'opinione degli stati europei (in prevalenza orientati nel senso delle verifiche prima di decidere la campagna), evitando così uno stallo in sede ONU.
Ma si può dubitare che gli USA abbiano davvero ceduto all'opinione degli europei, dopo che avevano più volte dichiarato di volere l'azione “con l'ONU o senza l'ONU”. Infatti sono singolari le modalità di lavoro assegnate agli ispettori: entro poco più di due mesi devono aver ispezionato tutto e stabilito l'esistenza o meno delle armi, quando nel passato erano stati in Iraq ben sette anni senza giungere a definitive conclusioni.
E' probabile che gli ispettori ONU, se non troveranno le armi, troveranno però tracce di contaminazione radioattiva (ce n'è persino nelle nostre case) o dovute allo stoccaggio, nel passato, di armi chimiche o biologiche.
Tanto sarà sufficiente per dichiarare la pericolosità dell'Iraq e giustificare l'aggressione. Con un grosso vantaggio: l'Iraq ha consegnato l'elenco delle armi, gli ispettori hanno potuto verificare, dunque i bombardieri anglo-americani potranno andare a colpo sicuro a distruggere i residui scarsi armamenti iracheni. Gli USA vogliono invadere il paese, ma essere sicuri che non ci siano armi pericolose e che le rimanenti siano neutralizzate.
In più il presidente Bush ha dichiarato che, se i generali iracheni daranno ordine di sparare contro i militari americani, essi verranno processati come criminali di guerra. Sorte poco gradevole questa dei generali iracheni: se non daranno ordine di sparare saranno traditori verso il loro paese secondo una legge antichissima; se daranno l'ordine, saranno criminali secondo la nuovissima dottrina Bush. Questi, dopo aver vinto le elezioni al Congresso premendo sul pedale del patriottismo e del bellicismo, si attende una vera apoteosi se – come spera – riuscirà ad annettere l'Iraq (e il suo petrolio) senza un solo caduto americano (salvo quelli prevedibili per il “fuoco amico”). Moriranno, è vero, innumerevoli iracheni specie tra i civili, altre decine di migliaia saranno condannati a malattie e deprivazioni, ma questi non entrano nella contabilità dell'Impero del Bene.
Che dire poi della richiesta di aiuti finanziari rivolta ai 52 paesi? Non è nuova nella politica USA. Al termine della guerra del Golfo, fatti i conti risultò un costo di 58 miliardi di dollari, dei quali 48 miliardi furono pagati dagli alleati degli USA (Il Sole-24 Ore del 17/9/2002). Dunque la dottrina militare americana è di fare la guerra solo se si è sicuri di vincerla grazie a un'enorme prevalenza di mezzi, e in più farla finanziare dagli altri.
Ma a questo punto non ci si può esimere dal considerare: dunque tutto l'Occidente industrializzato, tutta la parte ricca e potente del mondo si coalizza per assalire un singolo paese, già stremato da un decennio d'embargo? Seicento e più milioni di persone, benestanti e ben fornite, contro venti milioni per lo più di poveracci? Questa sarebbe la cultura, la decantata civiltà di noi occidentali, frutto della tradizione cristiana eccetera eccetera?
Se ci riflettiamo, non credo che possiamo accettare questo pianificato massacro e rapina di un popolo che non ci ha attaccato. E' contrario al diritto internazionale, ma direi anche a un'etica di base. Si tratta di un'azione simile a quella dei conquistadores spagnoli e portoghesi di 500 anni fa, ma aggravata dalla nostra tecnologia e dal grado di consapevolezza che v'è oggigiorno.
Se non vogliamo essere noi i primi terroristi, e dare così esca alle azioni suicide di disperati, dobbiamo fermarci, non procedere su questa strada di follia bellicosa. Credo dobbiamo boicottare gli uomini politici, siano essi di destra oppure di sinistra, che accettano la eventualità e la possibilità di condurre una guerra.

Vittorio Amodeo

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  27 novembre 2002