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Per una globalizzazione
dei diritti e delle opportunità
Convegno organizzato dai DS di Monza il 30.11.2002
intervento di Giuseppe Civati


La globalizzazione dal volto umano
Muovo da una considerazione che mi sembra di grande importanza. Credo non si possa rifiutare tout court la globalizzazione e i fenomeni che la accompagnano. Bisogna piuttosto stare 'dentro' alla globalizzazione, per comprenderla, interpretarla e ove possibile contribuire a trasformarla[1].
Finora i politici hanno soltanto cercato di capire cosa stesse succedendo.
Dopo alcuni anni di riflessione è ora possibile fare qualcosa per trasformarla in proposta politica, per proporre soluzioni a favore di una “globalizzazione dal volto umano”, per usare l'espressione del primo Rapporto della Commission on Global governance delle Nazioni unite del 1995, in cui già si prospettava la necessità di una diversa globalizzazione, non solo ben temperata, ma garantita[2].
 
Una società europea nel mondo globale
È chiaro che i pericoli della globalizzazione e con essa del deperimento degli stati nazionali non destano solo un interesse geopolitico, ma anche una particolare rilevanza per quanto riguarda il processo di decisione democratica.
La stessa democrazia come la conosciamo noi è nata negli stati nazionali e in essi si è sviluppata[3]. Non è pensabile affrontare problemi di rilevanza globale, muovendo dal punto di vista limitato dello stato nazionale. L'importanza è quella allora sì della via istituzionale, che allo svaporare della sovranità degli stati tradizionali accompagni, qui in Europa, la costruzione di un'Unione sempre più decisa e consapevole del proprio ruolo. Guardiamo perciò all'Europa e alla sua nuova Costituzione con grande attenzione e speranza.
Non si tratta infatti di un processo meramente istituzionale e di ingegneria burocratica: è un fatto genuinamente, essenzialmente politico. Ha ricordato recentemente Cacciari che attualmente l'Unione europea non è accompagnata da alcuna società europea, che manca, irrigimentata com'è negli stati nazionali. “Senza una società europea non c'è unione politica. E tale società può essere costruita soltanto dimostrando che a livello comunitario è possibile arricchire, approfondire, implementare i diritti di cittadinanza”[4].
 
Berlusconi come 'guaio' della globalizzazione
Difficile pensare che vi possa essere qualche contributo a questa causa da parte di questa vergognosa Destra di Governo (?), che legge la globalizzazione attraverso le lenti deformanti della Legge Bossi-Fini, confonde la governance planetaria e la diplomazia internazionale con un lavoro da rappresentanti di moquette, afferma in ogni occasione la propria freddezza, quando non vera e propria avversione nei confronti dell'Europa, testimoniata in primo luogo dal Ministro – guarda un po' – dell'Economia.
La politica sull'immigrazione è una sorta di condensato, di manuale di tutto quello che un uomo politico non dovrebbe essere nel 2002: vi alligna il localismo più retrogrado, il razzismo strisciante, quando non urlante alla Borghezio, l'incapacità di vivere al passo con i tempi.
Questo è successo anche con la messa in discussione dello stato sociale, che le politiche neoliberiste – anzi, veteroliberiste, visto che i modelli sono quelli degli Anni Ottanta – ritengono necessario superare.
Questo si vede nella nostra Regione, dove è in crisi il Bengodi della sanità ipertrofica, e nei nostri Comuni, che faticheranno molto nel 2003 per garantire i livelli di servizio alla persona, a causa di una dissennata logica di risparmio 'a senso unico' prevista dalla Finanziaria della coppia Berlusconi-Tremonti.
Qualcuno ha visto Berlusconi quale peggior prodotto e risultato politico della globalizzazione, e il suo governo una sorta di sintesi dei suoi aspetti più preoccupanti: la deriva populistica del Piccolo Cesare è il distillato di questo sistema di disvalori[5].
 
Glocial ovvero una soluzione di Sinistra
Ma anche a Sinistra occorre una riflessione, che non nasconda il dibattito vero dietro alla stanca analisi sul fatto di esserci o non esserci stati a Genova, o la lacerante autocritica sui ritardi riscontrati anche in questo ambito.
Il problema è insieme più profondo e più semplice. Si tratta di dare una risposta politica alle forme organizzate che promuovono una globalizzazione diversa. Non un mero assenso, non una banale assimilazione delle rivendicazioni e delle sollecitazioni che provengono dal Movimento, ma la consapevolezza di essere ancora come Sinistra una forza critica nei confronti di un sistema, che non è solo di mercato, ma sta scivolando verso forme di neoliberismo non teoriche, ma molto, molto concrete.
“È un fatto che [ …] la dimensione globale è vissuta ancora, anche da noi, prevalentemente come dialogo, confronto culturale più che come azione politica, decisione, organizzazione di un movimento capace di oltrepassare i confini di un singolo paese” scrive Massimo D'Alema[6].
A riprendere nei fatti questo nuovo punto di vista è stato il Presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, protagonista delle giornate fiorentine del Social Forum Europeo, che si è fatto promotore dei Convegni di San Rossore. Tra le tante cose interessanti che là sono emerse, è sorta la prospettiva che è stata chiamata Glocial, ovvero, una brutta parola che indica una nuova via all'interpretazione politica della globalizzazione: “problemi globali, soluzioni sociali”.
“Noi pensiamo che alla globalizzazione esistente, che non possiamo esorcizzare perché il mondo vive il suo oggi in una dimensione per lo più globale, dobbiamo proporre soluzioni che guardino alla società, che abbiano un'etica sociale, che abbiano risultati sociali. Dobbiamo socializzare i vantaggi della globalizzazione e non soltanto i suoi guasti e le difficoltà, gli inquinamenti, le povertà.”[7]
Ciò è ancora più importante quando come ora i risultati della globalizzazione si fanno sentire anche sul nostro paese. Anche in Italia, con la giustificazione di una concorrenza globale, si va verso un peggioramento dei diritti di cittadinanza, anziché verso una loro estensione. A una riduzione delle spese per la ricerca e per soluzioni più avanzate dal punto di vista tecnologico, anziché verso un loro sostegno. E questo ci deve far pensare.
 
La 'risposta' monzese alla globalizzazione
Vi è quindi una risposta locale e una più generale.
Dal punto di vista locale, per quanto riguarda la nostra città, il piano amministrativo della Giunta Faglia è stato da subito molto chiaro e preciso su questi argomenti. La gestione del bilancio partecipativo, mutuato dall'Orçamento participativo di Porto Alegre, è già iniziata, anche se ovviamente in una sua versione soltanto istituzionale, con il coinvolgimento delle rappresentanze circoscrizionali dei cittadini, ed esso trova spazio già nella proposta di bilancio per il 2003 della nostra amministrazione.
Quello dei bilanci partecipativi, solo un anno fa praticamente sconosciuto, è un movimento che si sta espandendo in modo significativo in Italia, come testimoniato dal bel convegno di ieri a Piacenza dedicato a questi temi.
Dobbiamo sapere allargare la base decisionale, demandando quanto più possibile ai cittadini l'indicazione delle priorità, delle scelte da compiere sul territorio, per riscoprire come è stato fatto altrove il senso della partecipazione e del coinvolgimento diretto dei cittadini alla cosa pubblica.
Lo stesso va fatto per quanto riguarda l'integrazione culturale e sociale, e aver riportato alla Cascina Cantalupo il centro di accoglienza per gli extracomunitari è un segnale in questo senso. Con buona pace della Lega, che due anni fa aveva messo il fil di ferro intorno alla cascina, e ora spedisce cartoline al sindaco per contestare la scelta: dai cavalli di frisia alle postcard è un significativo passo avanti della proposta leghista.
Lo stesso vale per la sensibilità ambientale, su cui la nostra nuova amministrazione si è impegnata da molti punti di vista, con il rilancio di una viabilità alternativa, il car-sharing, le piste ciclabili, il rafforzamento del trasporto pubblico: per fare un esempio attuale, prima di questa alluvione, la Giunta Faglia aveva già stabilito una riqualificazione del greto del Lambro e del Lambretto.
L'idea che ho lanciato qualche giorno fa sul Forum telematico più importante della città, in ordine alla possibilità di organizzare un Festival delle città possibili, guarda proprio al confronto con le altre realtà europee e internazionali per aggiornare se stessi e aprirsi a un confronto non superficiale ma propositivo con le altre città, cercando di utilizzare i canali di una globalizzazione virtuosa.
Ma si può fare anche un passo in avanti, trasformando il vecchio e un po' abusato strumento dei gemellaggi, in qualcosa di più producente come i gemellaggi di solidarietà o solidali, con città del sud del mondo, con le quali Monza potrebbe avere relazioni e rapporti di scambio e di confronto culturale, oltre che di sostegno economico, come suggerito dal Sindaco di Roma, Walter Veltroni, e il C-15, il coordinamento che riunisce le 15 più grandi città del pianeta.
 
Un Social Forum per Monza
Non c'è però evidentemente solo un livello amministrativo e non basta il buon esempio dei Comuni: ci vuole evidentemente anche un livello strettamente politico. Per questo abbiamo pensato di lanciare la proposta della costituzione di un Monza social forum che possa indirizzare i cittadini monzesi, essere termine di riferimento per la cittadinanza, per le forme della politica organizzata e per l'Amministrazione comunale. Una proposta che vogliamo sostenere fino in fondo per avere un coordinamento delle associazioni e dei movimenti monzesi e creare con loro appuntamenti significativi, che potranno vedere partecipe anche l'Amministrazione comunale.
Un coinvolgimento che non deve riguardare solo gli addetti ai lavori, ma che vuole essere occasione di informazione e di presa di coscienza di tutti i cittadini, se è vero che “un aspetto decisivo delle politiche neoliberistiche e della loro completa subalternità al mercato sta nella loro fortissima inclinazione a sostituire la figura del cittadino attivo con quella del consumatore attivo”[8].
 
Oltre a quanto possiamo fare noi a Monza, nel nostro piccolo e in una logica 'lillipuziana', dobbiamo sollecitare che questo avvenga anche a livello nazionale, nella proposta di Governo che il centrosinistra elaborerà per le prossime elezioni politiche. Emiliano Brancaccio, di Attac Italia, oggi, su Diario[9], ricorda ai nostri dirigenti la necessità di non far cadere le proposte maturate nella società in questi mesi, e di presentare soluzioni e proposte che rispondano alle loro richieste, a cominciare dall'introduzione della Tobin Tax. In modo tale insomma che la Sinistra italiana ed europea si faccia carico di un “nuovo patto globale”, una sorta di Bretton Woods democratica e sociale “per porre sotto controllo le forze della globalizzazione economica e per creare un ordine mondiale più giusto e umano”[10].
 
Pace globale
In questo disegno di una globalizzazione dei diritti e dell'estensione delle opportunità alle popolazioni ora gravemente penalizzate dall'assetto politico internazionale, la pace svolge un ruolo determinante.
Non sono mai stato un pacifista assoluto: credo ad esempio che l'intervento in Kosovo, pur con i suoi numerosi e gravi difetti, sia stata una pagina importante della storia dell'Unione europea.
Però, soprattutto quando si parla di interventi militari, bisogna saper distinguere.
Il libro di Gore Vidal che descrive impietosamente l'11 settembre[11] ci apre, se non nuove prospettive, almeno ad alcune considerazioni su quello che la junta Bush-Cheney sta preparando parallelamente alla guerra contro il terrorismo. Non si tratta di antiamericanismo o di idiosincrasia per gli USA. Si cerca soltanto di capire. E quello che si capisce è che i piani si stanno sovrapponendo eccessivamente, la lotta ad Al-Qaeda puzza troppo di petrolio e che, last but not least, l'intervento in Iraq rischia di alimentare quello scontro di civiltà che nessuno credo voglia sostenere. Dispiace che un uomo di governo autorevole come Tony Blair sottovaluti questi aspetti.
Per quanto ci riguarda, nella speranza che l'intervento sia evitato, parteciperemo alla fiaccolata della pace promossa da Emergency del 10 dicembre, e invitiamo i cittadini ad esporre le bandiere della pace alle finestre, per testimoniare la loro convinzione contraria a questa guerra.
La Sinistra deve ricordare e ricordarsi che il mondo che vogliamo è un mondo regolato da istituzioni internazionali meno fumose e burocratiche, da organismi di controllo e di verifica ispirati da un modus operandi più trasparente, da centri di decisione più indipendenti dalle logiche del grande capitale e delle multinazionali, che per conto loro, hanno già costituito le loro brave alleanze. Tutto questo, purtroppo per la famiglia Bush, non potrà trovare sede presso un ranch texano.
 
Un sogno più grande
Concludo con una significativa riflessione di Baricco, che con buona sintesi, illustra il punto di vista che ho cercato di esporre quest'oggi:
“Ho in mente gente convinta che la globalizzazione, così come ce la stanno vendendo, non è un sogno sbagliato: è un sogno piccolo. Arrestato. Bloccato. È un sogno in grigio, perché viene direttamente dall'immaginario di manager e banchieri. In un certo senso si tratterebbe di iniziare a sognare quel sogno al posto loro: e realizzarlo. È una questione di fantasia, di tenacia, di rabbia. È forse il compito che ci spetta”[12].

Giuseppe Civati


[1] L'espressione 'dentro' la globalizzazione è ripresa da Zygmunt Bauman, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Laterza, Roma-Bari 2001.
[2] A questo proposito, vide Luciano Gallino, Globalizzazione e disuguaglianze, Laterza, Roma-Bari 2001, pp. 106-ss.
[3] Massimo L. Salvadori, L'occasione socialista nell'era della globalizzazione, Laterza, Roma-Bari 2001, pp. 70-ss.
[4] Massimo Cacciari, Ancora sull'idea di Impero, in “Micromega”, 4/2002, pp. 185-196, p. 196.
[5] Questa analisi è svolta compiutamente da Giorgio Bocca in Piccolo Cesare, Feltrinelli, Milano 2002, ma già in Il dio denaro, Mondadori, Milano 2001.
[6] Massimo D'Alema, Oltre la paura, Mondadori, Milano 2002, p. 146.
[7] Monica Di Sisto, Alberto Zoratti, Europa in movimento, Frilli, Genova 2002, p. 30.
[8] Massimo L. Salvadori, cit., p. 105.
[9] Emiliano Brancaccio, Prodi e Cofferati ricordatevi di Tobin, in “Il Diario della Settimana”, 47/VII, 2002, pp. 25-26.
[10] David Held e Anthony McGrew, Globalismo e antiglobalismo, Il Mulino, Bologna 2001, p. 80.
[11] Gore Vidal, Le menzogne dell'Impero e altre tristi verità. Perché la junta petroliera Cheney-Bush vuole la guerra con l'Iraq, Fazi, Roma 2002.
[12] Alessandro Baricco, Next. Piccolo libro sulla globalizzazione e sul mondo che verrà, Feltrinelli, Milano 2002, p. 61.



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  30 novembre 2002