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Napoli e Genova:
la morte "diversa" di due ragazzi
di Michele Casiraghi


Napoli. Un tredicenne e il suo complice, di poco più adulto, cercano di sottrarre il ciclomotore a un giovane di 20 anni. Probabilmente non sanno che è un poliziotto. Stando alla descrizione dei fatti diffusa, lo inseguono, lo raggiungono, lo minacciano con una pistola. Il poliziotto ­ così afferma - non sa che si tratta di un¹arma giocattolo: spara. I due giovani "malviventi" (che fanno del male e vivono male, letteralmente) fuggono. Uno è ferito gravemente, muore poco dopo.
L¹altro é ricoverato in ospedale, arrestato per rapina a mano armata.
Il poliziotto, a sua volta, è incriminato per omicidio colposo.
Ora facciamo un salto indietro di poco più di un anno.

Genova, G. 8, piazza Alimonta. Un poliziotto chiuso nella sua camionetta con un collega. Esposto alla violenza dei manifestanti, esplode un colpo in faccia a uno di questi e lo uccide. Poi, nella concitazione della fuga, la camionetta travolge il suo corpo disteso a terra.
Anche in questo caso il poliziotto viene incriminato.
Ora veniamo ai dettagli, basandoci sempre su quanto abbiamo saputo dalle fonti di informazione di massa, tv e giornali.
A Napoli, il ragazzino minaccia con un¹arma giocattolo.
A Genova, il ragazzo solleva sopra la sua testa un estintore.
Se ci mettiamo nei panni del minacciato, quale ci sembrerà l¹arma più pericolosa, quella in grado di offendere mortalmente, e dunque di scatenare ­ magari per eccesso, ma comprensibilmente ­ una reazione mortale da parte dell¹aggredito?
Penso non ci siano dubbi: un estintore, ammesso che lo si voglia gettare, può causare, a distanza, qualche contusione, E, se si sta in una jeep, non saranno colpi di bastone o sassi a poter ferire più di tanto.
Una pistola, invece, che dobbiamo presumere vera fino a quando non si possa determinare la natura di giocattolo - ma per farlo bisogna pur entrarne in possesso - può uccidere.
Se questa è la situazione, perché atteggiamenti così diversi da parte dei poliziotti vengono ricondotti alla stessa generica categoria?
E ancor più: perché un presidente della Repubblica non perde l¹occasione per dichiararsi commosso nel caso di Napoli, mentre non aveva sentito altrettanta urgenza in quello di Genova?
Se c¹è stata una reazione aldilà del consentito da parte dei poliziotti, direi che è più a Genova - sulla scena specifica e delimitata spazialmente dell'uccisione di Giuliani - che è apparsa in tutta la sua evidenza.

Forse, però, Napoli è diversa da Genova. Lì vigono altre leggi, regole, convenzioni per interpretarle. Così come a livello nazionale vengono distinte Costituzione formale e Costituzione reale (secondo l¹andazzo dei tempi), lì altrettanto distinti sono codice penale formale e reale.
Secondo il senso comune - ma forse anche l'adattamento istituzionale - che fa dire che, infine, il contrabbando è accettabile, se la sua esistenza limita la diffusione del reato di spaccio di stupefacenti.
E così via, quasi che davvero la criminalità fosse catalogabile per categorie merceologiche funzionanti a comparti stagni, e non anch¹essa, ormai, una Corporation.
A Napoli, come altre volte accaduto, parenti e amici gridano vendetta per la giovane vittima, e lo si può anche capire, sul piano emotivo: perciò assediano caserme e questure.
A Genova, amici e persone solidali hanno anch¹essi protestato: senza assediare nulla, ma riempiendo strade e piazze.
Eppure: quanta comprensione e quanti distinguo generalizzati e farisaici per Napoli nelle dichiarazioni alla stampa. E quanta acrimonia e falsità, per Genova.
Continuo a sperare che l¹unica ragione, per la quale Ciampi ha detto ciò che ha detto, sia stata la coincidenza tra l¹accaduto e la sua presenza a Napoli.
Napoli, dove tutti sappiamo quale sia il degrado civile che invano si tenta di occultare dietro i restauri delle vie centrali o fantasmagoriche città della scienza, reiterati "primi passi" verso un futuro radioso che ricorda quello descritto da Kusturica nella Jugoslavia del socialismo reale.
Napoli, dove migliaia di ragazzini hanno come luogo di formazione e di crescita, e termini di paragone, la violenza famigliare delle abitazioni degradate o quella camorristica dei quartieri, con il suo corollario di mazzette, scippi, avvertimenti, sgarbi, stupri, morti.
Napoli, dove il compagno di giochi può esser - banalmente - quello che ti accompagna a morire di morte violenta, se non, a volte, il tuo stesso esecutore.
Napoli: dove centinaia di agenti hanno manifestato in modo eclatante ­ incatenandosi - contro l¹incriminazione e l¹arresto di loro colleghi, sospettati d¹aver esercitato collettivamente un abuso di potere e un eccesso di difesa contro cittadini manifestanti. Mentre nessun agente risulta essersi mai incatenato contro la palesemente illegale - e più volte reiterata - esplicita autodifesa di piccoli malavitosi da parte di ambienti probabilmente contigui alla criminalità organizzata.
Napoli, dove il sistema di regole della società civile sembra ormai stabilmente configurato come un sistema di reciproche tolleranze e opportunismi che non segnano un confine preciso tra aree della legalità, della criminalità e gradienti di trapasso dall¹una all¹altra.

Che dire, allora? Che se anche le istituzioni e la politica pensano che questo sistema di pesi diversi, grazie al quale la repressione giuridica e poliziesca picchia duro e liberamente sulle espressioni del dissenso politico ed è legittimata a farlo (Genova) mentre viene prontamente richiamata all¹ordine quando affronta in identico modo il "dissenso" malavitoso ­ col quale si scende persino "linguisticamente" e "mediaticamente" a patti, la metastasi criminosa del vivere civile è probabilmente andata oltre ogni possibile cura che non sia puramente palliativa.
Quel malvivente tredicenne, allora, non dichiariamolo vittima del poliziotto che l¹ha ucciso "esagerando" - anche se così fosse stato - ma di se stesso e della criminalità divenuta costume abituale e diffuso, nonché dell¹inadeguatezza plateale delle istituzioni a contrastarla.
Ciampi declami pure, qualcuno esterni, Bassolino sorrida commosso, la destra strumentalizzi proterva: ma, tutti assieme, che quadro incivile, inadeguato, incredibile e grottesco ci propongono!

Michele Casiraghi


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  5 gennaio 2003