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L'Europa divisa
di Vittorio Amodeo


Il presidente americano Bush è riuscito in un'impresa facile, quella di dividere l'Europa in tema di politica estera.
E' noto che l'Europa odierna pencola sempre tra due poli opposti: l'uno è l'ideale di unità europea (forse da intendere in modo più geografico che spirituale), che veda popoli tanto diversi per lingua, cultura, storia riuniti in un solo fascio che annulli le debolezze e le lotte di secoli; l'altro polo è rappresentato dalla residua volontà egemone degli stati, che non accettano di annullarsi nelle decisioni comunitarie.
Un'Europa unita può piacere relativamente poco agli americani: le sue decisioni potrebbero confliggere con gli interessi USA, e già ora sono frequenti gli scontri commerciali su carne agli ormoni, banane, Ogm dove la normativa europea restrittiva si oppone agli interessi espansivi del commercio americano (liberista, ma pronto a introdurre dazi protettivi sugli acciai se così vogliono i finanzieri USA).
Nel caso di una guerra all'Iraq, il bisogno degli americani di trovare dei partner consenzienti è forte, sia per l'uso delle basi logistiche, sia per l'opportuna ripartizione dei costi (nella precedente guerra del Golfo le spese furono sostenute per l'80% dagli alleati). Di qui le pressioni sull'Europa, mediante la solita passerella allestita da Washington per i capi di stato europei che vengono a omaggiare l'Impero. E l'uso senza vergogna della più trita retorica sui “valori che condividiamo”: “democrazia, libertà dell'individuo, stato di diritto” come se, con strano capovolgimento, questi valori consentissero di aggredire e massacrare un popolo, quello iracheno, che si presume ne sia privo.
Un breve inciso: si ripete fino alla nausea che Saddam è un dittatore, con l'aggiunta – secondo i gusti – di brutale o sanguinario. Questo tanto per metterci la coscienza a posto, nel senso che contro di lui si può fare qualsiasi cosa, tutto è giustificato. Viene tuttavia trascurato un particolare: in Iraq c'è stato di recente un referendum popolare che ha visto una maggioranza pressoché assoluta nel confermare Saddam come capo dello stato per altri sette anni. Come è stato svolto questo referendum? C'era la effettiva possibilità di votare scheda bianca o nulla? Perché l'Occidente non ha chiesto di controllare questo referendum che – se non truccato – è pur sempre una manifestazione, seppur rudimentale, di democrazia? In realtà conviene non sapere e continuare nelle trite accuse, dimenticando magari che sono altrettanto dittatori i vicini sauditi d'Arabia; ma questi, alleati con gli USA, non vanno messi in discussione.
Come pur sia, otto paesi europei hanno dato la loro adesione alla linea politica americana. Ma nel recente passato le guerre americane, in Europa e nel mondo, hanno sempre avuto l'adesione totale dell'Europa. Quindi, più che di successo americano, credo si possa parlare ora di un successo così risicato da rasentare la sconfitta. I due stati forti dell'Europa, Francia e Germania, hanno assunto una comune e forte presa di posizione contro la guerra: posizione del tutto inedita, che solleva le rampogne irate di Washington ma riscalda i nostri cuori (è permesso, credo, sentirsi ora franco-tedeschi). Altri stati come Belgio e Olanda, dove il diritto internazionale è nato ed è conosciuto certo meglio che a Washington, non hanno dato l'adesione, e così pure la Grecia, presidente di turno della Ue.
Dunque un'Europa divisa: ma credo si possa parlare di una divisione benedetta, che dimostra come si possa uscire dalla logica americana di una guerra di aggressione e di conquista, che in realtà si profila come un crimine prossimo venturo.

Vittorio Amodeo
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  1 febbraio 2003