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Processare Saddam?
di Vittorio Amodeo


Processo
Nei tempi antichi i re vinti non se la passavano bene. Agag re di Amalek venne squartato dagli ebrei vincitori al cospetto – così dice la Bibbia – dell'Eterno (evidentemente che l'Eterno potesse essere anche l'Eterno di Amalek era un pensiero che non sfiorava gli ebrei).
I romani trascinavano a Roma i re vinti in catene, e sul loro ulteriore destino forse è pietoso sorvolare. Ma in tempi a noi più prossimi questi barbari costumi si attenuarono o scomparvero.
Nel seicento, settecento e ottocento l'Europa fu dilaniata dalle guerre ma i re o principi, se non morivano in battaglia, spesso avevano salva la vita e morivano in esilio oppure tramando impossibili riscosse. Ma nessuno si sognava di fare processi, o peggio di impiccare, i re e i generali vinti: l'aver perso la guerra e il regno era già considerata la sventura più grande che poteva colpire i soccombenti. Persino Napoleone I, causa certa del maggior sovvertimento che fosse mai avvenuto nei regni d'Europa e responsabile di milioni e milioni di morti, fu sì obbligato all'esilio ma non subì l'onta di un formale processo.
Nel secolo XX ora concluso, con l'irrompere degli americani sulla scena politico-militare dell'Europa e del mondo, le cose cambiano. Il nemico vinto non è più un condottiero meno abile e meno forte, o più sfortunato, al quale va comunque riconosciuta la dignità di persona e di combattente: per gli americani è anche una persona malvagia quando non depravata, che come tale va annientata. L'impianto moralistico dei Padri fondatori diviene metro di giudizio: l'America è il bene, per cui chi combatte contro d'essa non può che essere impersonificazione del male.
Così, dopo la prima Guerra mondiale, assistiamo alla richiesta – in precedenza inedita – di processare gli alti generali tedeschi sconfitti. La cosa non ebbe sviluppo perché la Germania rifiutò di estradare gli ufficiali rivendicando a sé i processi, e in seguito non ne fece nulla.
Forti di questa esperienza “negativa”, dopo la seconda Guerra mondiale gli americani (assieme agli altri vincitori) crearono tribunali militari a Norimberga e a Tokyo, e le condanne e le impiccagioni furono copiose. Altro tribunale fu creato per i crimini nella ex-Jugoslavia.
Questa “giustizia dei vincitori”, non vincolata a regole certe accettate dai belligeranti, non può che lasciare perplessi. Tanto per fare un esempio, se gli anglo-americani fossero risultati soccombenti c'è da ritenere che lo sbriciolamento sistematico delle città tedesche (due milioni di civili morti) e il lancio delle atomiche sulla popolazione civile in Giappone sarebbero stati giudicati crimini. E invece sono come svaniti nel nulla.
Adesso, dopo la capitolazione dell'Iraq viene data la caccia a Saddam e, se ancora vivo e se verrà preso, c'è da ritenere che gli USA intendano processarlo. Ma i crimini addebitati a Saddam sembrano in prevalenza commessi contro il suo popolo: strage dei curdi, soppressione di nemici politici interni. Dunque appare più ragionevole che un processo al dittatore, se sarà necessario, venga condotto dagli iracheni, una volta che sia ricostituito lo Stato e il funzionamento dei tribunali.
Ma gli americani amano enormemente la giustizia (la loro), e ritengono di dover intervenire ovunque giudichino sia stata violata, anche se in realtà non ne hanno titolo. Saddam era un dittatore, ma questo non lo distingue dalle decine di altri dittatori con i quali gli USA sono in buoni rapporti, non ultimo Musharraf che, prima in cima alla lista dei nemici, viene accettato e sostenuto da quando ha deciso di collaborare con gli USA.
C'è poi il problema delle distruzioni e degli eccidi compiuti dagli americani nella campagna in Iraq. Poiché la guerra, comunque illegale, non è stata neppure dichiarata, questi delitti dovrebbero rientrare come crimini nel diritto comune: ma di questo problema nessuno parla.
E che dire poi della espressa volontà degli USA di uccidere i capi avversari con operazioni più o meno coperte e illegali? Sono stati proposti vari piani per eliminare Saddam, numerosi tentativi sono stati fatti per uccidere Castro, e questo viene riconosciuto tranquillamente come fosse cosa lecita e ovvia. Ma in realtà sempre di crimini si tratta, che trovano singolare corrispondenza con gli “assassinii mirati” condotti da Israele (con il sostegno USA) contro i capi palestinesi.
Sembra di essere tornati ai tempi dei Borgia, quando si riteneva tutto lecito per la conquista del potere e il diritto internazionale era di là da venire. Credo l'opinione mondiale debba reagire contro questa ostentata volontà USA di tornare a tempi barbari che si volevano dimenticati.

Vittorio Amodeo

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  30 aprile 2003