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Le richieste di Al Qaeda
di Vittorio Amodeo


L'attentato alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001 non è stato esplicitamente rivendicato da Al Qaeda, seppure il suo capo reputato Osama Bin Laden in più d'una occasione abbia magnificato ed elogiato il criminoso attentato. Ma i più ritengono che sia proprio di Osama la responsabilità del progetto e del finanziamento dell'azione.
Comunque sia è certo che, a seguito dell'attentato, in più d'uno dei proclami televisivi diffusi dalla TV araba, Osama ha esplicitamente dichiarato quali sono le motivazioni e le finalità della “guerra all'America e all'Occidente” che egli ritiene di aver promosso: si tratta di liberare il suolo dell'Arabia saudita “sacro all'Islam” dalle truppe americane “infedeli” che vi stazionano dalla prima guerra del golfo del '91; e poi di giungere a una soluzione equa per il dramma della Palestina, che sia rispettosa delle esigenze della vita e della dignità di quella infelice popolazione.
Non si finirà mai di condannare adeguatamente il crimine delle Torri gemelle, che ha prodotto tremila morti incolpevoli (anche se qualcuno non potrà fare a meno di ricordare i crimini ben più numerosi condotti dagli USA all'estero). Ma scontato questo, credo si debba riconoscere che le finalità dichiarate da Al Qaeda sono ragionevoli: inaccettabile il metodo terroristico, ma non le richieste.
In effetti la prima guerra del Golfo è stata appoggiata da diversi stati arabi tra cui l'Arabia saudita, preoccupati dall'espansionismo di Saddam che poteva mettere a repentaglio gli equilibri dell'area. Di qui la concessione di basi all'America per sferrare l'attacco. La guerra, e le successive sanzioni, furono micidiali per decimare le forze armate irachene che, da allora, persero gran parte delle loro potenzialità (come dimostrato dalla guerra brevissima che seguì nel 2003). Cessato dunque il pericolo, si poteva pensare che gli americani tornassero a casa.
Ma non sembra costume dell'America smantellare basi militari, una volta costituite. Anzi queste risultano in costante espansione, se negli anni '70 erano circa 500 nel mondo e ora più di 800, a indicazione di una precisa volontà di controllo, quando non di dominio, espressa a livello globale. Dunque le basi in Arabia rimasero offendendo, a quanto pare, la sensibilità dei wahabiti intransigenti, tra i quali Osama. Si può dare loro torto? A molti le basi straniere non fanno né caldo né freddo, anzi a qualcuno può fare piacere avere un “padrone” che controlla e fornisce sicurezza (ma da quali pericoli?). Altri, in nome della dignità e indipendenza delle nazioni, rifiutano questa sudditanza. Questo avviene non solo nei paesi più turbolenti ma anche nel nostro Occidente, se in Spagna anni orsono si è svolto un referendum contro l'appartenenza alla Nato e la presenza delle relative basi, vinto dai pro-Nato ma per pochi voti (in Italia un simile referendum sarebbe vietato dalla Costituzione).
Sembra dunque che la richiesta di ritirare le basi americane dall'Arabia saudita sia una legittima opzione. E nessuno sembra negare, almeno a parole, il diritto dei palestinesi a uno Stato e una vita dignitosa. Dunque le richieste di Osama non erano, si può dire, irragionevoli.
Naturalmente non vennero prese in alcuna considerazione e si preferì scatenare l'inferno di fuoco, più acconcio alla potenza americana, prima sull'Afganistan, dopo sull'Iraq. Ma, quietato per un momento l'impulso bellicista, vendicativo e distruttivo, cosa si sta facendo adesso? Per la Palestina si presenta la road map che dovrebbe disegnare il cammino di pacificazione dell'area. E per l'Arabia si parla di spostare le basi statunitensi nel nuovo territorio di conquista, l'Iraq.
Per ora sono voci, alle quali non si può dire quali fatti seguiranno. Se marceranno verso la realizzazione, sarà ciò che Al Qaeda chiedeva. Questa organizzazione criminale avrebbe così indicato la via più ragionevole e semplice per la pacificazione dell'area, smontando le ragioni stesse del terrorismo, senza necessità che “l'illuminato” Occidente perseguisse le guerre sanguinose e distruttive che ha scelto di condurre.

Vittorio Amodeo

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  10 maggio 2003