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Berlusconi, tv e favole
di Michele Casiraghi


Secondo i dati forniti in un programma successivo della stessa Rai (ovviamente in orario mattutino e con poca audience) lo show berlusconiano di giovedì 22 maggio a Porta a Porta ha raccolto uno share del 29% circa, a fronte di una media oscillante tra il 20 e il 22%.
Il dato, in assoluto, appare positivo per la trasmissione di Vespa: anche se sarebbe interessante sapere quali altre puntate, e con quali protagonisti, abbiano toccato punte simili.
Difatti, una media del 22% induce a supporre che anche in altri non rari casi si siano raggiunti soglie altrettanto alte. Verificarne protagonisti e contenuti ci permetterebbe, forse, di definire a quale “genere” televisivo la puntata berlusconiana si apparentasse.
Oltre a quello dello share, ci sono però altri dati che consentono di rendersi conto della concreta natura di quello show, che di talk aveva ben poco, se per talk s'intende la “conversazione” dialetticamente interlocutoria.
La durata, esclusi gli spazi pubblicitari, è stata di circa 112 minuti, le domande di Vespa 29, quelle dei due giornalisti otto equamente suddivise, quelle degli ospiti in collegamento televisivo 3.
Sin qui, dunque, i dati quantitativi, ai quali, per meglio capire la natura della trasmissione, vanno poi aggiunte alcune considerazioni relative alla “qualità” di ciò che è accaduto che molti osservatori hanno già fatto, per cui non sto a ripeterle (le docmande “spuntate”, tese più a fornire argomenti che non a “esporre” il presidente..).

L'opposizione mediaticamente ingenua
E qui, purtroppo, emerge ancora una volta l'incapacità – richiamata su Repubblica anche da Michele Salvati – degli esponenti dell'opposizione di sottrarsi ai giochetti mediatici berlusconiani, rispondendo anzi con automatismi quasi pavloviani.
Per intenderci: occorre un'ingenuità incommensurabile per proporre a Vespa, come ha fatto Rutelli nel Porta a Porta di mercoledì, le domande da “girare” a Berlusconi il giorno seguente, vista l'impossibilità di porgliele direttamente. La recriminazione sulla mancanza di contraddittorio, importante e concreta, in questo modo è stata sminuita alla sua radice.
Nell'arte del girare domande, infatti, Vespa quando vuole è maestro: nel suo movimento circolare diventano inoffensive più di quanto lo sia un mero interrogatorio sui dati anagrafici.
Nel caso, le domande girate gli son servite essenzialmente a quattro cose, disponibili in ordine di priorità variabile:

L'arma segreta…
…ma neanche tanto di Berlusconi è, infatti, la sua continuità mediatica, che non coincide né con il possesso delle televisioni né con la quantità della sua presenza, quanto piuttosto con la “qualità” dell'esserci o del sottrarsi.
Com'è noto (bastava guardare il televideo o le testate giornalistiche in anteprima serale o la mattina dopo) la puntata di Porta a Porta era pregistrata (alle 18 pomeridiane circa) e gran parte dei temi erano stati perciò “pubblicizzati” da tempo e per tempo, sfruttando così tutte le possibili sinergie esistenti, dalle agenzie di stampa, ai rilanci televisivi, alla carta stampata.
Come fa spesso, il premier non ha fatto altro, ancora una volta, che strutturare a suo piacimento il porprio spot, conformandolo, colloncandolo e dilatandolo nel modo più appropriato negli apparati mediatici a sua disposizione.
E' così riuscito a produrre, con la “complicità” professionale delle strutture e delle modalità di funzionamento stesse dei media prima ancora che degli individui che vi operano (Vespa compreso) uno spot che si è protratto per tre giorni, tra anticipazioni, prefazioni, postfazioni, riflessioni ecc.
Al confronto, lo spazio pur non esiguo dedicato “equanimamente” da Vespa agli oppositori, si riduce al nulla, o quasi tanto per quantità che per qualità mediatica dell'evento.

Non compensazioni: cortocircuiti
Possibile che, nel centro sinistra, non si comprenda ancora la necessità non di ricorrere a compensazioni improbabili, ma di cortocircuitare in qualche modo questa “programmazione”? Non si tratta tanto di invocare trasmissioni riparatorie (chisssà chi le guarderebbe?!) o commissioni di vigilanza: si tratta proprio di rompere in qualche modo il circolo “virtuoso/vizioso” del meccanismo dello spettacolo berlusconiano.
Come? Non è necessario astenersi dalla presenza, anche se l'assenza, in alcuni casi, potrebbe assumere un valore comunicativo più forte della presenza stessa. Una posizione simile, purtroppo, è estranea prima ancora che alla nostra politica alla nostra stessa cultura, che tende a riempire ogni spazio riempibile ovunque si trovi: figuriamoci quello mediatico!
Le urla del “silenzio”, quindi, non ci appartengono: dovremmo esser taoisti, il che non è, anzi.
O, almeno, dovremmo aver qualche fiducia in meno nei guru delle campagne elettorali.
Invece, (visto che in fondo la commedia dell'Arte ci appartiene) potremmo proprio “giocare” con i generi che Berlusconi imposta, stravolgendogli la “programmazione”. Certo, ci vuole inventiva e un minimo di coraggio: ma visto che sosteniamo da tempo che va elargendo a destra e a manca una “narrazione” ottimistica ingannevole, illusoria, come non renderci conto che sta cercando di affogarci in una “telenovela” che, solo all'ultima puntata, potrebbe rivelarsi altra cosa, magari ancor più banale ma probabilmente anche più drammatica?

Uscire dai ruoli prevedibili
rana gonfiata
E allora perché non fregarlo “evitando” di giocare le parti in ruolo che ci predispone, così come ha purtroppo candidamente fatto Rutelli, ma come fanno un po' tutti inseguendo le oscilazioni sismiche del suo prolungato plot elettorale, che dura da prima del suo insediamento a Palazzo Chigi e non accenna a venir meno?
Non è detto che alle telenovele si debba rispondere solo con il realismo e i musi lunghi, anzi: persino nel neo-realismo c'erano note surreali (ricordate i barboni di Miracolo a Milano ?).
Quindi, se Berlusconi svolazza per le sue telenovele quotidiane, occorre forse, ogni tanto,invece di protestare, fornirgli un manico di scopa ancora più evidente. La sua “morte” politica, probabilmente, più che dalla razionalità altrui sarà assicurata, neppure tra molto tempo, dalla sua connaturata capacità di portare ogni cosa ad implodere nel banale e nel grottesco.
Generi cui difficilmente, a differenza che nelle telenovele, i cittadini affidano i propri interessi e le proprie speranze. Più che ostacolato nella sua sovraesposizione mediatica, il Berlusconi attuale andrebbe assecondato: come tutte le personalità smodatamente narcisistiche, provvederà da solo, per quella via, a farsi del male.
E' arcinota una favola nella quale le rane si gonfiano di megalomania, fino a scoppiare…

Michele Casiraghi


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  25 maggio 2003