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Il terrorismo vince?
di Vittorio Amodeo


attentato
Dopo l'11 settembre scrivevamo: “Il terrorismo affonda le radici in situazioni di crisi e sofferenza dei popoli che non si possono ignorare, e queste possono essere: l'enorme e crescente divario di condizioni e reddito tra l'Occidente e il resto del mondo, in particolare quello islamico; la situazione palestinese che si trascina da troppi decenni; l'embargo decennale sull'Iraq; infine l'espansionismo americano che sembra non porsi alcun limite nell'estendere al globo intero le proprie aree di influenza e d'interesse”.
E l'ex-presidente americano Bill Clinton diceva: “Le radici del terrorismo affondano nelle disparità economiche, nella povertà e nell'assenza di democrazia. Gli Stati Uniti dovrebbero comprendere questi problemi e occuparsene seriamente”.
Non sembra che gli USA si siano occupati del problema, né seriamente né meno seriamente: lo hanno ignorato e hanno preferito fare le guerre, prima in Afganistan poi in Iraq. Ma il terrorismo non è debellato, come indicano i recenti sanguinosi attentati di Casablanca e di Riad. Anzi tutto l'Occidente si trova adesso in stato di allerta massimo, poiché nuovi attentati vengono paventati.
Se l'Occidente vive nel terrore, si può sospettare che il terrorismo stia vincendo nel suo obiettivo: che non può essere quello di distruggere l'Occidente, compito chiaramente impossibile, bensì l'altro di farlo vivere nell'angoscia, nel disagio e nella chiusura in se stesso, con ricadute negative sull'economia e sulla qualità della vita occidentale. Dove finiscono i piaceri degli scambi, dei viaggi, della vita protetta dell'Occidente, se si devono temere attacchi distruttivi in qualsiasi punto e in qualsiasi momento? Quello ch'è stato sinora il dramma di Israele e della Palestina, attacchi suicidi e stragi distruttive, si può sinistramente estendere in cerchi più vasti, e l'Occidente pagare per la sua disattenzione troppo a lungo coltivata.
Altro fatto che salta agli occhi è la débacle della CIA, l'intelligence americana. Con false informazioni su inesistenti armi di distruzioni di massa irachene ha dato il pretesto agli USA per scatenare la guerra, ma poi non dispone di informazioni su dove siano, né se siano vivi o morti, i nemici acerrimi Osama, Saddam e accoliti. Nonostante la forte personalizzazione che il presidente Bush ha dato alla tenzone, con rozze frasi del tipo “li prenderemo vivi o morti”, indice di una sub-cultura da western anziché da statista, i suoi costosissimi servizi segreti non sono in grado di scovarli.
Sembra che il fallimento della politica americana sia sotto gli occhi di tutti: due guerre, Afganistan e Iraq, hanno reso di fatto i due paesi dei protettorati americani. Ma i paesi sono deboli, insicuri, ben lontani da quella sbandierata democrazia che si può dubitare mai ci sarà. Le truppe di occupazione, che dovranno rimanere a tempo indeterminato, sono sotto la costante minaccia di rappresaglie e azioni di guerriglia.
E intanto il terrorismo non si riduce e tiene in angoscia l'Occidente. Si può dire che le due guerre siano servite ad accrescere la potenza strategica degli USA, ma di fatto inefficaci a raggiungere l'obiettivo prefissato, la sconfitta del terrorismo. Né ci si può sorprendere, visto che le cause d'esso, come si diceva all'inizio, non sono state neppure scalfite.
Solo ora, con la presentazione, assieme agli europei, della road map a israeliani e palestinesi, gli USA mostrano la volontà di incidere su uno dei bubboni da cui il terrorismo ha tratto alimento. Auguriamoci abbia successo, ma si può notare che l'azione poteva (e quindi doveva) essere svolta due anni fa: avrebbe evitato inutili tragedie. Esiste il peccato di omissione, e l'Occidente è vistosamente inadempiente nel compito di ridurre ineguaglianze e ingiustizie, e tentare di recare pace nel mondo.
Un'ultima annotazione: l'Italia del vituperato Caf (Craxi, Andreotti, Forlani), pur con le pecche del sistema, aveva una politica di attenzione e apertura al mondo arabo. Questa politica dava fastidio agli USA, soli detentori per antonomasia del diritto di fare politica estera. Dunque la nostra venne abbandonata, seppure avrebbe potuto favorire una migliore comprensione ed evitato parte dei drammi in seguito verificatisi.

Vittorio Amodeo

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  30 maggio 2003