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La brutta storia del Corriere
di Franco Isman


La notizia scoppia il 28 maggio, subito dopo le elezioni amministrative e la batosta del Polo: Ferruccio De Bortoli lascia il Corriere della Sera. Anche il Corriere sarà suo” titola il Manifesto.

il Manifesto
  
Il 30 la lettera di “dimissioni irrevocabili” di De Bortoli; il Manifesto “apre” con l'illustrazione e il titolo “Cavaliere della Sera”, l'editoriale dell'Unità titola “Si sono presi anche il Corriere” e Antonio Padellaro, ancora su l'Unità, scrive “adesso diranno che non è stato dimesso, bensì che si è dimesso da solo”. Ma a parte Manifesto e Unità la gran parte della stampa, e naturalmente la televisione, minimizza; Furio Colombo è addirittura costretto a difendersi per il titolo del suo editoriale. I giornalisti invece reagiscono: la Federazione nazionale della stampa dedica una delle tre giornate di sciopero (già programmate) alla vicenda del Corriere, il Comitato di redazione del Corriere decide per conto proprio una giornata di sciopero, con una netta rottura fra la redazione mIlanese e quella di Roma che vota contro temendo che lo sciopero possa essere interpretato come un gesto contro il direttore designato Stefano Folli. L'otto giugno Corrado Stajano si dimette dal Corriere e spiega la sua decisione con una lettera all'Unità.

Il 15 giugno il passaggio delle consegne: De Bortoli si congeda dai lettori con l'editoriale del 14 titolato “Un'istituzione di garanzia” e Folli prende le consegne con l'editoriale del giorno seguente “Il coraggio dell'ottimismo”.

Cosa significa tutto questo?
Si tratta di un avvertimento: il Corriere può rimanere un giornale indipendente, anzi è opportuno che così appaia, ma è in libertà vigilata: può anche dare degli strattoni, ma non deve tirare troppo la corda. E Stefano Folli? Si è scritto che era benvisto dal Colle ma che godeva anche simpatie da parte di Berlusconi; i suoi articoli di fondo, con cui faceva il punto della situazione, sono sempre stati molto equilibrati. Meglio lui che un altro, avrà pensato, ed è davvero così; d'altra parte la direzione del Corriere delle Sera rappresenta per un giornalista il punto di arrivo, un po' come la presidenza della Repubblica per i politici.

E per finire il limpido articolo di Giovanni Sartori sul Corriere del 27 giugno “Così io ho vissuto il cambio al Corriere”. Mala tempora currunt, dice Sartori, che cita gli editoriali dei due direttori, mena piattonate non da poco al Cavaliere e conclude:
“Inutile e anche impossibile far finta di niente. La battaglia sul Corriere è in corso, e con questa battaglia siamo ormai alla linea del Piave”…
…“deve esistere un confine che il Cavaliere non deve varcare, un limite che il Cavaliere non deve superare. Spero che in questi frangenti tutti i lettori del Corriere si uniscano, senza distinzione di parte e di partito, per sostenerlo e difenderlo”.

Franco Isman

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  29 giugno 2003