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Il tragico errore
di Vittorio Amodeo


L'11 settembre 2001 fu per l'America un shock tanto più grave quanto più inatteso: nonostante tutto il servizio di intelligence posto in atto, venne candidamente confessato che nessuno aveva mai pensato alla possibilità che grandi aerei commerciali venissero lanciati contro i grattacieli.
I tremila morti vennero considerati una catastrofe, e obiettivamente lo furono, specie per gli USA che traversarono tutto l'insanguinato secolo XX, scosso da guerre devastanti in tutto il mondo, con il proprio territorio intatto e limitate perdite umane; mentre nella sola Europa, e limitatamente all'ultima guerra mondiale, si sono stimati in 50 milioni i morti del conflitto, buona parte dei quali causati dalle bombe anglo-americane.
Il presidente Bush sposò subito le tesi dei neoconservatori, o neocons, che propugnavano, come reazione all'11 settembre, azioni di guerra contro gli stati sospettati di ospitare i gruppi terroristici. Non risulta vi sia stato un dibattito, un'incertezza, su quale fosse la strada giusta da intraprendere. E così partirono le guerre – non dichiarate – contro l'Afganistan prima, contro l'Iraq in seguito.
Pure motivi di dubbio vi potevano ben essere, riguardo alla strada da intraprendere. L'ex-presidente Bill Clinton affermava che “le radici del terrorismo affondano nelle disparità economiche, nella povertà e nell'assenza di democrazia. Gli Stati Uniti dovrebbero comprendere questi problemi e occuparsene seriamente”. Il modo in cui se ne occuparono fu singolare: lasciando stare le disparità economiche e la povertà – problemi troppo complessi – unica via intrapresa fu di “portare ovunque la democrazia” mediante le armi.
Un pensiero, questo dei neocons, spaventosamente riduttivo e semplificante, di cui era quasi impossibile non prevedere il completo fallimento. Da innumerevoli parti giunsero esortazioni a trovare altre vie, rinunciando a scatenare la violenza bellica che, anziché ridurre, avrebbe incrementato ed esteso le azioni terroristiche. Previsioni ora puntualmente verificatesi. Ma la spinta a scatenare la forza bellica contro gli “stati canaglia” fu irresistibile, poggiando sopra un “patriottismo” di dubbia qualità alimentato dalla campagna mediatica e dai roboanti discorsi presidenziali. E questa scelta fu il tragico errore di Bush.

C'erano altre vie? Certo: la diplomazia, i servizi segreti, le infiltrazioni, i controlli finanziari. Bisogna pensare che ogni stato, anche quello deprecato dei taliban, rifiuta di essere considerato stato terrorista; ed è potenzialmente disposto a collaborare, purché ne sia riconosciuta l'indipendenza e la dignità. Se invece viene aggredito, anche solo con arroganti intimidazioni, inevitabilmente finisce per allearsi con i terroristi e dare loro man forte. La violenza chiama altra violenza.
Il risultato che abbiamo ora dinanzi agli occhi è squallido e tetro. Migliaia tra civili e militari sono morti nelle due campagne di Afganistan e Iraq. Altri ancora muoiono in Iraq nella guerriglia che prolunga la guerra già data per conclusa. La povertà è in aumento. Il terrorismo ha fatto il salto di qualità, estendendosi ormai a tutto il Medio Oriente con inopinata ferocia (e si ha ragione di temere l'estensione all'Europa e altrove). Come reazione, le libertà individuali in Occidente vengono ridotte, i controlli divengono pervasivi. Persone sospettate di terrorismo vengono arrestate, prive di diritti di difesa, e non se ne sa più niente. Siamo piombati in un'età di vera barbarie, tradendo in maniera agghiacciante le speranze accese con il nuovo secolo: che inizia sotto i peggiori auspici.
Chi guida la politica mondiale è l'America, quindi non può che addebitarsi all'America, alla sua arroganza, al suo unilateralismo, alla sua impermeabilità alle ragioni e ai consigli degli altri, lo stato disastroso in cui adesso ci troviamo.
Per le morti provocate, per l'aumento della violenza in atto, per lo scadimento della qualità della vita che coinvolge ormai tutto il mondo, non possiamo non vedere aspetti criminali nella politica perseguita dal presidente Bush e dai suoi estremisti neoconservatori.

Vittorio Amodeo


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  25 novembre 2003