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Saddam: cattura e processo
di Franco Isman


La cattura di Saddam: psicologicamente un enorme successo anche se non è probabile serva molto ad eliminare la guerriglia di resistenza irachena alla occupazione americana (e non soltanto americana) del territorio. Per questo sarebbe indispensabile arrivare in tempi molto brevi ad un governo provvisorio, ma davvero rappresentativo, e ad un periodo di transizione gestito dalle Nazioni Unite. In realtà è quasi incredibile che questa cattura sia arrivata soltanto dopo otto mesi dalla dichiarata fine della guerra, con 200.000 uomini dispiegati sul territorio e 25 milioni di dollari di taglia.

La cattura di Saddam nulla cambia della vergogna di questa guerra unilaterale, e ricordiamo la posizione della Chiesa cattolica prima dell'aggressione americana:
«Un omicidio in grande» aveva definito l'eventuale guerra L'Osservatore Romano del 2 marzo, mentre Famiglia Cristiana riportava le osservazioni di monsignor Martino, per 16 anni osservatore della Santa Sede presso l'ONU: «non può definirsi giusta una guerra preventiva, che non ha alcun fondamento dal punto di vista etico e giuridico. E a maggior ragione non la si può considerare una guerra santa, del bene contro il male».
E l'arcivescovo Jean-Louis Tauran "ministro degli Esteri" di Papa Wojtyla affermava che la scelta era «tra la legge della forza o la forza della legge» e che «una guerra unilaterale costituirebbe un crimine verso la pace».

Saddam
 
Quando all'inizio della guerra alcuni soldati americani erano stati catturati e la televisione irachena li aveva ripresi mostrando l'evidente terrore della povera soldatessa-cuoca, si era gridato allo scandalo. Adesso si esibisce Saddam acchiappato in una tana degna dei sequestrati del Supramonte, e in condizioni analoghe, mentre viene ispezionato in bocca da un militare americano, forse per verificare che non nasconda capsule di veleno. Non che questo non andasse fatto, ma è stato veramente indegno mostrarlo al mondo. Servirà certamente a distruggere il mito di Saddam, ma altrettanto certamente scatenerà ulteriore rancore, odio, desiderio di rivincita in molta parte degli arabi. Sintomatico che gli americani abbiano sentito il bisogno di assicurare il mondo che Saddam, incarcerato in una località segreta, non sarà torturato.

Siamo stati martellati per anni dal racconto delle nefandezze del regime di Saddam e, anche se alla propaganda bisogna sempre fare la tara, non c'è da dubitarne. Non dimentichiamo comunque che sono esistiti ed esistono regimi anche peggiori e che molti di questi sono stati o sono tollerati, o addirittura appoggiati, dagli americani, come una volta lo era lo stesso Saddam. E quando portiamo ad esempio l'orrore dei Curdi sterminati con i gas, dovremmo ricordare che 65 anni fa, su esplicito ordine di Mussolini, abbiamo fatto altrettanto con gli Abissini.

Saddam sarà processato, ed è giusto che sia così. Ma da chi?
Non dagli americani, sarebbe una brutta imitazione di Norimberga e di Tokyo.
Non dal Tribunale dell'Aia, istituito dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU esclusivamente per i crimini nella ex-Iugoslavia.
Ma consegnarlo ad un tribunale iracheno costituito ad hoc dal nuovo regime, con il beneplacito degli americani, porterebbe senza dubbio alla pena di morte ed in realtà rappresenterebbe la vendetta delle fazioni per lunghi anni conculcate ed oppresse dal regime sanguinario di Saddam. Quando un dittatore viene abbattuto, spesso viene fatta giustizia sommaria, ma è cosa diversa un processo istruito a posteriori, con la pretesa che sia appunto un processo e non soltanto la formalizzazione di un linciaggio.
E' stata istituita nel 1998 la Corte Penale Internazionale (International Criminal Court), sottoscritta da 120 Stati (ma non dagli Stati Uniti e neppure dall'Iraq) e ratificata da una settantina, che non è in realtà operativa e richiede, fra le altre cose, la ratifica del suo intervento da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Forse è arrivato il momento che le Nazioni Unite si impegnino e la facciano funzionare, con l'accordo degli Stati Uniti ma anche dei Paesi arabi moderati. Dovrebbe giudicare su episodi antecedenti la sua istituzione, e questo è un grave difetto, ma un eventuale Tribunale costituito ad hoc, sia pure dalle Nazioni Unite, presenterebbe evidentemente il medesimo problema.

Franco Isman
franco.isman@arengario.net


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  17 dicembre 2003