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Ricordo di Bobbio
di Vittorio Amodeo


Norberto Bobbio
 
Non sono mai stato allievo di Norberto Bobbio, pure mi dichiaro suo allievo. La contraddizione si può spiegare attraverso la considerazione che fa uno dei tanti commentatori in questi giorni di lutto per il decesso del Maestro; questi dice che “chiunque abbia letto un solo libro di Bobbio diviene suo allievo”.
Io ebbi la ventura, che personalmente considero una fortuna, di avere letto tutti, o quasi tutti, i libri di Bobbio (credo facciano eccezione gli Studi Hegeliani che temo siano ancora intonsi sullo scaffale), ma ancor più quella di alcuni incontri personali e di una lunga corrispondenza epistolare che si è protratta per un paio di decenni.
Tutto iniziò con “Quale Socialismo?”, il fortunato libretto di Bobbio uscito nel 1976 (dove, oltre al punto interrogativo del titolo, ogni titolo di capitolo è anch'esso seguito da un punto interrogativo, a indicazione di come il metodo di Bobbio sia quello del dubbio e dell'interrogare). Io gli scrissi una lettera di commento, anche un po' critica qua e là, e approfittai per allegare un opuscolo sulla “Democrazia in azienda” che avevo compilato in quell'anno. Pensavo che si sarebbe magari adombrato per le critiche e avrebbe sorvolato sull'opuscolo, fuori dei suoi interessi specifici; o semplicemente non avrebbe risposto. Al contrario mi rispose molto gentilmente che aveva letto con interesse le critiche, e con ancora maggiore interesse l'opuscolo. A dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, di come gli interessi di Bobbio travalicassero il dominio specifico delle sue indagini per estendersi a tutto ciò che percepiva vivo e vitale nella società, anche se proposto da un illustre sconosciuto.
Colsi l'occasione per farmi invitare a casa sua. Ricordo l'austero palazzo umbertino di via Sacchi, l'ascensore vecchio stile, infine l'ampio studio, luminoso per le due finestre che danno sull'angolo dell'edificio. M'invitò a sedermi, ma francamente trovai alcune difficoltà: poltrone e divani erano letteralmente invasi da libri, libri dappertutto che traboccavano dagli scaffali a muro fino a prolungarsi nell'atrio di ingresso e riversarsi nuovamente nello studio sui divani. Scostai alcuni libri per potermi sedere.
Dopo d'allora sono stati molti gli eventi di rilievo sul quale ci soffermammo in un interessante epistolario. Attraverso il CCR di Monza (Centro culturale Ricerca) lo invitammo nel 1982 a tenere una conferenza a Monza nel ciclo “Per una cultura di pace”. La serata fu un successo. Stracolma la sala da 300 posti, con la gente in coda fuori. Bobbio ne fu stupitissimo: a Torino, mi disse, a volte facciamo una riunione e ci ritroviamo in 15!
Ora il Maestro non c'è più. Ma so che grazie a lui ho salito un gradino importante nella evoluzione della personalità e della cultura, e come me certo innumerevoli altre persone. A lui non possono non andare i sentimenti del nostro affetto e della nostra riconoscenza duratura.

Vittorio Amodeo


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  15 gennaio 2004