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Il popolo del “Nemagón”
En Pié De Lucha
di Matteo Vergani


Chinandega (Nicaragua), 22 agosto 2004.

morte chimica
Sono arrivati fin dalle sei del mattino. A piccoli gruppi, davanti alla Camaronera, sulla carrettera León-Chinandega. La maggior parte sono donne, che si dispongono in testa al corteo: ex lavoratrici delle bananiere, "mujeres afectadas por el Nemagón". Questa manifestazione è soprattutto per loro, per rivendicare il diritto delle donne a ricevere un giusto indennizzo dalle multinazionali della frutta, che le hanno avvelenate per anni. In coda appaiono i visi dei loro mariti, anch´essi bananeros, anch´essi afectados por el Nemagón.

Fin dagli anni '70 infatti la Standard Fruit ha utilizzato un pesticida, dal nome commerciale Nemagón-Fumazone, letale per l'uomo.
Gli ex bananeros chiedono da oltre dieci anni (da quando hanno scoperto che le malattie che stavano sterminando intere comunità che vivevano intorno alle bananiere erano dovute al Nemagón) che le multinazionali, che sapevano per certo quali ne fossero gli effetti, forniscano un indennizzo che possa permettere loro almeno di pagare le costosissime cure di cui hanno bisogno.

"Dicono che non ci vogliono pagare perché noi non siamo state colpite dal Nemagón! Però qui siamo tutte ammalate: stiamo morendo perché non abbiamo i soldi per pagarci le cure mediche, e non possiamo lavorare perche´ormai siamo disabili".
"Siamo in pochi stamattina - dice un´altra - perché la maggior parte di noi non riesce nemmeno più a muoversi. Io non so ci sarò alla prossima marcia, guarda come cammino male".
"Abbiamo bisogno di medicine, di cure, e molte di noi devono operarsi. Gli unici che ci aiutano sono alcuni organismi internazionali (come Italia-Nicaragua,n.d.A.), ma i soldi che ci inviano non sono abbastanza per tutte".
Il cancro è uno degli effetti del Nemagón più gravi e diffusi nelle donne.

Alle dieci, sotto un sole martellante, partiamo lentamente verso il centro di Chinandega.
Una sfilata lenta, spezzata dalle urla di rabbia del popolo del Nemagón.

"Ci hanno rubato la vita per un dollaro al giorno. Ho lavorato trent´anni nelle bananiere. Loro si sono riempiti le tasche di soldi, e noi avevamo denaro appena il sufficiente per mangiare. E ci hanno avvelenati. Sapevano di avvelenarci. E ora noi, i nostri mariti, i nostri figli, stiamo tutti morendo per questo veleno, e non abbiamo i soldi per curarci. Vogliamo un giusto indennizzo. Vogliamo almeno morire con dignità".

Arriviamo nella piazza centrale di Chinandega sotto il sole di mezzogiorno.
Ad attenderci ci sono diverse centinaia di afectados por el Nemagón, che non sono riusciti a camminare con noi. Ogni tanto si sentono delle urla, e la folla si apre per lasciar passare una barella: il sole, la stanchezza e la malnutrizione segnano i volti uomini e donne.
I rappresentanti di Italia-Nicaragua consegnano, in pubblico, le migliaia di firme in sostegno alla lotta dei bananeros che sono state raccolte durante gli ultimi mesi in tutta Italia. Davanti ai manifestanti, e davanti ai rappresentanti del governo nicaraguense che erano presenti, Italia-Nicaragua ha sottolineato, ringraziando tutti i centri sociali (come il BOCCACCIO, il BULK..), e le associazioni (come il GAS LE PERLE AI PORCI) che si sono spesi per lotta, quanto il movimento italiano fosse vicino alle rivendicazioni dei bananeros.
E quanto forte fosse l´appoggio internazionale alla lotta contro le multinazionali che hanno avvelenato e colpito l´intero continente latinoamericano. Contro, in questo caso, DOLE, CHIQUITA e DEL MONTE (ex Standard Fruit), commercializzatrici del Nemagón e contro SHELL e DOW CHIMICAL, fabbricatrici del veleno.

Seguono gli interventi di Victorino Espinales, presidente della Asotraexdan (la più rappresentativa associazione di ex bananeros), di Juan José Dominguez, l´avvocato che sta portando avanti la causa contro le multinazionali USA, e di alcuni esponenti del governo, che si spendono in promesse, vane speranze e professioni di fede.

Il messaggio dei bananeros, comunque, è arrivato forte e chiaro alle orecchie del governo:
- siamo tanti, e forti dell´appoggio della società civile nicaraguense e delle mobilitazioni internazionali.
- vogliamo che anche le donne ricevano un giusto indennizzo.
- vogliamo che le multinazionali paghino, e subito: già in troppi sono morti, e non ci può essere giustizia se non si agisce in fretta.
- se il governo nicaraguense non si spenderà per questa causa, e concretamente, torneremo a Managua.

E il governo liberale sa bene cosa significherebbe avere un´altra marcia dei bananeros nella capitale: vorrebbe dire avere l´opinione pubblica dell´intero paese contro.
E, in campagna elettorale, fa male avere l´opinione pubblica contro.

Per questo, dicono alcuni, comincia ad apparire una piccola luce in fondo al tunnel di questi ultimi dieci anni di lotte.

Matteo Vergani


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  22 agosto 2004