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Con Prodi, si riparte
di Giorgio Casera


Prodi al Palalido
foto Roberto Rubini - l'Arengario

Manifestazioni come quella di sabato 11 dicembre al Palalido di Milano fanno bene allo spirito e fanno sperare che si possa uscire, prima o poi, da questa assurda situazione di dittatura mediatica, di incredibile megalomania e di diffuso servilismo che subiamo da più di tre anni.
Sabato, con la prima uscita ufficiale di Prodi dopo la conclusione del suo incarico europeo, sono emerse in tutta chiarezza le tre condizioni:
  • Prodi è il leader della coalizione che sfiderà il centrodestra alle prossime regionali e politiche, come espressione dei partiti dell'alleanza democratica e dei movimenti e associazioni che non si identificano nei partiti ma si riconoscono nell'area dell'Ulivo;
  • I 9 partiti dell'alleanza (dall'Udeur a Rifondazione) concordano nella costituzione di un'aggregazione politica che non è una federazione (almeno non tra tutti i partiti) ma neanche un semplice accordo di desistenza. La coalizione trova il denominatore comune nel leader riconosciuto, come detto, e in un programma di governo (futuro) condiviso. Futuro ma non tanto, perché nel discorso di Prodi, che vedremo più avanti, si individuano già le principali linee programmatiche;
  • Il “popolo” dell'Ulivo, i militanti dei partiti pretendono dai vertici dei partiti della coalizione quella coesione che non si manifesta in tutte le circostanze e non transigono sulla leadership di Prodi.
Quest'ultima condizione è quella che si è manifestata più rumorosamente, ogni volta che Prodi ha pronunciato la parola unità, ma anche quando lo speaker della manifestazione ha elencato i nomi dei segretari di partito presenti (tutti): applausi scroscianti per tutti da Mastella a Bertinotti.
Peraltro non è la prima volta che l'unità è richiesta con forza dai cittadini (vedi Palavobis): speriamo che i politici abbiano orecchie da intendere. E' una condizione necessaria per vincere.

Ma veniamo alla cronaca della manifestazione.
Che dovrebbe cominciare alle 15, ma almeno da un'ora prima il Palalido è già al gran completo. I ritardatari, si fa per dire, cercano sistemazioni di fortuna (in piedi) o si rassegnano a rimanere all'esterno ed a seguire gli interventi su un maxischermo. Il colpo d'occhio è esaltante: grande sventolio di bandiere multicolori, striscioni dappertutto, dei partiti e dei movimenti, “brusio” moltiplicato per i 5000 e più presenti. Il frastuono si attenua e poi si spegne quando Patrizio Roversi, speaker della manifestazione, dà il via agli interventi. Parleranno prima di Prodi alcuni protagonisti dell'Italia di oggi, ed elencheranno le “anomalie” che incidono sul loro lavoro o sulla funzione che svolgono.
In breve, due ricercatori riferiscono che sono costretti ad impegnare più tempo a cercare finanziamenti che a fare ricerca, per non parlare della loro retribuzione; il sindaco di Ravello, in rappresentanza dei piccoli comuni italiani, racconta delle difficoltà a fornire servizi essenziali alle comunità in seguito alla riduzione delle rimesse da parte del governo; un'operaia, già dipendente di una società multinazionale, parla delle difficoltà in cui si trova un lavoratore in mobilità; una giovane già co.co.co. ed in seguito lavoratrice a progetto, secondo la cosiddetta legge Biagi, licenziata da un giorno all'altro (ma che per le statistiche ISTAT risulta occupata: pare che basti un mese di lavoro all'anno perché un precario risulti comunque occupato!); infine il presidente del parco naturale del Cilento ha portato l'esempio del suo parco come perno di sviluppo economico della zona, per il turismo e la produzione di prodotti tipici ed ha citato i tentativi, per fortuna finora infruttuosi, del governo di sostituirlo con propri sostenitori (clamoroso il primo tentativo: il candidato era un ex deputato di Forza Italia già condannato per speculazione edilizia!).

 
Uniti vinceremo


Una folla in delirio al Palalido
per Prodi e gli alleati dell'Ulivo.

Un delirio di folla fragorosa
che sventola bandiere di speranza
e plaude ai beniamini senza posa,

che grida in coro “Uniti vinceremo”
e canta “Bella ciao” appassionata.
Una stagione nuova é incominciata

A.

 
Infine, arriva l'ora di Prodi.
Comincia prendendo spunto dagli interventi precedenti per commentare che esistono anche situazione più drammatiche. Fa un esame impietoso dell'attività del governo Berlusconi (senza mai citarlo) di questi tre anni, dalla distruzione del ciclo economico virtuoso in essere fino al 2001 alla perdita di credibilità presso i partners europei. Ma soprattutto “questo governo ha creato insicurezza sociale e tolto la speranza nei giovani per il futuro”. Nell'”ordinaria amministrazione” del Paese sono stati creati dei consistenti guasti alla convivenza civile, dalle leggi ad personam a quella sulle TV, all'organizzazione della giustizia e alla flessibilità (o meglio precarietà) del lavoro, e un NO deciso viene pronunciato verso i prossimi annunciati tentativi di “stravolgere la Costituzione”, di “riformare la giustizia in senso contrario alla legge”, di “cambiare le regole elettorali e la par condicio che garantisce un minimo di parità nella comunicazione politica”. Un altro forte NO verso lo smantellamento dello stato sociale, un diritto dei cittadini.
Un merito Prodi riconosce al governo in carica, di aver avvicinato imprenditori e lavoratori.
Ricordato che nel '96 la situazione economica del Paese era ancora più difficile (debito pubblico e rapporto disavanzo/pil a livelli altissimi tanto da rendere remota una partecipazione italiana alla partnership monetaria europea) Prodi afferma che “abbiamo le credenziali per farcela (far crescere il Paese), perché ce l'abbiamo già fatta una volta”. Per questo “verità e coerenza” debbono caratterizzare l'azione della coalizione, a partire dalla scrittura di “un programma da decidere insieme”.
Ha focalizzato poi le cose da fare sui giovani, gli immigrati e il Mezzogiorno: sono le risorse su cui puntare per il futuro. Quindi investire sulla scuola, gli insegnanti, le famiglie e le imprese. Gli immigrati compenseranno l'invecchiamento della popolazione, il Mezzogiorno ha ancora un potenziale di sviluppo che non è stato sfruttato: è dal Mediterraneo che passeranno i traffici dei nuovi commerci tra l'Asia e l'Europa. Ancora, l'economia si rilancia con l'innovazione, e dunque gli investimenti, quelli che sono mancati in questi anni; le tasse “sono uno strumento per finanziare l'azione dello Stato e dare ai cittadini la protezione e i servizi di cui hanno bisogno”, quindi “chi più ha più contribuisce”. Se quindi c'era manovra fiscale da effettuare doveva risultare in “meno contributi sul lavoro per le imprese e meno tasse per i redditi medio bassi”.
Sullo sfondo due fari, due riferimenti costanti, validi per ogni tempo: l'Europa, una democrazia che “non si esporta con la forza delle armi” e poi “la morale della politica” in opposizione alla “politica senza valori”.
Bastano queste ultime due righe per capire l'Italia che Prodi vuole. Finisce in trionfo.

Giorgio Casera


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  13 dicembre 2004