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Da fonte americana...
di Michele Casiraghi


In vicende come il caso Sgrena le dichiarazioni rilasciate a caldo contengono più verità di quelle ponderate che seguiranno, poichè queste terranno conto di pesi e misure diplomatici tali da condizionare l'emergere della verità.
Ce l'hanno insegnato tante vicende del passato (Ustica, Cermis, Alpi...),  saremmo ingenui se non l'avessimo imparato.
Anche perchè, proprio poco dopo lo svolgersi dei fatti,  un articolo del Washington Post riportava elementi significativi per formulare ipotesi credibili sull'accaduto.

La dinamica del fatto
Infatti sul  Washington Post online  (Friday, March 4, 2005; 5:44 PM), poco dopo l'uccisione di Calipari e il ferimento di Giuliana Sgrena, compariva un articolo  titolato  "U.S. Fires on Freed Italian Reporter in Iraq",  di Daniel Williams e William Branigin.
Un portavoce ufficiale Usa vi descrive in dettaglio  quel che è successo: la Sgrena era ferita, c'erano un morto, un altro ferito grave e un ferito lieve che ha preferito non farsi trattenere nell'ospedale militare americano.
Secondo la stessa fonte, i militari Usa avrebbero visto avvicinarsi il veicolo con gli italiani a bordo ad alta velocità e  cercato, nell'ordine preciso, di fermarlo prima con segnali delle braccia ( anche se a Baghdad erano le 9 di sera!), poi luminosi e, infine, sparandogli davanti, prima di mirare frontalmente al motore.
Aldilà delle ipotesi formulabili sulle ragioni dell'accaduto, appare del tutto incredibile che - se quella è stata la procedura - il veicolo non si sia fermato.
"Se" quella è stata la procedura, appunto, ma così non è stato.

L'aspetto inquietante
Scriveva testualmente  WPost mentre ancora sulle Tv italiane si susseguivano descrizioni contraddittorie:
"A State Department official said a U.S. hostage coordinator had been working closely with the Italians but that initial reports indicated Sgrena's release was not communicated to either the U.S. Embassy or the military in Baghdad.
It was not immediately clear whether Sgrena was rescued or a ransom was paid, the official said
. "
Ci sarebbe stato sì, quindi, per ammissione di fonti ufficiali Usa, stretto coordinamento tra personale responsabile Usa della questione degli ostaggi  e italiani, ma  il rilascio della Sgrena non era noto nè all'ambasciata Usa nè ad altri responsabili militari in Iraq. Al punto che non si sapeva se la Sgrena fosse stata liberata liberata con un'azione o pacificamente riscattata.
Oggi  la conoscenza o meno della operazione in corso da parte degli Usa è al centro di  polemiche.
Per primo Pier Scolari ha ipotizzato persino un deliberato assassinio: i militari  sapevano quanto stava avvenendo e hanno sparato volutamente.
Quale sarebbe, però,  il possibile movente di un simile comportamento? La soppressione di un testimone scomodo? Un diktat intimidatorio verso operazioni di intelligence troppo "indipendenti"?
Se non si spiega la ragione per la quale i miiltari Usa potrebbbero  aver agito in quel modo, proprio perchè monca del movente  questa affermazione di Scolari può finire - per l'eccesso un pò illogico di passione e ingenuità che la caratterizza - per offrire alibi ai responsabili della vicenda.
C'è da scommetterci: con la solita accusa di antiamericanismo preconcetto, ne faranno uso media e partiti di governo per svilire ogni ipotesi che non risulti loro favorevole.

Perchè si pagano i riscatti ma non si può ammetterlo
La ragione della mancata comunicazione che la fonte citata dal WPost  evidenzia, con ogni probabilità non consiste in un"difetto", ma in una consapevole e non dichiarabile diversa strategia nei confronti dei rapimenti e degli ostaggi, interna alla coalizione e nella volontà concorde di mascherare la reale natura della situazione sul terreno.
Usa e Italia - per una serie di motivi - sugli ostaggi non la pensano e, soprattutto, non si comportano nello stesso modo.
Ciò che in Italia il senso comune accetta  non è altrettanto accettato negli Stati Uniti mentre le prospettive di pacificazione dell'Iraq non solo sono lontane, sono irreali senza l'uso prolungato della forza (negli Usa ci sono think tank che ormai pianificano, un pò surrealmente,  l'occupazione anche per un decennio...).
Ammettere questi due aspetti consentirebbe di spiegare - più logicamente di ogni altra ipotesi - perchè quell'auto non si è fermata al checkpoint, come razionalmente sarebbe accaduto in ogni caso: ma non è possibile ammettere ufficialmente che gli spari -  in una situazione ben più allarmante di quella che ci si vuol rappresentare mediaticamente  - sono arrivati direttamente, senza alcun preavviso utile a evitare l'accaduto e da parte di forze che non erano a conoscenza della vicenda in corso, come riporta esattamente a caldo WPost.
Il prezzo politico sarebbe troppo alto per tutti.

Niente mediazioni, solo guerra
Quegli spari sono arrivati a bruciapelo poichè gli Usa  non approvano certe pratiche di mediazione con la guerriglia  irachena sapendo di esser di fronte a uno scontro di possibile lunga durata, e pagano il prezzo alto di questa scelta: la certa soppressione di tutti gli ostaggi di nazionalità americana.
Questo fatto non consente loro di accettare comportamenti diversi ed - evidentemente - sconsiglia variazioni sul tema  ai loro stessi alleati schierati in campo, obbligandoli a un silenzio preventivo prudente  su vicende analoghe.
Silenzio che però è gravido di possibili conseguenze, come si è visto.
Tornano alla mente - a questo proposito - anche le dichiarazioni rilasciate in occasione del rapimento di due giornalisti francesi e delle due Simone, tanto da responsabili dei servizi transalpini che da ulema o esponenti politici locali direttamente coinvolti nelle trattative: più volte le operazioni avevano subito intoppi, ritardi, rischi di fallimento a causa di pressioni Usa, esercitate direttamente o indirettamente (operazioni parallele di agency, militari e bombardamenti nelle zone interessate...).

Non avremo risposte
Come l'esperienza insegna ampiamente (Ustica, Cermis...), non avremo risposte esaurienti nè dal nostro governo e dai nostri apparati, nè da quelli Usa anche perchè il cadavere, Calipari,  non è eccellente se non per la sua umanità e professionalità e il silenzio tornerà presto.
Le uniche sanzioni potranno arrivare  da un voto che castighi coloro che si sono associati a una guerra menzognera condotta da grandi mentitori  che ora, come in ogni processo menzognero, devono cumulare una bugia all'altra pur di sottrarsi al giudizio dei loro cittadini e reciprocamente puntellarsi.
Berlusconi ora tenderà inevitabilmente a giocare - per qualche settimana (la durata mediatica dell'evento) - il ruolo del piccolo discepolo del maestro ben più determinato di Sigonella (Craxi) ed è precisamente la parte  che non gli si dovrebbe consentire di recitare in spirito bipartizan, chiamandolo invece a rispondere della reale situazione dell'Irak e dei reali rapporti di coalizione in gioco su quel campo di guerra coloniale mistificata.
Altrimenti sulla vicenda si stenderà - senza dirlo - il velo pietoso e sovente sporco del segreto di stato.

Michele Casiraghi


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  agg. 6 marzo 2005