prima pagina pagina precedente




Riscatto
di Franco Isman


Gioia, cordoglio, rabbia, incertezze.
Ma è giusto ed è opportuno che un governo paghi il riscatto per i propri cittadini sequestrati?
Io dico di no, e la mia non vuole essere una critica a questo governo, perché sono convinto che un governo di centrosinistra si sarebbe comportato nello stesso modo, anche, ma non soltanto, per opportunità politica.

check point

E' evidente ed è comprensibile che i familiari di un rapito considerino la salvezza del loro caro come il bene supremo da salvaguardare, ma lo Stato, e per esso il governo, deve certamente fare tutto quanto in suo potere per questa salvezza, ma deve considerare come bene primario la salvezza di tutti, il bene comune. Ed il fatto che un sequestro “paghi” è un fortissimo stimolo a ripetere e ad emulare l'impresa. Esiste un solo sistema per stroncare la piaga dei sequestri, il più infame dei delitti, ed è il renderlo inutile. In Italia c'è stato in passato un crescendo spaventoso dei sequestri, e ciò proprio perché questi erano estremamente fruttuosi. Poi c'è stata una forte reazione, anche con la promulgazione della legge che prevede il blocco dei beni dei familiari dei rapiti, e la situazione è nettamente migliorata.
Lo Stato non dovrebbe mai trattare con i criminali, costi quello che costi a scadenza immediata. In realtà forse soltanto lo stato di Israele non ha (quasi) mai trattato.

Il rapimento di un cittadino italiano all'estero, in Iraq in particolare, è un caso diverso, il governo italiano in questo caso è “terzo”, non è l'autorità che governa quel Paese, governo Allawi o americani come si vuole considerare. Ma anche in questo caso il criterio che dovrebbe guidare il comportamento del governo non dovrebbe essere né quello dell'utilità particolare ed immediata (la salvezza dell'ostaggio) né tantomeno quello dell'opportunità politica.
In realtà il governo italiano ha sempre categoricamente escluso qualsiasi cedimento “politico” alle richieste dei rapitori, come il ritiro delle truppe, e, per quanto si possa contestare la complicità del governo italiano nella occupazione militare americana, questo atteggiamento è l'unico possibile: ci mancherebbe che la politica di uno Stato sovrano sia alla mercé di una banda di rapitori.
Invece il governo ha sempre seguito la strada della “trattativa” e cioè, oltre alla ricerca del contatto, il raggiungimento di un accordo sul “quantum” da pagare. Ciò è avvenuto per il caso dei tre “body guards” presi probabilmente da una banda terroristica fortemente politicizzata, che aveva immediatamente ucciso Fabrizio Quattrocchi, poi per le “due Simone” ed ora per Giuliana Sgrena.
Antonio Padellaro su l'Unità di ieri scriveva: “È stato pagato un riscatto? Probabilmente sì. Probabilmente era l'unica cosa da fare. Certamente non è il caso di parlare né di fermezza né di cedimento. È stato fatto quello che era più giusto fare. Punto e basta.”
Americani ed inglesi invece non trattano e non pagano riscatti. Questo ha certamente reso gli italiani molto più “appetibili” come ostaggi per bande di criminali con fini di lucro e non semplicemente terroristici. Se non si fosse pagato la prima volta (si è parlato di 9 milioni di dollari per Agliana, Cupertino e Stefio, di 4 milioni per Simona Paris e Simona Torretta e di 6-8 milioni per Giuliana Sgrena) non ci sarebbero stati i rapimenti successivi? Non si possono naturalmente fare affermazioni categoriche, ma ciò è possibile o addirittura probabile. Non per niente tutti i giornalisti italiani sono stati invitati a lasciare l'Iraq.

Gli americani sono dichiaratamente contrari alle trattative condotte dagli italiani che considerano un grave cedimento “che porta ad innescare spirali di violenza”. Come del resto non amano, ed è dir poco, i giornalisti che cercano davvero di fare il loro mestiere. Molto improbabile quindi una collaborazione con i nostri servizi segreti che, tra l'altro, temevano che nel caso fosse stato individuato il covo dei rapitori avrebbe potuto esserci un pericoloso tentativo di soluzione di forza, come ipotizzato nel caso delle “due Simone”.
Dalla generica contrarietà al deliberato agguato ce ne passa, eppure la Procura di Roma ha aperto un'inchiesta per omicidio volontario aggravato e tre tentati omicidi. Ed i lati misteriosi sono tanti, innanzi tutto il fatto che non di un posto di blocco (Check point), come detto all'inizio, si trattava ma di un mezzo blindato appostato lateralmente alla strada che ha sparato senza preavviso. E poi le reticenze italiane: venerdì si parlava di due o tre autovetture (come dovrebbe essere la prassi) e di due agenti del Sismi feriti di cui uno, Andrea Carpani, nome in codice Corsaro, ex ufficiale del Ros dei carabinieri, centrato al polmone. Adesso si dice ufficialmente, e sembra confermarlo anche Giuliana Sgrena, che la macchina era una sola (!) e che sulla macchina erano soltanto in tre: Giuliana Sgrena, Nicola Calipari ed un ufficiale dei carabinieri al posto di guida, rimasto lievemente ferito ad una gamba. Contraddizioni inammissibili.

Franco Isman


in su pagina precedente

  6 marzo 2005