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La Politica e i buchi neri dell'Europa
di Michele Casiraghi


Europa in crisi: capiamo bene che può significare?
Sull'Europa hanno scritto in tanti - famosi e meno - su testate di prestigio, a diffusione locale o online e si possono trovare per esempio sugli archivi de l'Arengario.
Quanto alle dichiarazioni di politici o esperti legati alla politica a filo diretto, non si contano, anche se brillano più per tatticismo, soggettivismo elitario e ideologico che per acume.
Oggi, dopo i no espressi nei referendum francese e olandese, inglesi e danesi si defilano, la presidenza di turno congela il processo di ratificazione dei trattati e dichiara l'esistenza di una crisi profonda. Chirac e Blair entrano in rotta di collisione su diversi temi, l'Olanda si è stufata di esser la più grossa contribuente (proporzionalmente) al bilancio europeo.
I danesi rimandano il referendum di propria sponte, i paesi pronti ad entrare - avendo sottoscritto trattati non carta straccia, stan lì sull'uscio: non si sa più quando entreranno, se entreranno visto che l'approvazione del bilancio - e cioè lo strumento principe che fondava l'allargamento destinandovi risorse - è rimandato a data da destinarsi.
Quello che tanti e tanti interventi adombravano - sottolineando questo o quel problema - si è verificato, quindi, in maniera ancora più eclatante del previsto.
Il processo di allargamento e consolidamento dell'Ue è davvero in grande pericolo, come dichiarato ufficialmente da Junker.

Un "fenomeno epocale" visto da casa nostra
Tuttavia, di fronte a questo fatto che può aver significato epocale e esser l'indizio di un ridimensionamento progressivo, in Italia assistiamo ad una sorta di gioco delle tre tavolette tra Prodi, Berlusconi, Tremonti & Co (di chi è la colpa di cosa), con sullo sfondo il coro sguaiato della Lega - fuori la lira dall'euro! - che non va però sottovalutato, visti i dati a favore dei sondaggi d'opinione registrati dall'istituto di Manheimer.
Che parte degli italiani abbiano pagato duramente l'ingresso nell'euro è ormai innegabile, e infatti - tra mille distinguo residui - lo ammettono un pò tutti, chi sostenendo che i vantaggi son stati superiori agli svantaggi e chi il contrario.
Certo, ad esempio, i tassi d'interesse e l'inflazione sono estremamente contenuti o, addirittura, ridimensionati: ma non tutti i cittadini ne hanno usufruito nel medesimo modo. Così come il debito pubblico è un pochino disceso (ma più per merito del fatto che è garantito su scala europea che per qualche meritoria iniziativa casalinga...).

Uno spostamento massicciamente di ricchezze e potere massiccio
Tutti gli economisti - e sottolineo il tutti - ci dicono ormai che si è verificato in Italia uno spostamento di potere economico e finanziario dal lavoro alla rendita che ha avuto pochi precedenti nel paese.
I più "coraggiosi" scomodano - come riferimenti - i periodi delle svalutazioni facili e della spesa pubblica esplosiva: io sarei anche meno ottimista e penserei al primo dopoguerra, al passaggio dalle lire "americane" (amlire) a quelle italiane, ai redditi da mercato nero e da profitti bellici mai emersi - ma acquisiti e poi legittimati - grazie alla timidezza dei governi nel sostenere la proposta Scoccimarro di cambio in toto della valuta corrente, l'unica che avrebbe potuto evidenziarli e tassarli.
Ancora una volta - da noi - ora abbiamo fatto il rovescio: lo scudo fiscale. Ancora una volta abbiamo dato man forte a un sommerso (o all'emerso inattaccabile) che unisce assieme disperazione e precarietà progressiva del lavoro dipendente e dirompente crescita delle rendite speculative.
A che serve, mi chiedo - ma soprattutto chiederei alla Politica - aver tassi di interesse sui mutui bassi se il costo delle case triplica?
E aver bassa inflazione - ammesso sia davvero tale, il che non è statisticamente credibile - se il costo di tutti i prodotti o quasi aumenta vertiginosamente?
I soggetti sociali in grado di concretizzare strategie di accaparramento del reddito - imprenditori convertiti alla pura speculazione finanziaria compresa - si sono esercitati nel farlo, appropriandosi di una quota parte delle risorse nazionali assolutamente spropositata.
Tutti gli altri hanno subito.

Restituire il "maltolto"
Questo processo è avvenuto sotto gli occhi di tutti, che lo si guardasse da destra, centro o sinistra e mai tanta evidenza è stata sottovalutata e piegata - sino al punto di ignorarla - alle esigenze contingenti del conflitto politico interno.
Quel che la gente comune ha visto agli sportelli bancari, nelle bollette energetiche e telefoniche, nei supermercati o alle pompe di benzina, la Politica non lo vedeva, se non attraverso il filtro - deformante perchè inutile - dell'avventurismo berlusconiano, della retorica europeista prodiana, della cagnara leghista o della prosopopea bertinottiana.
Ancora adesso, di come redistribuire e restituire quel reddito diseguale, nessuno parla avanzando proposte concrete: gli interventi sulla competitività aziendale sollecitati con spirito bipartizan, infatti, rischiano semplicemente di ristornare risorse pubbliche in direzione di quegli speculatori finanziari o redditieri che, grazie all'intreccio delle posizioni, sono al contempo proprietari di banche e imprese, replicando così il vecchio meccanismo - mai sconfitto - della statalizzazione delle perdite e della privatizzazione dei profitti.
Chi ridarrà oggi al resto degli italiani il maltolto, visto che tutti riconoscono l'abusiva sottrazione?
Silenzio, vaghissime allusioni...

Perché la politica arriva sempre dopo?
Il Trattato detto Costituzione ha soltanto funzionato da cartina di tornasole per i Grandi politici distratti ma, a parte il chiedersi che fare ora - e cioè se riusciranno a curarla coloro che han prodotto la malattia o non l'hanno prevenuta - torna la domanda che tante volte ho espresso su Arengario o sul forum e che percorre anche i dubbi, le sollecitazioni, gli inviti e le riflessioni di anni di interventi su Arengario da parte di personalità e studiosi ben più importanti di me: perché la Politica, questa politica che pretende per sé la maiuscola, si accorge dei fenomeni dopo e non prima che avvengano?
Perché invece di governare i processi - o almeno provarci - se ne lascia governare, quasi la sua funzione fosse solo quella di sistemarli, acconciarli in modo che producano i minor guasti possibili?
Se questa è ormai la Politica - e potrebbe legittimamente esserlo - perché non ammetterlo, rinunciando ai voli pindarici della retorica, che producono oltretutto risultati opposti alle attese (vedi referendum, che irritano i cittadini, dato il divario tra attese e risultati conseguiti!)?

Prodi e i giovani
Berlusconi e soci da un così superficiale atteggiamento traggono indubbiamente vantaggio: sono quelli che dalla crisi europea hanno guadagnato in rendite da capitali e assimilabili, prima ancora che in espansione dei profitti aziendali.
Ma gli altri? Che fanno e perché?
Ancora l'altra sera Prodi - in cui pure sono riposte le uniche e residue speranze del centrosinistra - dispensava dal salotto di Vespa a una platea di giovani suggerimenti e valutazioni disarmanti perché disarmate di fronte allo stato delle cose.
"Vendeva" - in altri termini - la vecchia ideologia dell'Europa come tonico buono per l'uso, parlava di controlli sui prezzi che non ci sono stati (e quali avrebbero dovuto/potuto essere, in questo paese, chi ce lo dirà mai?), accennava alla necessità di recuperare entusiasmo e spirito di competitività avanzata (a max 1000 euro al mese?)....
I giovani lo guardavano e ascoltavano reclamando ostinatamente, nei timidi interventi, un posto fisso.
Manheimer - che il posto fisso ce l'ha da Vespa ma finge di non accorgersene - scuoteva la testa meravigliato da questa assenza di ambizione.
Nessuno pensava, lì, in quel salotto, che quei giovani sono semplicemente e contemporaneamente realisti e illusi nelle loro attese.
Realisti, perché questo è tutto quel che per anni potrebbe passare il convento, se pure riuscirà a passarlo: ci si riempie la bocca sostenendo la necessità di competere nei settori ad alto contenuto tecnologico, ma non si dice che ci vorranno decenni per farlo, se tutto fila liscio!
Illusi: perché nel mercato del lavoro globalizzato, il posto fisso non può venire se non dalla ripresa di politiche stataliste e protezioniste probabilmente impraticabili, data la situazione.

Nuove e vecchie ragioni dell'Europa
Questa è la Politica italiana mentre l'Europa, privata delle sue antiche ragioni di coesione e in cerca di nuovi equilibri, è a rischio sfascio, poiché non è detto che i processi sociali concreti - così diversi nei diversi paesi - siano tanto "pazienti" da aspettare il progetto politico che la "salverà".
Ci aspettano anni e anni di navigazione a vista e scogli di cui nemmeno, per ora, sospettiamo l'esistenza, ma in Italia la Politica, impaludata nei suoi riti cui non riesce a sottrarsi, si dibatte nel dilemma se fare il Partito unico del centrodestra o cambiare il menù - pane e cicoria - dei rutelliani.
Come fare ad esser ottimisti?
Come possono, signor Prodi, quei giovani cui ha dispensato a larghe mani buoni consigli - con spirito ecumenico - guardare un solo centimetro più in là del proprio naso?
La Politica che non riesce a mettere in campo progetti previdenti e sufficienti al bisogno può esser originata solo da due fattori:

* l'ingestibilità delle contraddizioni in una dato momento storico (e allora bisogna esserne consapevoli, dichiararlo per tempo, non tardivamente come fanno ora Junker e tanti altri, e adattarsi prudentemente al piccolo cabotaggio e alla navigazione a vista senza enfatizzarne i termini
* l'insufficiente intelligenza culturale e politica dei processi in atto e in arrivo, compresi quelli che noi stessi determiniamo (altro che think thank e Fabbriche, se non si comprende che l'intelligenza diffusa vale più di quella di una corte di "amichevoli" esperti convocati nel cortile di casa!)

Padri nobili e in provetta
Aggiungo che mentre la nascita dell'Europa ha avuto padri certi, la sua possibile frantumazione pretende persino - ora - di esser ufficialmente "orfana", o quantomeno di esser avvenuta - nonostante l'esito del referendum che la proibisce - per fecondazione eterologa da sconosciuto.
Perché nessuno esplicita - fin da ora - i rischi gravissimi della situazione, che non sono solo e tanto quelli del disastro economico, ma del ritorno progressivo a una conflittualità interna e trasversale alle nazioni e ai mercati incontrollata e tale da far esplodere irrazionalità profonde?
Auspicare il ritorno alla lira, in questo quadro, non è spiegabile solo dicendo trattarsi di una battuta leghista: tramite quella apparente assurdità può configurarsi di nuovo, traducendosi in politiche concrete, una speculazione di ritorno dei medesimi ceti che hanno beneficiato dell'ingresso "incontrollato" nell'euro.
Un progetto economico sciagurato che si salderebbe - incongruamente dal punto di vista razionale ma non da altri - al diffuso sentimento antieuro.
Ci possiamo riflettere, prima - e non dopo - che l'incubo si trasformi in realtà?
I buchi neri che ci stanno alle spalle sono nulla, rispetto a quelli che ci stanno davanti.

Michele Casiraghi


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  18 giugno 2005