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Ma Blair se l'è cercata?
di Michele Casiraghi


Recite
Ci sono vicende che, per quanto tragiche, si ripetono nella loro ritualità sequenziale sino a diventare assurde.
Londra, con i suoi morti e feriti, non si sottrae alla regola.
Non è ancora finita la conta delle vittime, ma Blair appare già nelle vesti del soldatino determinato a lottare e sino alla fine (di cosa, non si sa), contando sul risveglio quel tanto di britannica ottusità che salvò, a suo tempo, anche la Tatcher.
Lo affiancano subito Bush, Chirac e molti altri, a scalare in ordine di importanza.
Ah, l'esecrabile terrorismo, vigliacca bestia che assale inermi civili in tutt'altro affaccendati che in affari di guerra!
In Italia, poi, ciascuno tira la vicenda dalla sua parte, chi invocando l'anislamismo purificatore e chi la santa alleanza antiterrorista.
Persino Bertinotti, col suo tono blasè, ci invita a non dire di Blair "se l'è andata a cercare" (è questione di fairplay?).
Prudentemente, poichè è uomo d'affari e sente il polso della situazione (il "tic tac" dei congegni a orologeria che potrebbero arrivare anche sulle nostre metropolitane?) Berlusconi annuncia fermezza  proprio mentre sottolinea che a settembre inzierà il nostro ritiro, ovviamente in accordo con gli alleati (e se dicessero "no"?).
Massaggio a duplice uso, per i nostri concittadini che non vogliono assolutamente "andarsela a cercare" perchè sanno che, ormai, di questo si tratta e per chi le bombe le mette: abbia pazienza, una strategia d'uscita richiede tempo, se chi la mette in pratica deve - al contempo - salvar faccia e carriera.

Chi cerca e chi (purtroppo) trova
E sì, perchè l'unico motivo per cui non possiamo affermare  di Bush e Blair che se la sono andata a cercare, addirittura creandone le condizioni dove non c'erano (come in Iraq) è che a loro non può succeder niente, se non, prima o poi, il saldo del conto elettorale.
Chi non se l'è cercata per davvero, e in Europa son tanti, si trova invece a subirne le conseguenze, e dovrebbe poi persino rispondere con spirito patriottico, richiamato alla unità nazionale come ultimo rattoppo  utilizzabile di una politica lacerata.
Via, siamo seri: ce la siamo cercata, e il messaggio di questi attentati - che  promettono di esportare nel mondo intero un modello di "convivenza" israelo-palestinese se pur sottotono - ci dice chiaramente che, oggi, non bastano più a salvarsi l'anima progressista le sfilate arcobaleno, se non sono poi in grado di impedire concretamente le azioni di chi ha di nuovo ricondotto la politica a guerra.
Non riusciamo a fermare le strategie geopolitiche irresponsabili dei nostri capi di stato?
Prepariamoci allora sempre più, invece che a cantar le lodi della nostra democrazia da esportare o a dissertare sulla sua natura ambigua, a trasformarla in democrazia che NON CONSENTA a nessuno l'abuso della forza in nome di menzogne e inganni, oppure a subire le conseguenze della nostra impotenza, esattamente come gli iracheni inermi sotto i bombardamenti.
E' una versione spiacevole ma aggiornata del "nessuno è innocente" criticabile quanto si vuole a livello teoretico, ma di fatto divenuto realtà.
Depurata la politica dal suo stupido e inutile fairplay, questo è ciò che resta.

La lotta la terrorismo e la strategia della tensione
In tanti se la sono "andata a cercare", nascondendo le ragioni reali dell'intervento iracheno e seppellendole sotto cumuli di menzogna e propaganda cui nessuno più crede.
La lotta al nuovo terrorismo ha tutte le ambiguità e gli stravolgimenti delle vecchie strategie della tensione (rapimento dell'Imam di Milano, dichiarazioni di Galloni sulle infiltrazioni Cia/Mossad, vicende della polizia parallela genovese...).
Abbiamo voluto trasformare in un confronto mondiale  una contesa che aveva al suo centro neppure i disgraziati frequentatori delle Twin Towers, ma il diritto dei popoli ad usufruire delle proprie risorse, contro despoti interni  o liberatori esterni.
La solidarietà che non neghiamo ai newyorkesi, agli spagnoli e oggi ai londinesi (ma quanti di loro sono anche "islamici", arabi, ecc.?) non siamo sinora  stati capaci di negarla - nei fatti e negli schieramenti sul terreno, non nelle illusioni dei pur necessari ma inefficaci cortei - agli interpreti attuali del colonialismo mascherato, neppure di quello misero di casa nostra (vedi Eni/Nassiria).
Lo scotto da pagare, ora, se di costoro non ci liberiamo in fretta, sono le ansie, le insicurezze crescenti, il profluvio di retorica stucchevole perchè ipocrita, i feriti e i morti al fronte esterno e interno che caratterizzeranno il tempo necessario a far sì che i leader della politica bellicista possano cambiare strategie senza ammettere le proprie responsabilità e pagare le proprie colpe.
E', questa loro, probabilmente una pia illusione: ma per quanto la dovremo subire?
Zapatero docet: via il prima possibile, non perchè ci siano pericoli o ricatti, ma perchè da una cancrena verminosa come quella che è stata scatenata in Medio Oriente ormai non possono nascere se non altri disastri.
E' puro desiderio pensare che ai vasi di Pandora scoperchiati si possa rimettere facilmente e in breve il coperchio.

Michele Casiraghi


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  9 luglio 2005