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ECONOMIA E DINTORNI
Monopoli e corporazioni
ovvero privilegi e rendite
di Giacomo Correale Santacroce


Forse qualcuno ha notato una strana coincidenza: nel giro di pochi giorni abbiamo visto pagine intere dei giornali nazionali dedicate a quella che i pubblicitari chiamano “marketing istituzionale”. Lo stanno facendo Enel, Telecom, Poste italiane, l'Ordine dei farmacisti, i tassisti, e sicuramente ne vedremo altre.
La canzone è sempre la stessa: noi siamo bravi, siamo “una risorsa per il Paese”, finanziamo tante opere buone, la nostra maggiore preoccupazione è fare il bene dei clienti-utenti, soprattutto di “proteggerli” dagli incompetenti, i malintenzionati, eccetera.
Com'è noto, offrire protezione a chi non la chiede è un'attività molto diffusa nel nostro Paese

A mio parere questo è solo il primo fuoco di sbarramento. Sbarramento contro che cosa? Contro la possibilità che finalmente in Italia si attacchi il sistema dei privilegi e delle rendite di ogni tipo, che sono la causa principale della scarsa competitività del Paese e del suo evidente declino.
Il sistema dei privilegi e delle rendite fa capo a soggetti precisi: da una parte i grandi monopoli, in parte feriti ma ancora in grado di vender cara la pelle, in particolare quelli dell'energia e delle comunicazioni. Dall'altra le corporazioni, cioè gli ordini e albi di ogni tipo che hanno ottenuto l'esclusiva di decine di attività professionali, limitando secondo le proprie convenienze gli accessi delle giovani leve e imponendo arbitrariamente i loro prezzi di monopolio.

La visione pregiudiziale da cui deriva l'opposizione alla liberalizzazione, cioè alla possibilità che altri possano entrare nel mercato facendo godere i clienti o utenti dei benefici della concorrenza, ha radici feudali, per non dir peggio: il cliente-utente non è considerato come un cittadino dotato di capacità di giudizio e magari anche di sbagliare a proprio danno (facendo però esperienza per il futuro). E' un suddito ignorante, stupido, costituzionalmente immaturo, e quindi da tenere permanentemente sotto tutela.
Ma siamo solo all'inizio. Vedrete cosa accadrà, se veramente il nuovo governo, pressato dall'impellente necessità di accrescere la produttività e la competitività del sistema Italia, si azzarderà ad attaccare monopoli e corporazioni.

La prima bordata avrà per tema l'occupazione, con il corollario degli investimenti. Si snoccioleranno sfilze di numeri (secondo il metodo Berlusconi, peraltro già ampiamente praticato in precedenza, quasi sempre con successo) che ci diranno quanta occupazione è assicurata da Enel, Telecom, Mediaset, e dagli ordini professionali. E, naturalmente, quanti investimenti sono stati fatti e saranno fatti dai medesimi soggetti a vantaggio dell'inclita plebe.
Il povero suddito – pardon, cittadino – non potrà che dire: “Ma questi numeri sono veri!”. E' difficile che egli conosca la teoria e la storia economica, secondo cui i monopoli costituiscono un freno all'occupazione, che invece riprenderebbe slancio se sul mercato ci fossero più protagonisti. Provate a immaginare quante opportunità potrebbe avere un giovane che volesse lavorare in televisione, rispetto ad ora che può solo farlo se ha delle aderenze presso RAI o Mediaset. O che volesse aprire una farmacia o offrire un servizio di taxi a prezzi internazionali.

La seconda bordata sarà quella “patriottica”, in realtà nazionalista. Anche questa funziona sempre bene presso i sudditi: l'eliminazione di monopoli e corporazioni indebolisce le strutture produttive nazionali, apre la strada allo “straniero”.
In realtà, il controllo e lo sviluppo delle attività economiche dipende più dalle competenze professionali che dalla proprietà. Gucci, marchio italiano in mani straniere, difficilmente potrà fare a meno di Firenze, del gusto e delle professionalità radicate in Toscana. La Intel investe 3 miliardi di dollari ad Avezzano nella piana del Fucino, 100 km. da Roma, in una azienda con 2000 dipendenti di cui il 30% laureati che fanno microprocessori, perché le università del centro Italia le garantiscono le competenze necessarie.
Insomma: assisteremo a una battaglia campale nella quale troverà ennesima conferma il detto secondo cui “l'amor di patria – insieme alla difesa dell'occupazione - è l'ultimo rifugio dei mascalzoni”.

C'è un solo rimedio: fare di tutto perché i sudditi diventino dei cittadini, cioè smettano di essere cretini in pianta stabile. Perché, come ha avuto occasione di dire recentemente Enzo Biagi con il suoi stile tagliente, può capitare a tutti di essere cretini qualche volta per conto proprio. Ma si deve cercare di non essere stabilmente cretini per conto terzi.

Giacomo Correale Santacroce


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  6 maggio 2006