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Il pudore
di Franco Isman


Quante volte in queste settimane abbiamo letto che l'art.138 era stato concepito per parziali e puntuali modifiche e non per il rifacimento addirittura di un terzo degli articoli della Costituzione (53 su 159), che una modifica di tal fatta, ma anche modifiche più modeste, della Carta fondamentale della Repubblica non poteva essere appannaggio di una sola parte politica ma avrebbe dovuto essere ampiamente discussa e condivisa, che la Costituzione non doveva essere cambiata ad ogni mutare di maggioranza e via di questo passo.
E' stato detto e ribadito dalle principali autorità politiche, compreso il Presidente emerito Ciampi, è stato scritto in tutti gli editoriali favorevoli al NO, e quelli del SI' non contestavano tanto questa affermazione quanto sventolavano il precedente della modifica costituzionale fatta dal centro sinistra nel 2001: si era trattato allora soltanto di 5 articoli e non di 53 come attualmente, ma comunque votati dalla sola maggioranza.

Ma nessuno ha ritenuto opportuno osservare come tutto ciò nasca dalla incredibile insipienza di molti, e forse dalla criminale premeditazione di alcuni, con cui nel 1993 era stata approvata la legge maggioritaria, il pasticciato “mattarellum”, come definito da Sartori, secondo il quale la maggioranza del Parlamento non corrispondeva più ad una maggioranza assoluta di elettori ma semplicemente a quella relativa, senza pensare di cambiare di conseguenza le maggioranze previste dall'art.138 per modificare la Costituzione. Un'azione addirittura anti costituzionale, ho avuto modo di scrivere, infatti le conseguenze sono quelle che tutti adesso criticano, strappandosi i capelli ma guardandosi bene dal fare un'autocritica sul passato. E i buoni proponimenti per il futuro.

Qui non si sta dicendo che il sistema maggioritario non possa andar bene, anche se personalmente sono sempre stato favorevole ad un proporzionale con sbarramento ed eventuale modesto premio di maggioranza, ma che qualsiasi modifica del proporzionale puro, dove la maggioranza parlamentare non corrisponde più alla maggioranza assoluta degli elettori, avrebbe dovuto essere preceduta dal cambiamento delle maggioranze richieste dall'art. 138 per modificare la Costituzione. Non ha nessun senso affidarsi alla coscienza civica della maggioranza del momento che ritenga doveroso dibattere e concordare le modifiche con la minoranza. Non c'è “moral suasion” che tenga, è evidente e lo abbiamo verificato.

Ma di questo nessuno parla. Forse per pudore.
Invece prima di discutere di nuove modifiche costituzionali e dei sistemi per elaborarle, si dovrebbe varare immediatamente un aggiornamento appunto dell'articolo 138 che renda indispensabile che le ulteriori modifiche raccolgano un consenso “bipartisan”, come usa dire. Un dovere morale, se non si vuole che gli attuali alti lai restino pura manifestazione dello scontento di quella che era minoranza ed aveva subito la prepotenza della maggioranza.
E identico discorso vale per l'articolo 83 per l'elezione del Presidente della Repubblica, anch'essa, dopo la legge maggioritaria, alla mercé della maggioranza relativa.

Se vince il NO, ed ho pochi dubbi in proposito, delle modifiche in questo senso, volte a garantire le minoranze, potrebbero essere varate in brevissimo tempo, raccogliendo il voto di maggioranza e opposizione. Nella deprecata e per me improbabile ipotesi di una vittoria del SI', il discorso probabilmente si complicherebbe.

Franco Isman


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  25 giugno 2006