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Vicenza: eravamo in centomila, anzi di più
Matteo Barattieri su forum monza


foto AP su la Repubblica


Una bella, bellissima giornata, una giornata da ricordare.
 
Una giornata fatta dalla gente, una manifestazione forte e sincera, allegra e festosa. Tanti i contenuti, tante le voci, tanti i gruppi coinvolti.
Una manifestazione che declina alla perfezione il comandamento "pensare globlamente, agire localmente". Ci sono i vicentini (bravi magnamiao!) e c'è tanta gente da tutta Italia, isole comprese.
 

In corteo...
Sono belli i visi che guidano il corteo. La prima parte del lungo serpentone è composta da loro, i padroni di casa. Il clima è allegro e scanzonato, ma fermo e deciso. Famiglie intere, signore che battono le pentole, ragazzine strette vicino alla compagna di banco, anziani. E' la gente che in altri sabati andrebbe in centro per un'"ombra" o per le compere a muoversi: è la politica vera, fatta dal basso.
"No magnemo gati ma gnanca bombe",  dice un cartello, uno dei tanti che danno sfogo a quella creatività che solo il dialetto. "Basi sì ma coa boca", recita un altro, simpaticissimo, manifesto.
E poi ci sono loro, i portavoce dei molti comitati sorti contro il Dal Molin. Sono quasi tutte donne: Martina, Cinzia, Patrizia....
L'inizio della manifestazione preoccupa un poco, non siamo più di 20mila, a occhio e croce.
Col passare del tempo il corteo si ingrossa sempre più: alla fine la cifra andrà oltre le più rosee aspettative: 150-200mila.
Il clima si mantiene tranquillo, quasi da scampagnata del fine settimana. Dalle finestre si affacciano le persone: sorrisi e applausi. Le vergognose e squallide speculazioni di chi, in malafede, prevedeva (e desiderava) scontri e incidenti non potevano ricevere risposta migliore. 
 

Da tutta Italia, da altre parti del mondo. Sotto varie sigle
Si sentono molte parlate sudiste, da Roma, da Napoli.... Spiccano alcune bandiere coi "bator moros": anche la Sardegna soffre da tempo il problema della militarizzazione.
Non potevano mancare quelli della Val Susa. I No TAV sono giunti in massa nella città che, ricorda un cartello, fu del Palladio; 22 pullman han intrapreso oggi il viaggio da Venaus, da Torino e dintorni.
Variegate le sigle presenti: organizzazioni cristiane e centri sociali, scout e ambientalisti, gruppi di sinistra e umanisti, i pacifisti e le reti del commercio equo. Poche le bandiere di partito.
Importanti le presenze dall'estero. Ci sono, accolti con affetto e calore, americani appartenenti a gruppi pacifisti. Sfilano senza problemi avvolti nella bandiera nazionale.
Dalla Repubblica Ceca è giunta una delegazione che si batte, anche lì, contro una base americana.
 

La dignità, la forza della ragione
E' il momento delle dichiarazioni dal palco. Parlano le portavoci dei vari comitati locali. Il tono non è violento, non è carico d'odio. Le voci sono quelle di chi vuole essere coinvolto nelle decisioni che riguardano quanto avviene sotto casa. Di chi si sente tradito dai propri rappresentanti eletti a Vicenza e a Roma. Di chi vuole difendere il proprio futuro e quello dei propri figli.
Sono voci piene di dignità e di fermezza. La dignità di chi sa di avere la ragione dalla propria parte.
"Resisteremo un minuto di più", dichiarano gli esponenti locali e recita lo striscione sul palco. La grinta e l'energia di queste donne, e di tutti, fanno pensare che il cammino di chi vuole imporre dall'alto scelte non condivise sarà molto duro. 
 
Ma non è tutto. I contenuti vogliono andare oltre una dimensione locale. Il No Dal Molin vuole anche, e soprattutto, essere un dissenso alla politica delle guerre, dei bombardamenti su civili inermi, della militarizzazione del nostro paese e dell'intera Europa, e del Pianeta. Un no forte e fermo all'aumento delle spese militari, che sottrae fondi a voci di bilancio importanti e fondamentali per la vita e la crescita di un paese.
 
 
"Sior paròn..."
"I tempi della Vicenza del "Sì, siòr paròn, comandi" sono finiti", dice una portavoce dal palco. E' uno dei momenti più significativi della giornata. In queste poche parole c'è uno dei contenuti fondanti dell'intero movimento vicentino (e di tanti movimenti in tutta Italia). Il desiderio di riappropriarsi del proprio ruolo e della propria dignità di cittadini, il desiderio di non essere più sudditi ma di poter (e dover) essere ascoltati da chi è stato eletto.
Non ci sono toni incattiviti contro Prodi e il Governo. Le richieste di dimissioni sono soprattutto per il sindaco vicentino, che ha tenuto nascosto tutto il progetto della nuova base e che rappresenta un pessimo esempio per tutti i primi cittadini italiani. Le richieste per Roma sono di ripensarci, di tornare indietro, di rispettare la volontà di una popolazione.
 
 
La Val Susa insegnava. Una politica vecchia
Dove era la politica? Assente, lontana. Eppure c'è stata la lezione dei No TAV, la lezione di un movimento che da locale ha assunto un valore nazionale e internazionale. Qui a Vicenza i connotati sono esattamente gli stessi. E sono condivisi da altre realtà italiane ed europee, che qui erano rappresentate: la difesa del territorio, la difesa del proprio futuro, il bisogno di una pace vera e universale.
La risposta di Prodi a queste richieste e ad una manifestazione che sicuramente trova consenso nella gran parte degli italiani è quanto di peggio ci poteva essere. E' la risposta di un modo ormai vecchio di fare politica, vecchio e autoreferenziale. E' la risposta di chi crede che democrazia delegata significhi totale spregio della voce di chi ti ha eletto.
Ma è anche la risposta di chi non sa cogliere segnali importanti che vengono dai tanti movimenti che si stanno organizzando in Italia. Strumenti fondamentali come le reti telematiche permettono oggi collegamenti un tempo impensabili. A sfilare a Vicenza non c'erano solo i "magnamiao", ma tante sigle di tutta la Penisola. Non so se tutte queste realtà, non solo il mondo dell'associazionismo e del cosiddetto "terzo settore" ma anche le liste civiche che stanno creando un coordinamento nazionale, riusciranno poi a coagularsi in qualcosa di più concreto a livello politico. Non sarebbe male, vista la ricchezza di cultura e di contenuti.
Di sicuro si tratta di interlocutori che dovranno trovare nei Palazzi sempre più ascolto. I tempi del "Sì, siòr paròn, comandi" forse sono finiti anche in altre parti d'Italia.
 
NO DAL MOLIN
NO TAV
NO MOSE
 
mandi
Matteo Barattieri


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  18 febbraio 2007