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Mastrogiacomo e gli altri
di Franco Isman


le iniziative di Emergency

E' ovvio, e non è lecito dubitarne, che si sia stati tutti felici del fatto che Daniele Mastrogiacomo abbia portato a casa la ghirba. Ma un conto è questo sentimento di umana solidarietà ed altro è la valutazione politica del fatto.

Personalmente ho sempre sostenuto che uno Stato non può e non deve soggiacere ai ricatti e trattare con i ricattatori. E questo vale per i sequestri di persona caserecci (un fenomeno spaventoso, per fortuna in calo) come per quelli di rilevanza internazionale.
Non può, perché ne va della dignità di un governo liberamente eletto, che rappresenta quindi la Nazione, ma anche perché può avere gravi riflessi sui rapporti internazionali.
Non deve, perché salvare una vita oggi significa metterne a repentaglio altre in un futuro molto vicino. Da quando si è constatato che l'Italia tratta e paga profumatamente per liberare i suoi sequestrati, in Iraq prima e adesso anche in Afghanistan, gli italiani sono diventati “merce” ambita per i sequestratori e rischiano certamente di più degli americani o dei tedeschi che non trattano, costi quello che costi. Non si possono certo fare affermazioni categoriche, ma neppure eliminare il dubbio che la trattativa che ha portato alla liberazione di Gabriele Torsello abbia avuto il suo peso nel sequestro Mastrogiacomo. Aggiungasi che questo rappresenta forse il primo caso in cui si è ufficialmente pagato un pesante prezzo politico.

Questo non significa che i familiari, nel caso dei sequestri casalinghi, e le diverse organizzazioni umanitarie non possano e non debbano fare tutto il possibile per arrivare ad una soluzione positiva dei sequestri e grazie quindi di cuore a Gino Strada e alla sua Emergency che hanno speso la loro credibilità per arrivare alla liberazione di Mastrogiacomo ma, purtroppo, non alla conclusione di questo caso. E le critiche sul “prezzo” pagato non sono da rivolgere a loro ma eventualmente al governo che ha certamente gestito questo aspetto della trattativa.

Anche l'uccisione di Nicola Calipari ed il ferimento di Giuliana Sgrena e del maggiore che conduceva l'automobile sono una diretta conseguenza del contrasto fra il comportamento italiano nei casi di sequestri in zona di guerra come l'Iraq o l'Afghanistan e la politica americana che non ammette cedimenti. Teniamo presente che per i giudici che hanno condannato il marine che sparò non si è trattato di tragica fatalità o soltanto di mancanza di informazione ma di omicidio volontario commesso per impedire che l'operazione dei servizi italiani andasse a buon fine.

E veniamo alla situazione odierna con due gravissimi episodi distinti e simmetrici.
Da una parte i Taliban che, contrariamente ai patti, trattengono Adjmal Nashkbandi, l'interprete di Mastrogiacomo e sparano ulteriori richieste che ben difficilmente il governo Karzai vorrà accettare, il che conferma ancora una volta quanto il cedere ai ricatti dei terroristi porti ad ulteriori ricatti. Stiamo andando incontro alla seria possibilità che al prezzo (politico ed economico) pagato per la salvezza di Mastrogiacomo si aggiunga quello della vita del suo interprete.
Per converso Rahmatullah Hanefi, il responsabile afgano dell'ospedale di Emergency, che aveva condotto la trattativa per conto di Gino Strada ed indirettamente del governo italiano, continua ad essere trattenuto dai servizi afgani che lo sospettano in qualche modo complice dei talebani e, con tutta probabilità, lo stanno torturando.
Un ulteriore discorso meriterebbe l'autista, sgozzato dopo alcuni giorni dai sequestratori, come ci ha raccontato in prima persona Daniele Mastrogiacomo su Repubblica, ma non se ne parla forse in quanto era corsa la voce che egli fosse al soldo dei servizi inglesi, e da qui i sospetti iniziali anche nei confronti di Mastrogiacomo.

Per la sorte di Nashkbandi il governo italiano può fare ben poco, ma per quella di Hanefi ha l'assoluto dovere di muoversi con prontezza (!) e con la massima energia visto che, anche se gli Afgani non ci amano e ci vedono anzi come truppe di occupazione, il governo Karzai deve all'Italia, come agli altri Paesi NATO, la sua sopravvivenza.
Emergency da parte sua ha pubblicato un angosciato ma energico appello per la liberazione di entrambi che Arengario ha riportato e che a tutt'oggi è stato sottoscritto da 105.000 persone, compreso chi scrive.

Franco Isman


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  30 marzo 2007