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Un nuovo-vecchio partito
di Giacomo Correale Santacroce

C'è chi dice che i programmi dei partiti, di destra e di sinistra, sono tutti uguali. Su certi temi ad effetto e ovvi (libertà, meno tasse, più salari, più opere pubbliche, eccetera) può esser vero. Ma se si scruta oltre le parole, le differenze ci sono, e sostanziose.

Da questo punto di vista credo che tra i nuovi partiti, quello più compatto e coerente, apparentemente improvvisato ma che viene da molto lontano, sia il Partito della Libertà.
Al di là delle lotte e delle spartizioni di potere ai vertici, credo che l'anima, le idee e i programmi del nuovo soggetto in cui sono confluiti Forza Italia e Alleanza Nazionale siano facilmente individuabili.
 
Il PDL  potrebbe essere definito tecnicamente, absit iniuria verbis, come il nuovo-vecchio  partito nazionale fascista, in versione “sdoganata” in territorio democratico.
Ne ha tutti gli elementi: sarà infatti corporativo, monopolista, nazionalista, protezionista, xenofobo. E demagogico. Potenzialmente autoritario.
 
Berlusconi e Mussolini

Corporativo: le corporazioni, cioè gli albi e gli ordini professionali, potranno tirare un sospiro di sollievo. Con uno sberleffo definitivo a Prodi e a Bersani. Continueremo ad essere ancora "protetti" da tassisti, farmacisti, notai, giornalisti, giornalai,  medici, professori  e chi più ne ha più ne metta (gli albi sono decine), contro i possibili intrusi e supposti imbroglioni. Occorre naturalmente dare per scontato che il cittadino non è in grado di valutare da solo se un professionista ha o no i numeri (curriculum, attestati, performance eccetera) per rispondere alle sue esigenze. In realtà non è un vero cittadino, è un suddito a cui si impone una protezione. Se poi avrà l'ardire, la pretesa  di diventare anche lui medico, farmacista, notaio eccetera, dovrà sempre chiedere il permesso alla corporazione e sapere che i figli e parenti dei membri incombenti avranno sempre la precedenza.
 
Monopolista: i monopoli sono stretti parenti delle corporazioni, su dimensioni macro. Semplificano la vita. Lo stesso Capo del Partito è un grande monopolista, ha vissuto sempre di monopoli  (immobiliari, televisivi). La concorrenza dà insicurezza (ecco la parola magica!), perché qualcuno potrebbe fallire per il fatto di  non essere all'altezza delle esigenze dei clienti. Meglio una divisione del mercato in modo che ci sia un fornitore unico  per ogni cosa (televisione, trasporti, energia, eccetera), con prezzi chiari, magari concordati con lo Stato, certo un po' alti perché il fornitore (e non il consumatore) ha diritto di guadagnare comunque. In fondo, lo si vede e proclama, i monopoli investono e creano occupazione. Naturalmente poco, quanto basta (a loro,  non ai consumatori). Perché poi lasciare la sicurezza (la solita parola magica) per l'insicurezza? Insomma, direbbe Albanese, "In t'u c... degli esclusi!".
 
Nazionalista (da non confondere con patriottico, sono due cose radicalmente diverse): basta pensare al caso dell'Alitalia, a lungo monopolista a nostre spese ed ora, per necessità e inefficienza, sempre meno. Ma meglio affidarla a una società nazionale, con qualche salasso periodico di azionisti e contribuenti, che subire l'affronto di vederla rifiorire con manager stranieri (da notare: il mondo è pieno di imprese straniere gestite da ottimi manager italiani).
 
Protezionista: nonostante la globalizzazione, vi sono nel mondo ancora molte e crescenti tentazioni protezioniste. Sicuramente il PDL ne sarà portatore. Come dire: comprate italiano, anche se un prodotto italiano fa schifo rispetto a quello d'importazione e costa di più. Il suddito senza accorgersene è così "cornuto e mazziato" (dal produttore nazionale, monopolista o corporativo, in combutta con lo Stato). Naturalmente non ci si riferisce ai prodotti italiani soggetti alla concorrenza internazionale, come le auto, gli elettrodomestici, le macchine utensili, i robot, la moda, il design, l'engineering, l'alimentare eccetera, che competono alla grande sui mercati globali.
 
Xenofobo:  Beh, la difesa della razza è qualcosa di superato. Ma conviene sempre essere guardinghi, e scoraggiare i nuovi venuti. Siamo o non siamo padroni in casa nostra? L'Europa è una cosa poco gradita, conviene frenare.
 
Demagogico: naturalmente bisogna parlare di riforme (altra parola magica!). Ma per scherzo. Perché mai chi ha fatto i soldi con un sistema statuale scassato e trescando con i peggiori politici del passato e attuali, dovrebbe cambiare le cose? "Che tutto cambi perché nulla cambi", il vecchio detto gattopardesco vale sempre. E poi: se dai sondaggi risulta che la "gente" chiede qualcosa, perché negarglielo? Per perdere le elezioni? Ma andiamo... Anche qui vale Albanese: “'n t'o c… delle idee e dei programmi”. Certo, c'è la questione del debito pubblico. Ma al momento chi se ne accorge? Poi si vedrà, i mass media provvederanno.
 
Certo, in questo sistema di libertà (la prima e la massima tra le parole magiche! Per questo è sempre nel simbolo) in realtà ce n'è molto poca. E' razionata. Basta per pochi, non è un bene indivisibile. Agli altri si potrà forse concedere un po' di libertà protetta e vigilata.
 
Certo, con un partito di questo tipo al governo il Paese resterà sempre più indietro, anzi potrebbe andare in bancarotta come l'Argentina. Ha già rischiato di farlo un paio di volte, dalla Milano da bere di Craxi in poi, ed è stato salvato con la respirazione bocca a bocca di sostanziose stangate fiscali. Ma non c'è lo stellone, i miracoli italiani, i tesoretti? Tutto si risolverà in qualche modo, con l'arte di arrangiarsi tipica del nostro popolo.
 
Certo,  se gli Italiani  decidessero di diventare cittadini e non più sudditi, le cose potrebbero andare piuttosto male per la sicurezza (mediatica),  le riforme (non/riforme), la libertà (vigilata).
 
In tale deprecabile caso, dopo la carota, purtroppo, potrebbe essere necessario il bastone. O meglio il manganello, come nella fallita prova generale dei fatti di Genova. O qualcosa di più attuale e brutto. Come volevasi dimostrare.

Giacomo Correale Santacroce.

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  19 febbraio 2008