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ECONOMIA E DINTORNI
ALITALIA: soluzioni all'italiana
Giacomo Correale Santacroce

La vicenda dell'Alitalia costituisce un caso esemplare per capire, e giudicare, l'economia (e la società) del nostro Paese e le possibilità di cambiarla.

Per la soluzione del problema si sono prospettate a breve scadenza due strategie, che possono ben essere definite molto appropriatamente: 1. Strategia Prodi; 2. Strategia Berlusconi. O anche: Strategia riformista vs strategia conservatrice. O anche: strategia competitiva vs strategia protezionista. O ancora: Strategia patriottica vs strategia nazionalista.

1. Strategia Prodi.

L'Alitalia è sostanzialmente fallita. Da decenni sopravvive avendo come riferimento solo l'interesse corporativo dei propri dipendenti, cioè delle clientele politiche, infischiandosene dei propri clienti e potendolo fare perché operante in condizioni di monopolio. Il tutto con la copertura del supposto prestigio della bandiera. Con l'andar del tempo la compagnia, che ha operato sempre in perdita (20 bilanci annuali su 21), è stata progressivamente surclassata dalle maggiori compagnie a raggio globale.
In questa situazione, l'alternativa strategica secondo i canoni del mercato era: a) il fallimento, con liquidazione delle risorse residue, perdita del capitale da parte degli azionisti (peraltro già decimato negli ultimi anni) e dei creditori, e licenziamento dei 20 mila dipendenti. Nessun danno invece per gli utenti, molti dei quali avrebbero potuto dire: “Finalmente!”, servendosi di altri vettori più efficienti e convenienti; b) Offerta della compagnia a concorrenti del settore, scegliendo il migliore offerente, contrattando le condizioni (valorizzazione dell'attivo - il logo, la clientela italiana, le rotte, gli slot -, alleggerimento del passivo, un piano industriale di lungo respiro, la presenza nella governance di rappresentanti italiani, ammortizzatori per gli esuberi, eccetera).

La scelta è naturalmente caduta sulla seconda alternativa, cercando di conciliare l'obiettivo del massimo vantaggio per gli utenti con la conservazione dei valori dell'impresa (competenze, strutture economiche sul territorio italiano, immagine) e il contenimento dei costi per la collettività.

Risultato atteso: apertura del mercato italiano, conservazione del logo ma sostanziale scomparsa della compagnia di bandiera (peraltro già ridotta, per i comportamenti precedenti della compagnia, a un operatore secondario), inserimento dell'impresa in un gruppo competitivo, grande vantaggio per gli utenti messi in grado di scegliere tra diversi vettori.

2. Strategia Berlusconi.

L'Alitalia è sostanzialmente fallita.

L'obiettivo: conservare ad ogni costo la compagnia di bandiera (lasciamo da parte la malignità, peraltro non peregrina, che si tratti dell'ennesima e suprema soluzione ad personam per soddisfare le esigenze del super-io di Berlusconi).

Tra il fallimento e la selezione del migliore offerente, si adotta una terza via: spaccare la compagnia in due tronconi: una “cattiva compagnia” (bad company), che si addossa tutte le passività, e una “buona compagnia”, che acquista tutte le attività: la cordata.

La cordata è fatta di persone che non hanno alcuna competenza specifica nel settore del trasporto aereo. Tuttavia, contribuendo a salvare la compagnia di bandiera secondo la volontà del capo del governo e della consistente componente nazionalista dell'elettorato (opportunamente stimolata con i mass media), queste persone si assicureranno sicuri “trade off” per le loro imprese operanti in altri settori, spesso come concessionarie dello stato. Il tutto nella logica dell' “economia delle relazioni”, come è stato definito il nostro sistema economico, di un conflitto di interessi pervasivo, della commistione tra ruoli politici e interessi economici.

La liquidazione della bad company sarà un bagno di sangue finanziario per lo stato, cioè per i contribuenti e per molti impieghi produttivi sacrificati (a cominciare dalla ricerca).

L'impegno finanziario della cordata sarà limitato (forse il 20% del fabbisogno). Il resto dovrebbe venire da un partner del settore come socio di minoranza (si spera in un altro 20%) e dal credito. Per le banche, a partire dalla sponsor principale, Intesa S.Paolo, sarà un grande affare, anche se piuttosto rischioso.

Ci sarà comunque bisogno, guarda caso, di un partner esperto del settore, che porti nell'impresa la professionalità necessaria. A questo scopo si tratterà con diverse compagnie, ma in questo caso, ritengono i sostenitori di questa strategia, da posizioni di forza, a differenza che nel caso della strategia Prodi. La posizione di forza viene assicurata e blindata con una legge ad hoc, che abolisce la concorrenza nelle tratte nazionali più redditizie ristabilendo un sicuro monopolio a favore della “buona compagnia” (ma l'Unione Europea starà a guardare?).

La compagnia di bandiera è salva, anche se definibile come una Alitalietta, un vettore marginale sul mercato aeronautico, assente dalle grandi rotte globali. Ma i nazionalisti non lo sanno, perché credono di essere “los mejores del mundo”. Ci rimetteranno invece gli utenti e i contribuenti, per i quali svanisce l'illusione di essersi liberati finalmente da un monopolista spregiudicato e da una banda di mantenuti a vita.

Ai posteri l'ardua sentenza. Specialmente quando con la TAV si potrà andare da Roma a Milano in 3 ore, e l'aereo diventerà un vecchio e scomodo modo di viaggiare sulle medie distanze. Tra due anni (tra 100 giorni Milano-Bologna in un'ora).

Si arriverà a rinviare l'entrata in servizio della TAV per non danneggiare la compagnia di bandiera e l'orgoglio ignorante di tanti nostri compatrioti? Non ci sorprenderebbe. Tanto ai posteri si potrà raccontare un'altra storia.

Giacomo Correale Santacroce


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  20 settembre 2008