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ECONOMIA E DINTORNI
Perché e per cosa “mettiamo i nostri soldi”?
Giacomo Correale Santacroce


hard chips
Mi è capitato di leggere un libretto dal titolo “Io non ci casco più”, distribuito all'inizio dell'anno dal Corriere della Sera con la collaborazione della società finanziaria Azimut.
L'obiettivo degli autori è quello di rendere i lettori un po' meno ignoranti in materia finanziaria, e naturalmente di proporsi come buoni consiglieri per l'investimento dei loro risparmi.
Ma quali sono gli obiettivi del risparmiatore? Qui si stabilisce subito un corto circuito culturale che io considero perverso. E' certamente probabile che il risparmiatore, nell'investire i suoi risparmi, punti ad ottenere il maggior reddito possibile compatibilmente con il grado di rischio che è disposto a sopportare. E che, conseguentemente, il consulente finanziario cerchi di soddisfare il cliente in questa sua aspirazione.
Ma è proprio vero che il risparmiatore, che è poi una persona e non una funzione, ha solo quella idea dei proprio risparmi?
Proviamo a guardare il problema dal punto di vista delle scelte che una persona fa quando spende le sue risorse economiche.
Queste scelte sono dettate dalla straordinaria varietà di valori, aspirazioni, pulsioni che caratterizzano ogni essere umano.
Allora si vede che le categorie “consumo”, “risparmio”, “liberalità” sono semplificazioni rozze. Non esiste il “consumatore”, il “risparmiatore”, il “donatore” (così come non esiste il “produttore” puro e semplice) . Esiste chi decide di comprare un pollo o un dvd o un gratta e vinci, chi decide di finanziare Amnesty International o la Chiesa cattolica o l'Istituto per la lotta contro i tumori, e… chi decide di investire nella Fiat o nel negozietto dell'amico, non solo perché spera di guadagnarci, ma anche perché è un fan della Fiat o ritiene l'amico meritevole di un sostegno.
Gli autori del libretto si ispirano, e istruiscono i lettori, anche alla cosiddetta “finanza comportamentale”. Le teorie che sono alla base dell'economia e della finanza comportamentale prendono in considerazione, oltre ai nostri comportamenti razionali, anche gli impulsi psicologici che determinano le nostre scelte. Ma anche queste teorie ci spiegano solo perché può capitarci di prendere lucciole azionarie per lanterne obbligazionarie. Non prendono in considerazione le motivazioni che determinano le nostre scelte. Restano cioè sempre all'interno della supposta, esclusiva motivazione di realizzare un utile.
Personalmente mi sono trovato ad investire, per esempio, nelle azioni della STM, anche perché mi piaceva finanziare una impresa italiana ad alta tecnologia. Ho anche investito in fondi etici, con qualche perplessità perché ritengo che tutti i fondi dovrebbero essere “etici”, e non solo alcuni, dando per scontato che gli altri siano immorali.
Un'ultima osservazione sul pianificare, cioè sul controllare minuziosamente le proprie entrate e spese, compilando regolarmente un bilancio famigliare, come suggeriscono gli autori del libretto.
Personalmente ho una formazione economica e mi sono occupato professionalmente, per una vita, di pianificazione e di strategia.
Tuttavia non ho nessuna vocazione ragionieristica. E credo che il fatto che gran parte delle persone non registri puntualmente entrate e spese, non significa affatto che non abbiano un controllo complessivo del loro bilancio (anzi, forse ne hanno di più di chi cerca il pelo nell'uovo). Significa semplicemente che, nell'allocazione del proprio tempo, danno più importanza ad altre cose. E per le cose economiche preferiscono affidarsi ad esperti.
In conclusione, l'economia è una cosa importante per ciascuno di noi. Tener conto degli aspetti psicologici che ci fanno agire spesso “irrazionalmente” è anche importante. Ma ciascuno di noi ha anche un'anima. E gli operatori finanziari dovrebbero tenerne conto non solo trattando con i clienti, ma anche guardandosi dentro.

Giacomo Correale Santacroce


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  4 aprile 2009