prima pagina pagina precedente




La società multietnica e il piccolo presidente
8 . E' tempo di ricostruire
Umberto De Pace


Vestiti dai mille colori, pelli scure, dorate, ambrate, nere, olivastre, idiomi incomprensibili, odori diversi, profumi intensi. E' da tempo oramai, che vedo e sento tutto questo, ogni giorno: nel mio condominio, nel mio quartiere, nella mia città, nelle scuole che frequentano le miei figlie, nelle loro e nelle mie amicizie, nel mondo del lavoro.

colours

Per questo non capisco dove viva il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, quando dichiara che il nostro paese non sarà mai un paese multietnico. Può darsi, che monoetnica, sia la gabbia dorata, in cui vive, con la sua corte, ma il paese reale, in cui tutti noi viviamo sappiamo che è già in gran parte multietnico, e del tutto multiculturale.
La diversità etnica può essere una risorsa sociale, l'incontro fra culture, la loro contaminazione, il loro cambiamento e adattamento, possono essere opportunità di crescita e arricchimento. Dipende da noi. Sarebbe stupido negare altresì che la diversità etnica e culturale, possa portare con se anche conflitti. Lo vediamo, ad esempio, quando due culture sono talmente contrastanti e lontane, da stridere fra di loro. Così accade, fra la mia cultura e quella che sta dietro alle scelte che questo governo ha preso nel campo della sicurezza e dell'immigrazione o con quella di chi vorrebbe giustificare la sottomissione della donna con dettami religiosi o legati alla tradizione.
Certamente la ricchezza di lingue, colori, culture porta con se anche tensioni e conflitti, ma quale sarà mai la società priva di conflitti e tensioni? Dipende ancora una volta da noi, dalle politiche che mettiamo in campo, dalle aspettative e prospettive che ci diamo, dipende da quale tipo di società vogliamo costruire.
Comunque sia, la multiculturalità rimane un dato di fatto, mentre la multietnicità è nel nostro paese, un processo in corso, avviato da tempo, frutto della globalizzazione. Un mondo che dopo aver globalizzato la finanza, quindi il mercato e l'economia, dopo aver globalizzato le guerre, ora fatica ad accettare la globalizzazione delle genti. Ma la globalizzazione delle genti è un processo ineluttabile, che non va demonizzato, ma governato, perché il mondo sta cambiando e noi dobbiamo fare altrettanto, se vogliamo stare al passo con i tempi. Tempi che richiedono ad ognuno di noi – immigrato o nativo – di rivedere le proprie identità, etniche e culturali, per ridisegnarle alla luce di una nuova convivenza, nell'ambito di una nuova società che occorre costruire insieme.
E' questa la sfida dell'oggi e del domani, a cui non possiamo sottrarci, checché ne dica, il nostro piccolo presidente del Consiglio.

Umberto De Pace

E' tempo di ricostruire
GLI ARTICOLI PRECEDENTI
1. Libertà (aria), uguaglianza (acqua), fratellanza (terra)
2. Sull'intolleranza
3. La camorra infame e il ruolo dello Stato
4. Lo Stato di Cossiga
5. La zingara rapitrice
6. Omertà di Stato
7. Il clandestino gentiluomo


EVENTUALI COMMENTI
lettere@arengario.net
Commenti anonimi non saranno pubblicati


in su pagina precedente

  22 maggio 2009