Lettera aperta a Silvio Berlusconi
Da cavaliere a cavaliere
Don Chisciotte
Caro Silvio,
come potrai personalmente constatare in tutti questi anni non ti ho mai voluto disturbare, anch'io, al tuo pari, son cavaliere e so quante pene tocca sopportare nella gestione di un simil reame. Quando però ho saputo dalla tua dolce punzella che non stai bene e che andresti aiutato, ogni mio indugio ho lasciato. Non so di preciso cosa tu abbia, ma di certo so quanto tu sia distratto.
Prima ti iscrivi alla Piddue quale antidoto contro la solitudine; poi ti trovi in tasca una montagna di danari senza sapere da dove siano arrivati; e ancora, assumi mafiosi scambiandoli per stallieri, poi scambi stallieri per eroi, poi fondi partiti con concorrenti mafiosi e infine ti corichi a letto con una presunta spasimante che il mattino dopo ti presenta un conto strabiliante!
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Lè brut diventà vec, caro Silvio, guarda però che è ancor più brutto essere circondato da approfittatori, servi e lestofanti che invece di consigliarti, ne approfittano tutti quanti. Quindi ascolta un tuo pari, che di certo non vuole né adularti, né denigrarti. Torna dalla tua dolce Veronica e vai a farti curare, prima di imboccare una strada da cui più non riesci a tornare.
A proposito vorrei ricordarti le parole che un'altra grande donna rivolse al suo uomo, tuo predecessore e quanto te grande megalomane:
“… non bisogna attingere dalla menzogna la forza di lottare, tutti gli uomini non sono imbecilli [...] e chissà che un giorno tu pure non finisca lacerato più delle tue vittime.[...]. Va' là Duce che sei un povero uomo.”
Così Ilda Dalser scriveva al suo Benito in una delle sue tante lettere dal manicomio in cui lui l'aveva fatta rinchiudere. Forse della di lei fine non hai memoria ma della di lui son sicuro che ne conosci la storia; non fare lo stesso errore che fece Lui, Silvio, ascolta per tempo la tua donna!
Don Chisciotte
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18 ottobre 2009