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Nucleare: considerazioni per il no
Fabio Bergamaschi


Three Mile Island
Three Mile Island

Tutti siamo rimasti sconvolti dalla tragedia che ha colpito il Giappone e le terribili immagini della devastazione provocata dal terremoto e dal successivo maremoto si alternano con quelle minacciose delle centrali nucleari danneggiate nelle quali i processi in corso possono da un momento all'altro causare conseguenze difficilmente prevedibili. Ma non sono queste emozioni, non è la paura di quello che può ancora accadere laggiù che mi fanno dire “no al nucleare”. Sono considerazioni maturate prima del referendum del 1987 e che in tutti questi anni si sono per me fatte ancor più convincenti. Ritengo che la tecnologia nucleare sia lontana dal garantire la sicurezza per più di un motivo.
Intanto il “combustibile” radioattivo, anche esausto, mantiene elevati livelli di pericolosità per millenni e presenta problemi irrisolti di trasporto e stoccaggio mentre i processi che possono condurre ad un suo riutilizzo, almeno parziale, sono complessi e costosi, gestibili solo in speciali impianti presenti in poche nazioni. Inoltre la presenza di materiale radioattivo comporta sempre il rischio di traffici illegali, la possibilità di un suo trafugamento e del suo utilizzo per scopi terroristici. In caso di incidente poi, anche di gravità ben inferiore a quella di Fukushima e di Chernobyl, i rischi di contaminazione sono elevati: spegnere un reattore nucleare è più complesso che spegnere una centrale idroelettrica o una centrale a carbone ed in caso di guasti anche minimi si deve normalmente accettare la fuoriuscita di materiale radioattivo. Va tenuto presente che la contaminazione radioattiva è sempre presente nell'intorno delle centrali, anche in condizioni di normale funzionamento, sia pure a bassi livelli, entra nel ciclo biologico, si accumula negli organismi dei soggetti esposti senza causare effetti immediatamente visibili ma che possono manifestarsi nel corso degli anni.
Per motivi economici inoltre, è possibile che le procedure di sicurezza vengano in parte disattese e che le operazioni di manutenzione possano essere trascurate (come accaduto anche nel tecnologicamente avanzato Giappone): questo aumenta il rischio di incidenti che, per la natura stessa dell'energia nucleare, sono più pericolosi che per altri generatori di energia. Che qualche rischio in più ci sia è anche evidente alla luce della “riservatezza” che circonda di solito gli impianti nucleari e della sorveglianza “militare” di tali zone. D'altra parte è assodato che il nucleare iraniano (civile e no) fa paura agli occidentali, è un fatto che Israele minacci di tanto in tanto di colpire i siti nucleari in Iran e che gli Israeliani si preoccupino a loro volta che gli Iraniani non sviluppino armi con portata sufficiente a colpire i loro impianti, ed infine è evidente che, in caso di conflitto, fra i primi obiettivi, per chiunque, ci sarebbero proprio tali siti. Circa il discorso economico il nostro Governo intende spendere milioni per comprare all'estero tecnologia superata, spendere milioni per costruire centrali che entreranno in funzione tra anni, già vecchie, spendere ulteriore denaro per convincere gli Enti Locali ad accettare tali centrali sul proprio territorio e per affrontare le proteste che sicuramente tale imposizione causerebbe. Denaro che il Governo potrebbe impiegare nel campo delle energie rinnovabili per finanziare la ricerca tecnologica e la sperimentazione, attualmente pesantemente trascurate, e per dare un'ulteriore impulso allo sfruttamento dell'energia eolica e solare che rappresentano le forme di energia “pulita” al momento più agevolmente sfruttabili.
La Germania, paese con esposizione solare molto inferiore alla nostra, ha a suo tempo investito in questo settore ed ora non solo vanta una grande importanza, in continua crescita, del contributo delle energie rinnovabili al bilancio energetico nazionale, ma presenta alcune realtà leader, ad esempio, nella produzione e commercializzazione di pannelli fotovoltaici con evidenti ricadute positive in termini economici ed occupazionali.
Temo che in Italia i “grandi benefici economici” del programma nucleare perseguito dal nostro Governo, come per tutte le “grandi opere” e le “grandi calamità naturali”, siano riservati ai soliti pochi noti. 1.000, 10.000, 100.000 piccoli impianti diffusi sul territorio offrono invece, tutti insieme, un importante contributo a livello nazionale ed un piccolo contributo a chi quell'impianto utilizza direttamente senza contare che un'Italia libera dal nucleare si avvicina di più a quell'idea di paese ricco non solo di storia e cultura ma anche di rare bellezze naturali che tanto turismo potrebbe attirare se fosse sostenuta da politiche adeguate.
Vi è poi un'ultima questione che forse è la più importante. L'educazione al risparmio energetico e più in generale ad utilizzare con il massimo rispetto le risorse che il nostro pianeta ci mette a disposizione, rimanendo in sintonia con l'ambiente nel quale viviamo, è uno degli strumenti fondamentali che ci permetterà di affrontare il tema energia in futuro. Credo che la scuola possa guidare le nuove generazioni ad uno stile di vita meno consumistico, più consapevole e più solidale e spero che vengano stanziate le risorse necessarie perché le nostre scuole, quelle pubbliche in particolare, possano svolgere il loro compito, perché le nostre università possano preparare tecnici in grado di proporre soluzioni innovative e sicure e possano consentire ai ricercatori di lavorare al loro interno.
Per chiudere formulo a tutti un invito: partecipiamo insieme al referendum sull'energia nucleare, anche se non abbiamo aperto alcun libro di fisica nucleare e comunque la pensiamo. Le scelte energetiche sono un argomento troppo importante e presenta molteplici aspetti che toccano ciascuno di noi tanto da vicino, che non è possibile lasciarle in mano a qualche politico professionista o a qualche tecnocrate che ritiene di poter decidere per conto di tutti sulla base di ciò che conosce o ritiene di conoscere.

Fabio Bergamaschi


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  22 marzo 2011