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La guerra è finita
Franco Isman


il linciaggio di Gheddafi il linciaggio di Gheddafi il linciaggio di Gheddafi
il linciaggio di Gheddafi

Il “gruppo dei volonterosi” della NATO, ma quale strana assonanza, ha dichiarato conclusa la campagna di Libia. I “nostri” aerei, già perché ci siamo anche noi, non bombardano più e si limiteranno a pattugliare i cieli della Libia, mica che spunti nel deserto qualche figlio o qualche amazzone superstiti.
"E' un momento storico… a mezzanotte metteremo fine alle operazioni per proteggere il popolo libico (26.000 raid aerei, 150 al giorno), chiudendo una delle missioni Nato di maggior successo", ha scritto ieri il segretario generale della NATO Rasmussen.
Da parte mia ho tolto dai balconi le bandiere della pace, sbiadite dopo sette mesi di guerra, e credo che per il futuro l'esibizione delle frecce tricolori mi darà molto fastidio.

Guerra conclusa con il risultato cercato fin dall'inizio, l'uccisione di Gheddafi, con il bombardamento del convoglio del dittatore in fuga ed il suo linciaggio da parte degli insorti. E, se non siamo ipocriti, meglio così per lui e per tutti piuttosto che un processo, certamente non ingiustificato, ma dal risultato predestinato, con l'impiccagione finale come per Saddam.

E adesso?
La rivoluzione, all'aspetto di ribellione alla dittatura, ha sommato certamente, e forse in modo preponderante, quello di una guerra civile fra le tribù della Cirenaica, che ha per capitale Bengasi, e quelle della Tripolitania cui apparteneva Gheddafi, storicamente separate. Ma l'egemonia di Tripoli continua: capo del governo provvisorio è stato fino a pochi giorni fa Mahmoud Jibril, già esponente del regime di Gheddafi, nato in Tripolitania, e il nuovo premier del governo provvisorio è l'uomo d'affari Abdul al-Raheem al-Qeeb, nato a Tripoli.
Human Rights Watch teme vendette tra fazioni finora contrapposte con rappresaglie e inevitabili spargimenti di sangue. Lotte intestine e violenze tribali, afferma l'organizzazione umanitaria internazionale, rischiano di trascinare il Paese nel caos e di minare l'autorità dei nuovi leader.

Le elezioni sono previste fra otto mesi e nel frattempo si preparerà la nuova Costituzione. Per intanto, prima di dimettersi, Jibril aveva dichiarato che "la nuova Libia sarà fondata sulla Sharia", la legge basata sul Corano che, secondo gli ulema, stabilirebbe la pena di morte in caso di omicidio ingiusto di un musulmano, adulterio, bestemmia contro Allah e apostasia, ma che viene invocata regolarmente in stati come l'Iran, la Nigeria o l'Arabia Saudita anche per l'omosessualità. E ci sono pochi dubbi sul fatto che le future elezioni saranno vinte da un partito integralista islamico.

E il petrolio, e il gas, che sono il vero motivo della guerra scatenata in primo luogo dalla Francia ?
“L'intervento in Libia è per la Francia un investimento per il futuro” ha affermato con spavalda sincerità il 28 agosto Alain Juppé ministro degli Esteri francese (il Sole24Ore).
Come del resto è stato per Bush l'attacco all'Irak.
Francia, Inghilterra e anche gli Stati Uniti hanno acquisito meriti appoggiando fin dal primo momento gli insorti con le incursioni aeree ma anche con azioni nascoste di commandos e di mercenari. L'Italia si è aggregata in ritardo e con poco entusiasmo, tradendo un'alleanza firmata e ratificata dal Parlamento, ed è quindi poco amata dagli ex rivoltosi. D'altra parte l'Eni è massicciamente presente in Libia ed ha realizzato “Greenstream”, il gasdotto che collega Mellitah (85 chilometri a ovest di Tripoli) a Gela raggiungendo la profondità di 1127 metri e sarà quindi difficile da “far fuori”.

Inshallah, sarà quel che Iddio vorrà, è proprio il caso di dirlo.

Franco Isman


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  1 novembre 2011