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Berlusfascio
Giacomo Correale Santacroce


Forse è una mia fantasia, ma continuo a rimuginare su una certa analogia tra gli ultimi anni di Mussolini e quelli di Berlusconi (sugli anni precedenti le differenze sono notevoli: Mussolini potrebbe forse rientrare tra i personaggi dell'Inferno di Dante, Berlusconi sarebbe collocato nell'Antinferno con quelli “che visser sanza infamia e sanza lodo”).


Dunque: Mussolini, che per decenni aveva esaltato la potenza dell'Italia, drammaticamente smentito alla prova della guerra, fu destituito dal Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio 1943. Fu imprigionato dal Re nella caserma del Gran Sasso. Di qui fu liberato dai tedeschi, con un solo scopo: metterlo a capo di un governo fantoccio, la Repubblica Sociale Italiana, che senza Mussolini sarebbe stato molto meno presentabile. Il Mussolini della RSI era un altro uomo, come appare dalle immagini del tempo: quanto era prestante e carismatico nei tempi felici, altrettanto era brutto, scavato nelle guance, malmesso nei tempi bui. Senza la prolungata sopravvivenza di Mussolini a capo della RSI, forse la guerra partigiana si sarebbe rivolta solo contro l'oppressore straniero, e non avrebbe assunto anche aspetti di guerra civile.
La fine strisciante di Mussolini, durata quasi due anni (dal 25 luglio 1943 al 25 aprile 1945) e conclusasi tragicamente, ha causato distruzioni, lutti, mortificazioni per il nostro Paese.


Ed ora, si parva licet, veniamo a Berlusconi. Berlusconi, che per anni ha sbandierato sui suoi media, nonostante l'evidente declino del Paese, che tutto andava per il meglio, si dimette il 12 novembre 2011, a diciassette anni dalla sua “scesa in campo” politica. Non chiede la fiducia del Parlamento perché sa di non avere più la maggioranza e di avere sparato le ultime cartucce nel mercato dei voti.
Ma non si ritira dalla politica: ha ancora un numero consistente di voti in Parlamento, ed è sostenuto dalle numerose lobby che difendono “pugnal tra i denti” i propri privilegi in una Italia ancora dominata da monopoli e corporazioni. Ritiene di avere ancora quel pugnale, puntato sul nuovo governo, dalla parte del manico.
E' diventato brutto. Non che sia stato mai bello e prestante, ma faceva carte false per apparirlo. Ma ora, il ghigno cattivo che stravolgeva ogni tanto, con una inversione ad u, il largo riso pubblicitario, è diventato l'espressione permanente.
C'è un solo problema: che il Paese, al termine della sua dittatura imperfetta (per usare una espressione analoga a quella che egli ha usato sul Fascismo, secondo lui “una democrazia minore”) è economicamente sul baratro, oltre che moralmente prostrato. Far cadere il governo Monti significa far cadere il Paese in un marasma politico, economico disastroso non solo per l'Italia, ma per l'Europa e non solo.
Ma non di meno Berlusconi tiene il governo “salva Italia” sul ciglio del baratro, depotenziandone l'azione e la fiducia, rendendo sempre possibile la frana. Forse addirittura valutando se, nel caso che tutto franasse, non sarebbe ancora meglio per lui e per il sistema di privilegi e di prepotenza di cui è portabandiera.
Purtroppo tra i suoi oppositori c'è chi, irresponsabilmente, contribuisce all'esito letale.
La fine strisciante di Mussolini, durata quasi due anni (dal 25 luglio 1943 al 25 aprile 1945) e conclusasi tragicamente, ha causato distruzioni, lutti, mortificazioni per il nostro Paese.
La storia non si ripete mai uguale. Ma a volte si ripete, anche se diseguale.

Giacomo Correale Santacroce


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  20 dicembre 2011