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Politica, antipolitica e democrazia
11 . E' tempo di ricostruire
Umberto De Pace
democrazia
L'avvento del governo dei tecnici ha sancito la fine di un epoca che definirei volgare, intercorsa tra la fine della prima Repubblica, travolta da Tangentopoli, e la fine dell'ultimo governo Berlusconi il cui lascito di macerie morali e materiali ci accompagnerà ancora a lungo nel tempo. I tecnici stanno facendo, nel bene e nel male, il loro mestiere, tecnico appunto, dove il corsivo sottintende l'ambiguità del termine visto il loro essere in gran parte espressione – culturale, sociale e professionale – di quel mondo bancario e finanziario al centro della grande crisi che oramai dal 2009 ci attanaglia. Aggiungo solo che la benevolenza nei loro confronti, dovuta allo stile, all'educazione e al sollievo indotto dall'essere usciti dalle sabbie mobili del berlusconismo, non poteva di certo durare in eterno.

Ma non è questo il punto, quanto il fatto che i tecnici sono al governo quale surrogato di una classe politica che ha fallito nel suo compito. Come uscire da questa situazione? A mio modo di vedere c'è un un'unica ultima possibilità che resta a questa classe politica prima di dimettersi dalla sua carica: restituirci la nostra democrazia attraverso quello strumento fondamentale che è la legge elettorale, svilito e distorto ad uso e consumo dei partiti. Lo so che è un compito immane per un Parlamento occupato per lo più illegittimamente da persone non all'altezza del loro compito, giusto per usare un eufemismo, e di certo la legge porcata che ha permesso di eleggerle non li legittima in alcun modo ma li scredita definitivamente. Non abbiamo però altra scelta, la speranza è che quelle persone degne sedute in Parlamento, poche o tante che siano, percepiscano la gravità della situazione e permettano al paese di compiere i primi passi verso una nuova epoca in cui la democrazia non sia più dimezzata, la politica non sia surrogata e i tecnici tornino a fare il loro mestiere.

Purtroppo i tentativi fino ad oggi fatti dalla classe politica di porre rimedio alle continue falle nel sistema da essa stessa costruito a suo uso e consumo, oltre ad essere adottati sempre il giorno dopo, sembrano sempre più goffi, inadeguati e non più tollerabili. Emblematica in tal senso la vicenda del finanziamento pubblico ai partiti. La misura è colma al punto che è auspicabile che questa classe politica, oltre alla legge elettorale, non tocchi nessun altro cardine fondamentale del nostro Stato – cosa che invece ha già fatto ad esempio sulla controversa questione del pareggio di bilancio inserito nella Costituzione – e si concentri piuttosto con umiltà e attenzione ad elaborare proposte e programmi di governo che, nelle prossime elezioni permettano ad ognuno di noi di trovare una o più ragioni per andare a votare con convinzione, fiducia e speranza.

I nostri nonni e genitori hanno saputo ricostruire il paese dalle macerie di due guerre mondiali, non ho dubbi che noi sapremo ricostruirlo dalle macerie lasciateci da questa classe politica e dalla grande crisi economica mondiale in corso, ma il tempo è scaduto, la nostra pazienza altrettanto. Sempre più cose non sono tollerabili: il divario tra la ricchezza e povertà esistente e in particolare tra chi governa o amministra la cosa pubblica e i cittadini; i privilegi della casta; i tecnici o politici che si occupano della riforma delle pensioni con decine di migliaia di euro di pensione mensile; le interminabili guerre ideologiche contro l'articolo 18 mentre le forze sane e produttive del paese soccombono sotto la scure sciagurata del patto di stabilità e i lavoratori vengono licenziati a migliaia; un'agenda politica scandita dagli umori finanziari dei mercati e non dalle esigenze e aspettative dei cittadini; illudere di allargare i diritti ai giovani precari sottraendoli ai lavoratori garantiti; cittadini che si tolgono la vita per la perdita di un lavoro o l'impossibilità di proseguire la propria attività imprenditoriale e tante, troppe cose ancora.

L'antipolitica? Non è il Movimento a 5 stelle o l'astensione massiccia alle ultime elezioni, antipolitica è stata in tutti questi anni l'operato di buona parte della classe politica barricata all'interno delle istituzioni e concentrata a governare i propri interessi, sempre più lontana dal paese reale. Demagogia, populismo, estremismo – per non citare ben più funesti scenari possibili – sono ancora una volta il frutto, marcio, generato da questa classe politica. E' vero, le responsabilità non sono per tutti uguali ma nell'attuale crisi di credibilità tutti i partiti sono coinvolti, nessuno escluso, e nessuno di essi fino ad oggi è riuscito a dare messaggi chiari e convincenti di un cambio di rotta assumendosi per una volta le proprie responsabilità di fronte al paese.

Occorre un grande cambiamento innanzitutto culturale, di idee, progetti, programmi, dove non manchi la capacità di guardare al futuro con lungimiranza ma anche con fantasia e creatività. Il tempo è scaduto, una buona riforma elettorale che restituisca al paese una democrazia sostanziale e non più solo formale sarebbe un buon viatico per lasciarci alle spalle l'epoca volgare e intraprendere un nuovo cammino di fiducia e speranza guardando al domani.

Umberto De Pace

E' tempo di ricostruire
GLI ARTICOLI PRECEDENTI
  1. Libertà (aria), uguaglianza (acqua), fratellanza (terra)
  2. Sull'intolleranza
  3. La camorra infame e il ruolo dello Stato
  4. Lo Stato di Cossiga
  5. La zingara rapitrice
  6. Omertà di Stato
  7. Il clandestino gentiluomo
  8. La società multietnica e il piccolo presidente
  9. Lettera aperta a Valentino Parlato
10. In morte di un dittatore
11. Buonsenso e responsabilità


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  17 maggio 2012