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Provincie e provincialismo
Alberto Battaglia


la revisione delle province

Consentitemi di essere franco e diretto su di un tema che è si delicato ma che proprio per le implicazioni che ha in se forse è necessario saperlo affrontare con uno sguardo da “esterno”.
Vivo in questa provincia da 18 anni e non ne conosco le sfumature, né le sue articolazioni e magari questo è per molti un possibile limite perché è un limite di conoscenza, oppure potrebbe essere una vantaggio perché quasi da esterno posso esprimere un parre avulso da vincoli e interessi di parte.
Premetto questo perché alla base di tutto sono convinto che, se di ridefinizione delle provincie si deve parlare, il loro nuovo disegno dovrebbe essere fatto proprio da chi non ha diretti interessi (magari urbanisti, demografi ecc, e non “politici”)
Nello Stato sabaudo preunitario l'ordinamento provinciale era stato definito dal Regio Decreto 3702 del 23 ottobre 1859 (il cosiddetto Decreto Rattazzi) che, sul modello francese, aveva stabilito l'organizzazione del territorio in Province, Circondari, Mandamenti e Comuni. La provincia nasceva così come Ente locale dotato di propria rappresentanza elettiva e di un'amministrazione autonoma: un collegio deliberante (il Consiglio Provinciale) e un organo esecutivo - amministrativo (la Deputazione Provinciale) presieduta dal Governatore, poi il Prefetto, di nomina regia: parliamo cioè di una entità geografica costruita oltre 150 anni fa e vorrei pensare che quel modello con le sue caratteristiche geografiche, politiche, economiche, socio-demografiche sia cambiato in un secolo e mezzo.
Che vi siano state modifiche nel corso del tempo è vero anche se quasi tutte modifiche in relazione alle modalità di rappresentanza ed in taluni casi al cambiamento nominale o alla creazione di nuove realtà territoriali.
In sostanza la variazione numerica delle provincie è passata dalle 59 del 1861 alle 110 del 2004 in un area territoriale sostanzialmente immutata.
Consentitemi ad integrazione un ulteriore riflessione ed un parallelismo che può sembrare assurdo ma che tale non penso sia: la Lombardia e Londra.

Grande Londra: area 2584 km2, popolazione 12 milioni, 32 quartieri.
Lombardia: area 9206 km2, popolazione 9.982.000, 12 provincie, 1547 comuni .












la Grande Londra
la Lombardia

Sotto il profilo demografico con i suoi quasi dieci milioni di residenti (9.992.548 al 31 dicembre 2011) la Lombardia è la regione più popolosa d'Italia, e tra le prime in Europa; di poco superiore alla popolazione dell'Austria e doppia rispetto alla Norvegia, è molto vicina a quella delle grandi regioni europee della Renania Settentrionale-Vestfalia, Baviera, Île de France e Baden-Württemberg, che superano di poco i 12 milioni di abitanti. I lombardi costituiscono il 16,36% della popolazione nazionale e vivono sul 7,9% del territorio italiano, dando origine a una densità demografica di 415,93 abitanti/km² (rispetto ai 201,24 abitanti/km² della media italiana), seconda solo a quella della Campania. La provincia più popolata è quella di Milano, seguita di Brescia e Bergamo, mentre la meno abitata è la provincia di Sondrio. La popolazione maschile (4.847.807) costituisce circa il 48,85% della popolazione regionale; quella femminile (5.076.640 ab) il 51,15%.
Una grande “conurbazione” può essere gestita in linea di continuità da un ente amministrativo e politico unico e con una suddivisione in “quartieri” che ne sono le sottounità. Una serie di politiche di gestione del territorio vengono quindi realizzate in termini di centralizzazione proprio per far fronte alla mobilità dei cittadine (la rete di trasporti londinesi è una delle più avanzate ed estese del mondo) e fuori dagli interessi lobbistici delle singole categorie. In Lombardia basta che i commercianti di Monza si oppongano e la linea metropolitana si ferma a Sesto San Giovanni con ciò che ne consegue.
Dal punto di vista urbanistico una semplice osservazione dal cielo dimostra la linea di continuità da Milano a Varese, Como, Bergamo degli insediamenti urbanistici, industriali e commerciali senza alcuna interruzione e cancella ogni possibile distinzione tra area territoriale di un paese e di un altro. Chi saprebbe distinguere qual è la linea di demarcazione tra Paderno Dugnano, Limbiate, Bovisio, Cesano Maderno tanto per fare un esempio?
Ciò che appare sempre più vecchio sono le geografie a cui facciamo culturalmente riferimento.
Forse dovremmo avere il coraggio di riaffrontare la questione di eventuali confini territoriali alla luce degli insediamenti moderni e non alla luce di confini geo-politici basati su vecchie ed obsolete consuetudini.
Personalmente penso ci siano più affinità tra le zone rivierasche del lago di Como, Lecco e Varese di quante non ce ne siano tra le Prealpi e le zone industriali e commerciali di Osnago o Merate.
Per inciso sulla sponda “piemontese-novarese del lago Maggiore si parla per esempio un dialetto lombardo orientale (con questo nessuna richiesta di aggregazione in tal senso.)
Uscire (finalmente) dall'italico campanilismo significa fare un atto di coraggio e ragionare se possibile fuori dallo schema di una presunta rappresentanza dei cittadini, ma ricostruendo la base della stessa a partire da una nuova moderna valutazione dei bisogni che si vorrebbero o dovrebbero soddisfare, sapendo che accorpare comuni, ridare omogeneità alle aree territoriali e ad una loro compattezza socio-economica, così come saper accettare la centralizzazione di alcuni problemi (vedi la questione trasporti in generale) sono i presupposti per rimodellare una identità coesa di “italianità”.

Alberto Battaglia


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Alfredo Viganò
September 11, 2012 2:57 PM

Province “obese” e Città Metropolitane “nane”.

Avevo mandato una lettera al Cittadino che è stata pubblicata in parte data la lunghezza e tolti i dati. Una parte ridotta era anche in Arengario. La aggiungo alle considerazioni di Battaglia sperando siano utili a capire .

Le Province, gli Enti intermedi e Autority. A cosa servono Province “Obese” e Aree metropolitane “nane”? Non è possibile discuterne fuori dai luoghi comuni, negli interessi del territorio e della qualità di gestione dei Servizi ?
Confesso che ho trovato stucchevoli molti luoghi comuni sulla questione posta dalla “riduzione” delle Province e incomprensibile la insufficienza, anche da parte del Governo tecnico, di affrontare la questione nel merito della Riforma dei livelli di Governo locale, per la spesa, ma cosa non certo secondaria, ai fini del funzionamento della Amministrazione nell'erogare i servizi di varia natura sociale ed economica  e di tutela ambientale delle risorse del Territorio.
Confesso anche che ho trovato debole il dibattito e confronto politico - amministrativo, anche da noi, sul tema di nuova definizione territoriale delle Province. Non tanto per la difesa di uno status quo sovente indifendibile, ma per la necessità di definire un quadro credibile delle competenze ai vari livelli di governo locale, si tratti di Ente intermedio o Autority. Non è passato molto tempo da quando la questione di Monza e Brianza sembrava al centro degli interessi politici di più parti. Mi sembra sia stata poco presente una domanda chiave: quale assetto è funzionale alle necessità della gestione di servizi a scala sovracomunale negli interessi dei cittadini, per non dire delle realtà sociali, economiche, di formazione e istruzione, culturali, di servizi tecnologici e di rete, di salute, della stessa viabilità, mobilità  e parchi, solo per fare alcuni esempi? 
Pure la letteratura “tecnica” e politica si è sviluppata notevolmente negli ultimi decenni, ma sembra che il passato, il ricorso a studi disciplinari, a confronti con altre realtà europee non conti.
Un tempo si parlava di “ingegneria e architettura istituzionale” . Oggi solo acriticamente di riduzione della spesa, come se fare Aree metropolitane più o meno inutili e “nane” e super Province “deformi e obese” in rapporto ai servizi da erogare e ai caratteri del territorio sia un risparmio. C'è il dubbio che comporti disfunzioni e isolamento dalla necessaria partecipazione e trasparenza. Infatti ora resta quasi intoccato il rapporto tra Regioni e Enti locali.
Sembra che sia poca la capacità di valutare aspetti disomogenei e geografici del nostro Paese. Pure non sono mancati studi ed esempi nazionali e internazionali di analisi del problema, anche a livello ministeriale, regionale, provinciale e locale, ma anche europeo. Una ricca documentazione che non esplicito di dati, pubblicazioni e convegni anche mirata per la Lombardia. Il nodo infatti non è quello della territorialità grande o piccola, ma quello degli aspetti di geografia e architettura istituzionale che lo compongono,  e della modalità di erogare servizi di qualità dentro un quadro economico e di certezza dei diritti dei cittadini. Servizi che devono raggiungere ( per economia e qualità) quote di popolazione rapportate alla stessa natura dei servizi. Struttura delle competenze da noi sovente confusa e sovrapposta nella miriade di Enti e Società a partecipazione pubblica o “inhouse”.
Il nostro paese è lungo quanto il resto d'Europa e va da isole ad un passo dall'Africa alla catena montuosa delle Alpi quasi centrale nel Continente. Vi sono Regioni di poche centinaia di miglia di abitanti e altre di dimensioni ( in abitanti e in territorio) di un medio Stato Europeo. Alcune Province ( in particolare Milano, prima della istituzione di quella di Monza) sono anch'esse di dimensioni paragonabili a quelle di uno Stato.
Ebbi modo, anni fa di raccogliere in una trentina di pagine un po' di storia di geografia urbana, idee e dati in una pubblicazione  inerente il problema della Provincia di Monza. Si analizzava la situazione europea, oltre che italiana e lombarda. Si poteva detrarre che in altri Paesi vi sono istituzioni intermedie anche numerose e piccole, nuove o sedimentate dalla storia, la cui funzione è essenziale per la trasparenza, partecipazione e qualità di erogazione dei servizi alla popolazione e per la tutela e economia del territorio. Vi sono anche grandi Autority connesse al tipo di servizio, al lo specifico “bacino” funzionale, come ad esempio quello delle risorse idriche e dei trasporti. Razionalità, logica e finalità democratica, vorrebbero che il livello di Governo o gestione locale fosse omogeneo o adeguato ai caratteri del Servizio da gestire o erogare e ovviamente anche alla scala della sua economicità.
Le Aree metropolitane in Europa ( o per analogia ritenute tali), come si è detto, spesso sono più grandi o equivalenti alle nostre maggiori Regioni, in Inghilterra, in Germania, in Francia. L'  “Area della Regione Lombardia” è omogenea ( si presume terza in Europa), per dimensione demografica e territoriale, con le altre grandi Aree metropolitane, non certo la Provincia di Milano o giù di li. La Lombardia è una Regione Metropolitana polifunzionale e non accentrata. Le stesse definizioni regionali, in vari strumenti ( compreso il Piano Territoriale), esprimono chiaramente questo concetto. L'Area metropolitana di Parigi ( “ l'Ile de France “ ) coi suoi 11 milioni di abitanti circa ( 2,2 Parigi), organizzata territorialmente in Dipartimenti, Arrondissemant, Cantoni e ben 1281 Comuni è un esempio di riferimento.  Come curiosità, avevo mostrato “l'inganno” di una pubblicazione del PIM che pur di dimostrare ( quasi un imperativo politico) Provincia di Milano = Grande Area metropolitana, aveva mostrato mappe territoriali a scala diversa come fossero omogenee per dimensioni, mentre le grandi aree Europee a carattere metropolitano o sono Regioni con una grande Città ( come Londra e Parigi) o un territorio con più  Città che fanno rete ( come in Germania), ma sempre di dimensioni territoriali grandi quanto le nostre maggiori Regioni e non certo come L'Umbria o delle singole Città e Hinterland relativo come proposto a Milano. Molto spesso, come sopra segnalavo, con una rete diffusa di istituzioni o autorità locali molto legate al carattere del territorio e alla sua storia.
Oltre alla già citata Regione parigina, si veda anche la realtà di molte Aree tedesche con “Agglomerati “ ( Agglomerationsraume) e Circoscrizioni ( il tutto a meno di modifiche recentissime e che non ho presenti), per non citare la particolarità della realtà Svizzera, con minor abitanti della Lombardia e con decentramento a titolo legislativo nei 26 Cantoni che sono veri e propri Stati). La Lombardia si diceva, con 9.350.000 abitanti è paragonabile e segue la Regione di Londra con 14.000.000 e quella di Parigi con 11.633.800. Poi distanziati le Regioni di Roma, Francoforte, Madrid,  Napoli, Berlino ( tutte tra i i cinque e 6 milioni di abitanti). Poi ancora a scalare altre come Barcellona, Monaco, Lione, etc).
Sono andato a riprendere, per altri contenuti,  quanto avevo scritto e resto abbastanza convinto che il problema non è la dimensione di Enti intermedi tra Regione e Comuni, ma il rapporto di “competenze” Stato-Regioni- Enti locali intermedi e Comuni, sia per la spesa che la funzionalità dei servizi e diritti dei Cittadini e partecipazione. Cittadini che troppo spesso, in queste decisioni ,vengono trattati come oggetti e non come soggetti. Sono anche convinto che la”particolarità italiana necessiti di una articolazione intelligente delle differenze, non una omogeneità forzata ed acritica.
Ritengo ancora in particolare che le Aree metropolitane “nane” rischiano di costituire solo un problema, non certo una semplificazione, dato che la dimensione più corretta, ad esempio per la Lombardia è quella di ritenere che la Regione stessa sia “metropolitana” e che sono necessari Enti o Autority intermedie nel rapporto con le competenze comunali e di partecipazione alla vita democratica, economica e amministrativa di un territorio ( la compresenza di diverse competenze e poteri tra Enti Locali e in particolare tra Città Metropolitana nana e Province obese appare irragionevole). Da noi la confusione era qualche anno fa arrivata a tal punto che il Presidente della Provincia di Milano fece la strabiliante e confusa proposta di fare della Provincia una Regione nella Regione!
Avevo anche partecipato alla stagione di rinnovamento istituzionale con l'insediamento delle Regioni e alla proposta di allora ( anni '70) di chiudere le Province e organizzare la rete degli Enti Intermedi ( Comprensori, mi pare circa 32) su cui la regione negli anni settanta legiferò, ma non ne fece nulla spaventandosi per la minaccia di un Referendum e per la complicazione legislativa della abolizione delle Province stesse.
Spero che la decisione del Governo che è stata “precipitata” sui territori serva alla riduzione della spesa  ( su cui ho dubbi dato lo stato del personale e la moltiplicazione probabile delle sedi distaccate), ma anche per rimettere in gioco competenze ai vari livelli istituzionali tra Regione, Enti o autorità intermedie e Comuni. Infatti a nessuno può sfuggire che  Province “obese”, come la ventilata unione Monza-Lecco-Como,  è un artificio politico di sopravvivenza senza natura di finalità rivolte alla organizzazione di servizi di qualità alla cittadinanza ed “estranea” a fabbisogni mirati alla persona, al territorio o alla dimensione funzionale dei Servizi. La formazione di un'area metropolitana, in questo caso “nana”, in un a regione policentrica comporta un difficile rapporto di ruoli e competenze con la Regione, con conseguenti disservizi e distribuzione iniqua di poteri non equivalenti nel territorio di fronte a problemi e fabbisogni del tutto omogenei. Disservizi , squilibri e contenziosi di cui pagheremmo le spese. Non vorrei quindi che la “politica” , quella meno pregiata, si mettesse a lavorare alla difesa di se stessa.
E' una speranza flebile? Forse,  dato che la remissività del quadro politico ( ma anche di associazioni e mondo sociale e culturale)  non lascia sperare troppo su una ripresa di dibattito per il tema di riorganizzazione degli Enti intermedi, Autority e delle stesse competenze dei Comuni. Vale sempre la pena di insistere dato che questo Tema è determinate per la qualità di Amministrare il nostro territorio, razionalizzare la spesa e dare servizi adeguati nella terza Regione Metropolitana d'Europa. Determinate quindi anche per la razionalizzazione, trasformazione  e ripresa economica della nostra economia che è parte non indifferente dell'intero Paese.
Tra le Cartoline della mia raccolta ne ho una del 1901 dal titolo: Il Circondario di Monza. Guardarla mi fa un poco di malinconia.

Alfredo Viganò



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  9 settembre 2012