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Il governo e la Costituzione
Franco Isman

art.138

Questo “Gubernum horrendum” , fortemente voluto da alcuni e reso possibile dagli errori e dalla pervicacia di altri, aldilà della collaborazione con Berlusconi, che anche soltanto la decenza avrebbe dovuto far escludere, è un governo con una forte connotazione di destra. Il PD infatti è per definizione di centrosinistra, ha cioè un'anima di sinistra ed una di centro, Scelta Civica è liberale e gli uomini del PDL, che non è un partito ma la guardia personale di Berlusconi, sono certamente di destra, più o meno spinta.

Questo governo, considerate le tragiche condizioni dell'economia italiana, in campo internazionale sta facendo quello che può, tanto che si può sostenere che non avrebbe dovuto nascere ma che, a questo punto, sarebbe gravissimo se morisse.
Il primo compito avrebbe dovuto essere il cambiamento della legge elettorale, anzi questo era uno dei paraventi posti a giustificare la sua nascita, ma era prevedibile, previsto e confermato dai fatti, che Berlusconi non lo voleva e quindi non se ne è fatto niente.
Quanto alle riforme costituzionali, in parte opportune, avrebbero dovuto limitarsi a quelle condivise da tutti o quasi: l'abolizione delle Province, il taglio del numero dei parlamentari e il Senato federale senza più il bicameralismo perfetto, “che non esiste in nessun Paese europeo (e del mondo)” scrive Eugenio Scalfari.
Invece Berlusconi vuole cacciarci dentro addirittura la modifica in senso presidenziale della nostra Repubblica, già ampiamente praticata, tradendo lettera e spirito della Costituzione in vigore, dal nostro attuale Presidente.

Ingroia, con Vendola e Grillo, parla di soppressione dell'articolo 138 e di conseguenza di vero e proprio golpe costituzionale. Ma non pare che esista nulla di tutto questo. Nel progetto di legge l'articolo 138 è scrupolosamente rispettato e c'è addirittura un'estensione del referendum confermativo anche alle riforme che avessero ottenuto alle Camere la maggioranza qualificata che esclude l'obbligo referendario. Un rafforzamento e non l'abolizione del 138.

In realtà, come scritto innumerevoli volte, l'articolo 138 era stato tarato dai padri costituenti a garanzia che le riforme costituzionali fossero volute e decise dalla maggioranza degli elettori ed era perfettamente efficiente con il sistema elettorale proporzionale. Nel momento in cui si è passati ad un sistema maggioritario, il mattarellum prima ed il porcellum adesso, sarebbe stato indispensabile un ripensamento in senso restrittivo anche delle maggioranze necessarie per approvare le riforme. Nelle condizioni attuali infatti le modifiche costituzionali sono in balia di una maggioranza parlamentare che può essere molto differente da quella degli elettori. E l'identica cosa avviene per l'elezione del Capo dello Stato regolamentata dall'art. 83 della Costituzione secondo il quale “dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta”. Ma di questo nessuno nemmeno parla.

Se si volesse modificare l'articolo 138, cosa peraltro lecita, non rispettando tempi e maggioranze sancite, sarebbe davvero un golpe e ad esso si dovrebbe reagire con ogni mezzo, ma così fortunatamente non è e quindi le parole di Ingroia sono del tutto ingiustificate ed atte a ingenerare allarme e confusione.
Si critica molto l'ipotesi di costituire un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali che elabori le riforme da sottoporre poi al Parlamento, ma non sembra assurdo che il dibattito preliminare avvenga fra persone esperte, e non inficia il fatto fondamentale della sovranità di Camera e Senato che dovranno decidere.

Franco Isman


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  29 luglio 2013