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Nassiriya e ipocrisia
Terrorismo o resistenza ?
Franco Isman

Nassiriya

Nassiriya, 12 novembre 2003: sono passati 10 anni e per celebrare degnamente I nostri morti si dimentica anzi si continua a falsare la realtà definendo la spedizione italiana come un'operazione di “Peace keaping” condotta sotto l'egida dell'ONU ma, pur essendo ciò indecentemente falso, è difficile contestarlo per non rischiare di diventare strumentalmente quelli che non vogliono onorare i caduti.
L'abbiamo già fatto in passato ma è indispensabile ricordare invece la cronologia degli eventi.
  • 20 marzo 2003. Parte l'attacco americano con l'operazione “colpisci e terrorizza” (terrorismo dichiarato): 3000 tra missili Cruise lanciati dalle navi e bombe sganciate dai B52 provenienti dall'Inghilterra. Attacco giustificato con l'affermazione del possesso da parte dell'Iraq di Saddam di armi di distruzione di massa in realtà inesistenti.
    L'Osservatore Romano lo definisce “un omicidio in massa”.
     
  • 15 aprile 2003. (25 giorni dall'inizio della guerra).
    Il Parlamento italiano, con la benevola astensione dell'Ulivo, approva l'invio di 3000 militari per una “missione umanitaria” di assistenza alle popolazioni. Missione che ha inizio effettivo ai primi di giugno.
    Scrive Lietta Tornabuoni su La Stampa del giorno seguente:
    POSSONO mettere paura le parole? Come no: la loro forza d'inganno e d'ipocrisia è molto temibile. A esempio, il modo in cui i termini della Seconda guerra mondiale, così veri, così cari nel ricordo, sono stati adottati per la guerra d'Iraq: definendo «liberazione» una guerra unilaterale, senza alcuna legalità internazionale, senza motivi confessabili; definendo «liberato» un Paese ridotto in polvere al quale si sottrae militarmente l'unica fonte di ricchezza, il petrolio; definendo «alleati» forze armate e comandi americani con una modesta coda inglese.”
    “Altro esempio di parole che mettono paura, il modo in cui in Parlamento sono stati usati i termini dell'altruismo ai quali gli italiani sono tanto sensibili: definendo «soccorrere», «portare aiuto», «garantire sicurezza», «assicurare il recapito degli aiuti umanitari», una spedizione di tremila militari armati, soli, non richiesti da nessuno, al di fuori dell'Onu, al di fuori della Unione europea. Un'operazione che secondo molti serve soprattutto a Berlusconi e al governo per mostrarsi zelanti con gli americani, per fingersi vincitori d'una guerra non combattuta, per acquisire diritti sul bottino petrolifero, per «tornare interlocutori di Blair». Un'operazione che coinvolge direttamente l'Italia in una guerra sporchissima, che espone senza necessità migliaia di militari italiani ai gravi rischi già messi in evidenza dalla cronaca bellica...”

    I nostri soldati, sotto comando inglese, saranno di fatto truppe di occupazione, in spregio di quanto solennemente sancito dall'articolo 11 della Costituzione e dalla legalità internazionale.

  • 1° maggio 2003. (40 giorni dall'inizio della guerra).
    Bush dal ponte della portaerei Lincoln dichiara che la guerra è praticamente conclusa.
    La guerra non era affatto conclusa e si protrarrà per molti anni con decine di migliaia di morti, in gran parte iracheni.

  • 12 novembre 2003. Nassiriya (otto mesi dall'inizio).
    Un camion imbottito di tritolo guidato da un kamikaze provoca 28 morti alla base italiana Ariete: 17 carabinieri e soldati, 1 cooperante, il regista di una troupe televisiva e 9 civili iracheni.

  • 8 giugno 2004. (un anno dopo il nostro "sbarco" in Iraq).
    Risoluzione N. 1546 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che invita i Paesi membri a collaborare al mantenimento dell'ordine in Iraq con l'invio di truppe. 
    Non siamo più fuorilegge. Evviva.

Nel luglio 2003 avevamo scritto, fin troppo profeticamente purtroppo:
“Attualmente i nostri soldati fanno parte di una forza di occupazione, malvista dalle popolazioni occupate (è molto recente il linciaggio di sei soldati inglesi in un paese poco distante da dove sono dislocati in nostri) che non si sa quanto durerà, sotto comando inglese, al di fuori di qualsiasi mandato dell'ONU. Unico o quasi fra i paesi europei, Gran Bretagna a parte”. …
Ci auguriamo tutti che la missione possa concludersi in modo incruento; in passato i nostri comandi sono stati molto bravi nel gestire il rapporto con le popolazioni locali, e pensiamo in particolare alla missione in Libano comandata dal generale Angioni. Il nostro è uno strano Paese: tutti zitti, ma se dovessimo subire qualche attentato cruento si scatenerebbero le recriminazioni e le proteste, come se questa ipotesi non faccia purtroppo parte delle eventualità derivanti dalla situazione nella quale con sublime incoscienza ci siamo cacciati”.
 
Ieri alla Camera la deputata del M5S Emanuela Corda ha ricordato le vittime italiane dell'attentato di Nassiriya ma ha affermato che poche volte si ricordano anche quelle irachene e nessuno ricorda l'attentatore, descritto solo come un assassino. A suo parere un'ideologia criminale lo aveva convinto che quella strage fosse un gesto eroico e lo aveva mandato a morire.
 
Anche se non impegnati direttamente in battaglia, come poi avvenne, eravamo truppa di occupazione alle dirette dipendenze degli inglesi, truppa di occupazione stanziata in Iraq al di fuori di qualsiasi legalità internazionale. Il giovane kamikaze era un resistente che ha compiuto non un atto terroristico ma un atto di guerra direttamente contro le truppe occupanti.
Proprio come per l'attentato di via Rasella in cui furono uccisi 33 soldati tedeschi oltre a 2 civili italiani (altri 4 caddero sotto il fuoco di reazione dei tedeschi).
Ma questo è assolutamente vietato dirlo, anche la giovane deputata del M5S ha parlato di “ideologia criminale”, come non si può dire che questi morti li ha sulla coscienza per primo Berlusconi, che aveva deciso l'intervento, ma anche il Parlamento che lo aveva autorizzato, sia pur facendo finta di credere che di “intervento umanitario” si trattasse.

Franco Isman

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  13 novembre 2013