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#weprayforpeace 
Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra
Franco Isman

l'abbraccio

La visita di papa Francesco in Terra Santa degli ultimi giorni di maggio è stata una continua fonte di emozioni e di speranze. Il momento più significativo è stato quando il papa a Betlemme ha fatto fermare a sorpresa la jeep bianca su cui viaggiava e, sotto una torretta di guardia, è sceso ed ha appoggiato la mano sull'orrendo muro che segrega i palestinesi. Difficile non considerarlo un segno di riprovazione e di condanna. Un segno certamente apprezzato dai palestinesi ma di forte impatto emotivo per tutti quelli che vogliono la pace.

In ogni occasione della sua visita il papa ha costantemente insistito sulla necessità della pace, sul dovere della pace, sulla convenienza della pace.
Nel suo discorso all'aeroporto Ben Gurion, al suo ingresso in Israele ; ha detto:
“…rinnovo l'appello perché sia universalmente riconosciuto che lo Stato d'Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il Popolo palestinese ha il diritto ad una patria sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente. La “soluzione di due Stati” diventi realtà e non rimanga un sogno”.

E in quello rivolto alle Autorità palestinesi:
“Si raddoppino dunque gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza. È giunto il momento per tutti di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti.”

Il papa poi, con un'iniziativa coraggiosa e, forse, non concordata in precedenza, ha “offerto la sua casa” ai due presidenti Shimon Peres israeliano e Mahmoud Abbas dell'Autorità palestinese per “elevare insieme con me un'intensa preghiera, invocando da Dio il dono della pace.”
Un'iniziativa che i due presidenti sull'onda emozionale di questo evento hanno accolto e che non è stata rimandata a chissà quando ma rapidamente organizzata arrivando all'eccezionale incontro di ieri con l'abbraccio pubblico fra Shimon Peres e Mahmoud Abbas e con la frase del pontefice riportata nel titolo: “Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra.”

I gravi problemi naturalmente permangono: la politica degli insediamenti e dell'apartheid propugnata dagli integralisti israeliani, il rifiuto di ogni compromesso da parte degli estremisti di Hamas che condiziona pesantemente la politica dell'Autorità palestinese: tutte cose difficilmente superabili. Rimane l'autorevolissima affermazione del papa sull'unica soluzione possibile e cioè quella dei “due popoli, due stati”, rimangono l'abbraccio fra il papa e il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli e quello fra Shimon Peres e Mahmoud Abbas e un clima enormemente migliorato. Speriamo davvero che si inneschi un circolo virtuoso che possa portare finalmente alla pace in questi martoriati territori. Pace di importanza fondamentale anche per togliere questo pretesto al montante antisemitismo.

Franco Isman

i giardini vaticani

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  9 giugno 2014