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ECONOMIA

In Italia paghiamo troppe tasse. FALSO!
Umberto De Pace

IMU e art.18

In controtendenza al mainstream, al senso comune, alla cultura se non alla storia del nostro paese, Innocenzo Cipolletta con il suo recente libro “In Italia paghiamo troppe tasse. FALSO!” (editore Laterza, collana Idòla, gennaio 2014) una sua breve, quanto documentata analisi, affrontando senza remore e peli sulla lingua uno dei temi più demonizzati, quanto strumentalizzati, nel nostro paese. Lo affronta cercando di dimostrare quanto quel tema si basi su dati e presupposti, a suo dire, sbagliati. “Non c'è italiano che non pensi di essere in credito con lo Stato, perché ritiene di pagare più tasse di quanto riceva in servizi. Ma non è così per la maggior parte di noi. In realtà chi predica a favore di una riduzione delle tasse e della spesa pubblica, di fatto predica a favore di sperequazione dei redditi che avvantaggia le classi più ricche. Vivere in un paese che fornisce buoni servizi è meglio che vivere in un paese dove si pagano poche tasse”. Più chiaro di così. Certo che sentire tali affermazioni da parte di un ex direttore generale di Confindustria, nonché ex presidente del “Sole 24 ore”, del Gruppo Marzotto, delle Ferrovie dello Stato, oggi presidente dell'Università degli Studi di Trento, di UBS Italia SIM etc… fa un certo effetto; ma vediamo quali sono i presupposti della sua analisi:
  • il rapporto tra il totale delle tasse e PIL è tra i più alti d'Europa (3,5 punti di PIL in più rispetto alla media dei 27 paesi europei) ma se si escludono i contributi sociali, quindi non tasse ma “risparmio forzoso”, la differenza si riduce a 2,8 punti in più (Belgio, Finlandia, Svezia, Danimarca, regno Unito hanno percentuali più elevate);
  • se il PIL è corretto e le tasse le pagano in pochi occorre spostare la tassazione dai redditi alle cose e alle case: quindi IVA e “IMU” in più e non in meno come si vuol far passare. Se invece il PIL non è corretto a causa del sommerso, allora la pressione fiscale effettiva sul PIL sarebbe più bassa e non potremmo dire che paghiamo troppe tasse, ma solo che le paghiamo male;
  • la spesa pubblica è eccessiva solo per gli interessi sul debito (contratto anche perché nel passato si sono pagate poche tasse) e per le pensioni (che sono redditi delle persone e controparte dei contributi sociali versati, a parte limitate eccezioni). Forse si spende male, ma non spendiamo troppo;
  • la spesa pubblica è aumentata con la creazione delle Regioni le quali, governando la spesa e non le entrate, chiedono allo Stato centrale sempre più soldi;
  • il disavanzo pubblico dimostra che gli italiani non è vero che ricevono meno di quanto danno. Inoltre il bilancio pubblico italiano riduce di poco la diseguaglianza nel paese, in quanto sostanzialmente restituisce a chi paga gran parte e spesso di più di quanto versato;
  • siamo un paese carente di spirito civile e siamo un paese che per i due terzi è mediamente benestante e vorrebbe pagare meno tasse ma avere gli stessi ( o più) servizi.
In controtendenza anche al politically correct attualmente in voga, Cipolletta non manca di sottolineare come la lobby della riduzione delle tasse sia emersa, non a caso, soprattutto negli anni del berlusconismo. Di fronte alle perplessità dello stesso editore – preoccupato per l'impopolarità del testo – Cipolletta non arretra dalle sue convinzioni intraprendendo una puntigliosa opera di sostegno alle sue tesi, ben consapevole di doverlo fare in punta di fioretto, data la sua posizione di privilegiato nel panorama sociale di un paese provato da una crisi profonda. Sostiene quindi la progressività della tassazione a salvaguardia di chi sta nelle fasce basse di reddito, anche se spiega come le tasse abbiano una limitata capacità redistributiva, mentre è la spesa pubblica che ha una forte capacità di perequazione dei redditi, fornendo servizi pregiati anche a chi non potrebbe permetterseli; l'inefficienza dei servizi pubblici è una “sensazione” in parte vera, ma in parte errata, basti pensare a gran parte del nostro buon sistema pensionistico, sanitario e tutto sommato anche scolastico. D'altronde si chiede l'autore: “ … se una famiglia che guadagna 1200 euro al mese non pagasse le tasse e contributi, guadagnerebbe, forse, il doppio, ma non avrebbe né la pensione, né la copertura sanitaria, non avrebbe la scuola e dovrebbe farsi carico interamente delle spese di trasporto. Veramente sarebbe più benestante? Veramente con altri 1200 euro al mese potrebbe pagarsi nel mercato tutti quei servizi?". Quei servizi per i quali l'Italia spende soldi sostanzialmente in maniera simile a quella degli altri paese europei, dove le differenze più significative sono nella minor spesa per cultura e istruzione. Occorre quindi, sostiene l'autore, spostare la domanda politica dalla richiesta di “meno tasse” a quella di “migliori servizi”. Ovviamente Cipolletta non vuole che si paghino più tasse ma vuole dimostrare che l'avversione verso le tasse si basa su dati non corretti, senza nascondere che le stesse si paghino male e quindi certamente si potrebbero e dovrebbero pagare in modo diverso: “affinché ci sia più giustizia nel prelievo fiscale e più efficacia nella loro percezione”, anche se la “… pressione fiscale che sopportiamo è giusta come ammontare complessivo, ma è mal distribuita”. Insomma tutto il contrario di quello che per vent'anni il pensiero forte berlusconiano e ancor più, aggiungo io, la vulgata leghista ha propinato a questo paese.
Un libro che affronta con un punto di vista diverso il peso – amplificato a giudizio dell'autore – che si ritiene abbiano gli sprechi, la corruzione, l'evasione fiscale e l'economia sommersa nel nostro paese, pur rivendicando la necessità di un cambiamento politico e culturale nei confronti di queste problematiche. “Anziché comprimere la spesa pubblica dovremmo piuttosto aumentarne la funzione redistributiva. Nelle nostre società, infatti, sta crescendo la sperequazione dei redditi … In Italia bisogna ricostruire il senso civico dello Stato, il solo capace di far apprezzare i servizi collettivi come un bene prezioso e non come un peso, salvo poi approfittarne.”. Come dagli torto?
Un libro di veloce lettura, sicuramente stimolante. Tranquilli … non morde!

Umberto De Pace


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  11 ottobre 2014