Immigrazione: è ora di cambiare
Umberto De Pace
Se vogliamo possiamo continuare a illuderci che l'immigrazione sia un'emergenza, proseguendo a mettere in campo meritevoli iniziative come è lo è stato Mare nostrum o altre, discutibili, tipo Frontex plus. Possiamo anche continuare a dividerci fra chi è a favore dell'accoglienza e chi è contro; assistere a iniziative di solidarietà come anche il nostro territorio sta dimostrando di saper dare in questi mesi attraverso le sue istituzioni, il terzo settore e le associazioni di volontariato ovvero a manifestazioni inqualificabili come quella di Fratelli d'Italia alla Stazione Centrale di Milano o la manifestazione di ieri, sempre nel capoluogo lombardo, indetta dalla Lega per la quale - alla disperata ricerca di consenso ha fatto fronte comune con i gruppi neofascisti, rispolverando il vecchio, quanto becero, repertorio anti-immigrati. Se volessimo invece guardare con un minimo di senso della realtà al fenomeno dell'immigrazione, dopo tutti questi anni sarebbe facile comprendere che non si tratta di un'emergenza, ma di un fattore strutturale, specifico della nostra epoca: la cosiddetta globalizzazione, nella quale capitali, finanza, merci, imprese, agiscono su scala mondiale. Non solo, reti e sistemi di comunicazione interconnettono l'umanità a livello planetario. La stessa sanità è una questione globale, le nostre città, i nostri paesi, i nostri luoghi di lavoro sono già realtà multietniche e multiculturali. Perché quindi, alla libera circolazione delle genti di quegli uomini e donne che per qualsiasi ragione (che non sia legata a motivazioni criminali) vogliano lasciare il proprio paese ed emigrare si frappongono così tanti ostacoli, da rendere il fenomeno uno dei grandi problemi del nostro tempo? La risposta a tale domanda investe certamente l'ambito politico e, ancor prima, quello culturale, ma non sono questi gli aspetti che qui voglio trattare, quanto alcune questioni di carattere più pragmatico. Le domande che alcuni cittadini giustamente si pongono, le incertezze se non le paure che alcuni di essi vivono, aggravate dalla pesante crisi economica e sociale che stiamo attraversando, necessitano di risposte concrete e credibili. L'alternativa è che tali domande trovino facili, quanto pericolose risposte nelle inaccettabili derive razziste e xenofobe. Innanzitutto va detto chiaramente che le politiche adottate fino ad oggi dal nostro paese e dall'Europa si sono dimostrate, in gran parte, incapaci e inadeguate ad affrontare alla radice il problema dell'immigrazione. L'altra certezza è che non si possa continuare ad andare avanti in questo modo. I risultati sono evidenti: continua il flusso ininterrotto di immigrazione, aggravato ancor più dai tanti conflitti in corso; decine di migliaia sono i migranti che trovano la morte o sperimentano la violenza nel corso della loro migrazione; si creano tensioni nel tessuto sociale dei paesi d'accoglienza e spesso vane illusioni in quelli di partenza; cresce in modo esponenziale l'arricchimento e il potere dei gruppi criminali e terroristi che gestiscono tali flussi, i cui proventi in parte contribuiscono a finanziare gli stessi conflitti. Un circolo vizioso quanto perverso che va interrotto al più presto. Come? Per le popolazioni in fuga dai conflitti vanno indiscutibilmente aperti dei canali umanitari diretti, tra le zone colpite e i paesi ospitanti, oltre a garantire la prima assistenza in loco e nei paesi confinanti. Per l'immigrazione di tipo economico e sociale vanno aperti altrettanti canali attraverso le ambasciate, o agenzie istituzionali da creare per l'occasione, con i paesi a maggior flusso migratorio verso l'Europa, principale meta attuale. In questo caso, trovandoci di fronte a un'immigrazione che, a guardar bene, è in gran parte motivata dal bisogno di riscatto sociale e non solo costretta dalla povertà, i canali di accesso dovrebbero garantire:
In questo modo avremmo i seguenti benefici:
Questi, ovviamente, sono solo semplici spunti, ognuno dei quali richiede approfondimenti, verifiche, programmazioni, studi dettagliati, ma il loro senso sta nel dire che è ora di cambiare le politiche sull'immigrazione del nostro paese e dell'Europa intera. Non solo, che è possibile farlo salvaguardando i diritti di tutti, richiedendo a tutti il rispetto dei propri doveri e, soprattutto, mantenendo ben saldo quel principio universale che chiamiamo libertà, nel suo senso più ampio. Principio che è parte di quei diritti naturali inalienabili dell'umanità intera e fondante l'identità della nostra Europa. Umberto De Pace Condividi su Facebook Condividi su Facebook Segnala su Twitter EVENTUALI COMMENTI lettere@arengario.net Commenti anonimi non saranno pubblicati 19 ottobre 2014 |