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L'Italia da Sindona ai nostri giorni
Giorgio Casera


Il recente incontro con Umberto Ambrosoli a Monza, invitato da Novaluna nell'ambito di un ciclo di conferenze sulla legalità, è stato occasione di qualche riflessione (personale) sulla storia recente del nostro Paese, con inevitabili riferimenti alla realtà attuale.
Umberto ha presentato il libro che ha scritto nel 2009 sulla vicenda del padre Giorgio che, come è noto, fu assassinato nel luglio del 1979 da un sicario mandato da Sindona, finanziere senza scrupoli, legato alla mafia italo americana, delle cui banche italiane l'avvocato Giorgio Ambrosoli era liquidatore fallimentare.

La conferenza di Umberto e la lettura del suo libro mi hanno permesso di rinfrescare la memoria su quel periodo. Intanto, il contesto. L'Italia e le sue istituzioni sono sotto attacco del terrorismo rosso e nero. Intorno al terrorismo oscure manovre di servizi deviati e associazioni (segrete) cui aderiscono uomini delle istituzioni. Di fronte al pericolo i politici più responsabili promuovono l'idea di un governo di unità nazionale cui partecipino anche i comunisti. L'evento culminante di questa stagione è il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro e con Moro cade questa ipotesi, che avrebbe cambiato il futuro dell'Italia.

Pochi anni prima era cominciata la resistibile ascesa di Michele Sindona, che godeva di particolare favore da parte della Democrazia Cristiana, e vedremo perché. Benché gli ambienti finanziari e le istituzioni economiche più responsabili (Ugo La Malfa, ministro del Tesoro e i vertici della Banca d'Italia) cercassero di ostacolarlo, il favore della politica gli permise di continuare nelle sue speculazioni fino all'inevitabile fallimento delle sue banche. Da qui la nomina di Giorgio Ambrosoli a curatore fallimentare e il disperato tentativo di Sindona di salvare le sue banche (con i soldi dello Stato, cioè nostri). Il resto è noto.
Molti sono gli elementi più o meno legati e conseguenti a questa vicenda e ne accenno qui di seguito.

La famosa lista dei 500, cioè la lista dei beneficiari degli interessi che il finanziere ricavava dai suoi
investimenti all'estero. Vere e proprie tangenti per assicurarsi mano libera nelle sue attività fuorilegge. Non si è mai avuta la lista completa di quei nomi (qualche nome è stato fatto per evitare l'arresto da parte di un responsabile del Banco di Roma, che ne era in possesso: politici di area governativa, di allora, industriali, finanzieri, piduisti). Il maresciallo Novembre, collaboratore di Ambrosoli, ha potuto vederla ma non copiarla e dice di aver intravisto, tra gli altri, nomi di politici della DC, del PSI e del PSDI: un'intera classe politica (al governo del Paese peraltro) a disposizione di Sindona! La lista è stata oggetto di indagine da parte della magistratura ma la sentenza ha dovuto prendere atto del fatto che possedere capitali all'estero ai tempi non costituiva reato, e che le sopravvenute amnistie avevano cancellato comportamenti “censurabili”. Insomma alla fine c'era una gran voglia di mettere una pietra sopra tutta la vicenda.

La facilità con cui Sindona riusciva a procurarsi documenti che dovevano rimanere segreti, custoditi presso lo studio del curatore fallimentare o addirittura presso la Procura della Repubblica a Milano. C'erano dunque dei traditori in ogni ambiente che si occupava del finanziere.

L'isolamento di Ambrosoli. Umberto cita opportunamente Giovanni Falcone; “Prima ti isolano e poi ti ammazzano”. E' successo a tanti. La classe politica al governo voleva il salvataggio di Sindona ed Ambrosoli era uno degli ostacoli su questa strada. Gli altri, Banca d'Italia in particolare, dovevano essi stessi difendersi dagli attacchi del potere politico (Baffi e Sarcinelli, rispettivamente governatore e responsabile della Vigilanza, saranno messi sotto accusa da un gruppo di magistrati della Procura di Roma, Alibrandi e Infelisi, notoriamente “vicini” a Giulio Andreotti). Nessuno dei pochi “amici” dell'avvocato riuscirono a fargli avere una scorta.

Ancora, la presenza già attiva ed inquietante della massoneria deviata (P2) con Gelli in prima fila. L'attività della P2 sarà sottoposta in seguito ad indagine parlamentare ed il suo disegno destabilizzante accertato. Anche la P2 risultò essere composta di nomi eccellenti e probabilmente in grado di esercitare ricatti a destra e manca visto che negli anni il caso P2 sarà ridimensionato: non ci sono state conseguenze per i suoi componenti mentre, guarda caso, è iniziato il declino politico della senatrice Anselmi, presidente della Commissione d'inchiesta parlamentare, emarginata dal suo stesso partito, la DC.

Infine Sindona sarà condannato, anche per l'omicidio di Giorgio Ambrosoli, grazie al preciso lavoro dell'avvocato e alla determinazione dei magistrati di Milano. Morirà avvelenato in carcere tre giorni dopo la condanna. Suicidio, sembra, ma il dubbio rimane, come per tanti misteri italiani.

L'Italia in seguito ha continuato la sua strada tra luci ed ombre. Sono trascorsi circa trent'anni dalla condanna di Sindona ma il quadro di oggi non appare confortante. Tra le ultime “chicche” la scoperta della “cupola” che assegnava gli appalti dell'EXPO, delle tangenti a politici ed amministratori pubblici dietro gli appalti per il MOSE di Venezia, della “gratifica” del 10% che gli ufficiali di Marina di Taranto (e Roma) si assegnavano sul valore degli appalti, sull'incrocio mafia – criminalità comune – amministratori corrotti a Roma Capitale.

Ma voglio citare in particolare l'ultima in ordine di tempo: l'arresto di un centinaio di persone in Emilia Romagna, con “epicentro” a Reggio Emilia, e altrove con l'accusa di essere componenti o collusi con la 'ndrangheta. Lo cito perché l'ex presidente della provincia di Reggio Emilia, Sonia Masini, che in passato aveva denunciato l'attività delle cosche, anche in sede politica, è stata, anche lei, emarginata dal suo partito, il PD. Insomma, la politica sembra essere il ventre molle della società.

Avvocato Ambrosoli, valeva la pena di fare l'eroe per questo Paese?

Giorgio Casera

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  14 febbraio 2015