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Sedotto dal direttore del personale
Franco Isman

Sedotto dal direttore del personale

C'era una volta l'articolo 4 dello statuto dei lavoratori che vietava il controllo a distanza della loro attività.
E c'erano le sue interpretazioni, per cui negli anni '90 un'azienda di trasporto pubblico che aveva installato uno splendido sistema di precedenza dei mezzi pubblici ai semafori, quando possibile, e la contestuale segnalazione del passaggio dei bus, che avrebbe consentito di monitorare punti e momenti critici del servizio ed intervenire sistematicamente o saltuariamente, fu accusata di voler controllare gli autisti ed il sistema non entrò mai in funzione.
E i pretori del lavoro davano ragione, sempre o quasi, ai lavoratori.

Poi venne Internet e vennero i social networks, Facebook in particolare. E le home page di ciascuno furono inondate di pubblicità mirata in particolare all'età dell'utente: discoteche, paninoteche e simili per i più giovani, sedili montascale e pannoloni per i vecchietti.
Ma i tempi si evolvono ed ora i padroni della rete sanno tutto di te, conoscono i tuoi gusti, i siti che visiti, le ricerche che fai, le offerte di qualsiasi genere tu chieda.
Infatti se prenoti un volo low cost per la Sardegna per 15 giorni sei inondato di offerte; se per caso ti incuriosisce un sito di massaggi tibetani, le profferte di ogni più strano massaggio proseguono per mesi.

Oggi, anzi ieri, è accaduto che il dipendente di una azienda che si sospettava di giocare troppo con Facebook in orario di ufficio fu accalappiato da una giovane e bella fanciulla con cui si mise a fare chat sempre più calienti, in orario di lavoro in particolare. Peccato, anzi no, che non arrivò a concludere perché la giovane, bella e scatenata interlocutrice si rivelò essere il direttore del personale dell'azienda sotto mentite spoglie…

E la Corte di Cassazione (sentenza numero 10955 del 27 maggio 2015) ha confermato il suo licenziamento. Il lavoratore era stato licenziato dopo essersi allontanato per fare una telefonata privata ed essersi collegato con l'Ipad su Facebook con il suo “amore”, con conseguenze negative per il suo lavoro.
Nessuna violazione dell'articolo 4 dello Statuto, secondo la Suprema Corte: «Il datore di lavoro ha posto in essere una attività di controllo che non ha avuto ad oggetto l'attività lavorativa più propriamente detta ed il suo esatto compimento, ma l'eventuale perpetrazione di comportamenti illeciti da parte del dipendente, poi effettivamente riscontrati». In questo caso il lavoratore è stato anche “localizzato” per colpa del suo accesso a internet. Dunque — sostiene la Corte — «nella presumibile consapevolezza del lavoratore di poter essere localizzato, attraverso il sistema di rilevazione satellitare del suo cellulare».

Franco Isman

pausa pranzo sul grattacielo

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  21 giugno 2015