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PALESTINA E ISRAELE

Fasayil e la valenza politica del mattone crudo
Tania Marinoni


Nella Valle del Giordano, a venti chilometri a Nord di Gerico, sorge un villaggio desertico. Il suo nome in arabo significa “ciò che è nel mezzo”: è Fasayil, occupato da Israele dal 1967, quando venne parzialmente distrutto durante la “Guerra dei sei giorni”. Gli accordi di Oslo prevedono che ricada in area C: su questi territori le autorità israeliane esercitano sia il controllo amministrativo che quello militare. Le comunità beduine risiedono in tende o in baracche e non hanno accesso a risorse idriche, né all'elettricità. A pochi passi da questa realtà, svettano due colonie, nate sulle terre agricole confiscate al villaggio. Tomer e El'Fasail troneggiano rigogliose, irrorate dall'acqua, che in quei tratti scorre abbondante, mentre nei paesi dei palestinesi giunge attraverso piccole pompe idrauliche in funzione per sei ore al giorno. Un metro cubo di acqua costa ad un colono 3 shekel, mentre un palestinese lo paga 30 shekel alla compagnia idrica Mekorot: una famiglia palestinese spende al mese per i consumi di base mille shekel, che rappresentano circa due terzi di uno stipendio medio. Tutte queste informazioni, e quelle che seguono, sono state fornite dai diretti interessati

Dal 2012 a Fasayil le forze israeliane hanno abbattuto abitazioni tre volte nello stesso mese. Nel 2014 sono stati colpiti anche i ricoveri per animali e gli spazi adibiti al loro allevamento. Il 18 agosto di quest'anno diciassette strutture sono state rase al suolo, e, per impedirne la riedificazione, sono stati danneggiati i materiali da costruzione e reciso il cavo elettrico. Quarantotto persone, tra cui tre bambini, non disponevano quindi di un riparo e non potevano usufruire dei servizi elementari. I provvedimenti attuati obbediscono all'intento israeliano di allontanare le comunità beduine della Valle del Giordano. Il piano di espulsione si configura in netto contrasto con le disposizioni del diritto internazionale umanitario, che vietano il trasferimento forzato di persone protette, se non per esigenze di tutela delle stesse e con carattere di temporaneità. Per garantire lo spostamento delle comunità dal territorio, le autorità israeliane definiscono queste terre come zona militare, sito archeologico o riserva naturale. Molto spesso vengono rase al suolo abitazioni prima ancora che l'Alta Corte si esprima a riguardo, nella ferma convinzione che emetterà un ordine di demolizione. A volte vengono concessi ai proprietari quarantacinque giorni di tempo per predisporre la documentazione e ottenere il titolo abilitativo, che tuttavia viene sempre rigettato.


Ogni abitazione realizzata con materiali naturali dimostra la determinazione del popolo palestinese a ribadire la propria presenza sul territorio. In tali costruzioni uno spazio circolare si apre all'interno di murature innalzate con materiale locale e naturale. La struttura della copertura, in legno come gli infissi, chiude superiormente l'unità abitativa, dalla caratteristica forma a capanna. E' l'antica tecnica dell'adobe, diffusa in Medio Oriente e in Africa, basata sull'utilizzo del mattone crudo, che, poiché conforme ai criteri della bioedilizia e della eco sostenibilità, conosce oggi una larga diffusione anche in occidente. Mescolando a mano o tramite un bulldozer terra e acqua, si ricava un impasto che viene poi alleggerito con la paglia, unico additivo naturale. Il tutto viene successivamente versato all'interno di stampi, preventivamente inumiditi. Una volta livellati, i mattoni vengono capovolti e lasciati essiccare al sole. Per evitare che l'acqua presente nell'impasto evapori velocemente, i mattoni vengono prima coperti di sabbia, riducendo in tal modo il ritiro del materiale. Le strutture così realizzate beneficiano di una significativa inerzia termica garantendo cosė un notevole benessere termico. Il sistema che, grazie all'elevato potere fonoassorbente dell'argilla, offre un adeguato isolamento acustico, funziona anche come un perfetto regolatore igrometrico: rilascia ed assorbe umidità in relazione alle condizioni climatiche. Soggetta a frequenti fenomeni di degrado, poiché costantemente esposta all'azione degli agenti atmosferici, la superficie esterna della muratura richiede costante manutenzione, solitamente eseguita tramite applicazione di strati di fango. La tecnica costruttiva, grazie al totale riutilizzo dei materiali dopo l'abbattimento delle abitazioni, consente la ricostruzione delle stesse in tempi molto brevi. L'edificazione di un alloggio in sole 24 ore da parte di trenta operai assume in questo contesto anche una forte valenza politica e costituisce una risposta concreta alle continue demolizioni operate da Israele. Per raddoppiare la produzione giornaliera di mattoni, gli abitanti di Fasayil hanno realizzato una rudimentale pressa idraulica, che permetterà di aumentare la fabbricazione dai cinquecento pezzi attuali a mille previsti. Si stima che in un mese 25.000 elementi garantiranno l'edificazione di dieci alloggi. La notevole efficienza ergotecnica si unisce così alla pratica del costruire tradizionale, per affermare la determinazione della popolazione locale a resistere, ed esistere, nel proprio territorio.

Tania Marinoni

N.B. le foto sono archiviate a 1200x900 px per poterle scaricare e stampare

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  15.09.2015