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PALESTINA E ISRAELE

Duma
Il terrorismo assassino dei coloni
Enza Raso

Duma

Dal diario del 23 agosto.

La giornata è stata lunga e densa di emozioni ma non è finita. Si va a Duma.
So cosa è successo a Duma la notte tra il 30 ed il 31 luglio. Le foto della casa bruciata durante un attacco terroristico dei coloni e la notizia di Ali, piccolo di 18 mesi arso vivo nel suo lettino, hanno fatto il giro del web. So di suo padre Saed, 32 anni, morto in ospedale dopo una settimana di agonia e di sua madre Riham 27 anni, ancora ricoverata che lotta tra la vita e la morte. E' solo l'ultimo di un'infinita serie di episodi crudeli e terribili di cui ogni giorno leggo su internet.

Quando arriviamo a Duma è già buio. Ci vengono incontro due ragazzi armati di torcia. Sono la ronda. Il servizio di sicurezza che gli abitanti del villaggio hanno deciso di organizzare dopo il terribile attacco. Fanno tenerezza con le loro biciclette e le loro torce attaccate alla cintura. Dovrebbero costituire un deterrente per le bande di coloni che arrivano in branco ed armati a bordo dei loro SUV. Avranno sì e no 18 anni. Ci scortano nel paese, fino a quell'ultima casa che ha avuto il solo torto di essere troppo vicina al muro del villaggio. Un obiettivo facile per il gruppo di vigliacchi che, scendendo dalla colonia, ha attaccato sicuro che all'interno ci fosse la famiglia. Un paio di metri più in là c'è un'altra abitazione che la sera del crimine era vuota. Se avessero voluto solo intimidire, avrebbero potuto colpire quella ma loro volevano uccidere e ci sono riusciti.

La miccia è caduta sul lettino di Alì che ha preso fuoco immediatamente ed ha avvolto il piccolo tra le fiamme. Non c'è stato scampo per lui nonostante i tentativi del papà, che morirà una settimana più tardi per via delle terribili ustioni e della mamma, di portarlo fuori. C'è lo zio del piccolo Alì ad aspettarci. Ci racconta quello che sa. Intorno una piccola folla silenziosa nel buio della sera. Vogliono che sappiamo. Vogliono che guardiamo. Ci fanno entrare in casa. Le mura, quello che rimane della casa, la stessa aria sanno ancora di fumo. Gli ambienti sono piccoli. Le finestre sono protette da cancellate, che avrebbero dovuto proteggere gli abitanti della piccola abitazione dagli attacchi dei coloni ed invece si sono rivelate una terribile trappola. Non ce la faccio a restare. Devo uscire. Sul muro di fronte casa, nel cortile davanti alla finestra nella quale la mano assassina ha lanciato la molotov, campeggia una scritta in caratteri ebraici, lasciata dalle bestie a firmare il loro atto di coraggio: il Messia è passato da qui

Sono riuscita a fare una sola foto all'interno della casa. Poi sono dovuta uscire e non per la puzza di bruciato e di fumo che ancora riempiva gli ambienti ma per l'angoscia insopportabile. Le grate alle finestre, i giocattoli carbonizzati, i brandelli di coperte e tappeti per terra. Mi sembrava di sentire le urla e di vedere le fiamme. Ma come si può?

Enza Raso

nota del 20 settembre
Il 7 settembre 2015, dopo 38 giorni di agonia, è morta anche Riham, la mamma del piccolo Alì. Le ustioni sul 90% del corpo non le hanno lasciato scampo. Ora è rimasto solo il fratellino maggiore Amhed di 4 anni per il quale i medici nutrono fondate speranze.
Nessun responsabile a tutt'oggi è stato individuato dalla legge Israeliana. Per quanto riguarda infatti i coloni di estrema destra presunti responsabili della strage, seppure indentificati, sono ancora a piede libero. Per loro un provvedimento di detenzione amministrativa di 6 mesi e nessuna accusa di essere coinvolti direttamente nel rogo.


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  30.09.2015