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La modifica che non c'è
Costituzione, referendum e legge elettorale
Franco Isman

Italia turrita
disegno di Sarolta Szulyovszky

Questo il testo della Legge costituzionale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.88 del 15-4-2016,
Legge che avrà vigore a decorrere dalla prossima legislatura, a parte l'abolizione immediata di alcuni enti (art.41).

Questo il documento dei 50 costituzionalisti che non invita a votare NO al referendum, come viene universalmente affermato, ma fa alcune critiche di metodo e di merito che riportiamo testualmente:
“““Non siamo fra coloro che indicano questa riforma come l'anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo. Siamo però preoccupati che un processo di riforma, pur originato da condivisibili intenti di miglioramento della funzionalità delle nostre istituzioni, si sia tradotto infine, per i contenuti ad esso dati e per le modalità del suo esame e della sua approvazione parlamentare, nonché della sua presentazione al pubblico in vista del voto popolare, in una potenziale fonte di nuove disfunzioni del sistema istituzionale e nell'appannamento di alcuni dei criteri portanti dell'impianto e dello spirito della Costituzione.”””

La modifica più importante, quella sul cui principio erano tutti d'accordo, è la riforma sostanziale del Senato attribuendogli poteri molto più limitati rispetto alla precedente parità con la Camera dei deputati e cioè togliendogli il potere di sfiduciare il governo e, quasi completamente, quello di modificare le leggi evitando così i defatiganti passaggi dall'una all'altra Camera per rettifiche anche di minima importanza. Grosse critiche sulla sua composizione, elettiva o meno e sulle sue attribuzioni.

Altra modifica pressoché unanimamente condivisa è l'abolizione delle Provincie ma anche qui ci sono critiche sulle modalità.

Modifica di cui si parla poco, ma molto importante, è quella del quorum necessario per la validità dei referendum abrogativi: se la richiesta di referendum è avanzata da ottocentomila elettori (al posto del minimo indispensabile di 500.000) il quorum al posto del 50%+1 degli aventi diritto scende alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati (art.15 che modifica l'art.75). Riferendoci alle ultime elezioni, quelle del 2013, i votanti sono stati circa il 75% degli aventi diritto, il quorum dal 50% scende quindi al 37,5%. Si tratta di una differenza sostanziale che rende impraticabile l'invito a non andare a votare che consente di barare sommando alle persone effettivamente contrarie al quesito referendario la massa degli agnostici. I referendum abrogativi, espressione diretta della volontà del popolo, diventano possibili.

Ma veniamo al discorso più importante in assoluto, sempre e da tutti incredibilmente trascurato: l'articolo 138 della Costituzione, che detta i criteri con i quali può essere modificata, e l'articolo 83, che stabilisce le modalità di elezione del Presidente della Repubblica.
Come sancito da questi articoli, per modificare la Costituzione e per eleggere il Presidente della Repubblica è sufficiente la maggioranza assoluta delle assemblee (dopo il terzo scrutinio per l'art.138, con quattro successive votazioni delle due Camere per l'art.83).
La maggioranza assoluta, con il sistema elettorale proporzionale, corrisponde alla maggioranza effettiva degli elettori, corrispondenza che viene meno con sistemi poco o tanto maggioritari, quindi fin dall'entrata in vigore del famoso “mattarellum” (1993), e la maggioranza parlamentare viene così ad assumere un potere abnorme. Sarebbe stato necessario modificare questi due articoli contestualmente all'introduzione del maggioritario.

Con la nuova legge elettorale (voluta dal PD quando non dubitava di vincere le elezioni), come abbiamo già scritto e come vedremo dettagliatamente, il singolo partito che vince le elezioni, anche con una maggioranza relativa molto bassa, conquista la maggioranza assoluta del Parlamento e può fare assolutamente tutto quello che vuole.
Ma questo gravissimo aspetto viene sottaciuto e i 50 costituzionalisti, invece di strillare a squarciagola che la prima cosa che si sarebbe dovuto fare era proprio l'adeguamento degli articoli 138 e 83 si limitano a dichiararsi “““preoccupati per il fatto che il testo della riforma… si presenti ora come risultato raggiunto da una maggioranza (peraltro variabile e ondeggiante) prevalsa nel voto parlamentare (“abbiamo i numeri”) anziché come frutto di un consenso maturato fra le forze politiche”””.

Guardiamo in dettaglio cosa accadrebbe se si votasse domani secondo i dati dell'ultimo “sondaggio del lunedì” di La7:
- Astensioni + schede bianche 40%, quindi votanti 60%;
- PD, 5Stelle, destra (se unita) circa 30% ciascuno, corrispondente al 18% degli elettori ciascuno;
- ballottaggio fra i primi due, uno dei due vince e con il 18% degli elettori conquista 340 seggi su 640 alla Camera e cioè il 54% e con questa maggioranza fa le leggi che vuole, modifica come vuole la Costituzione ed elegge il Presidente della Repubblica. Aggiungiamo che con il sistema dei capolista bloccati quasi tutti i deputati sarebbero uomini di fiducia del segretario del partito.

Cerchiamo di rendercene conto: un singolo partito con il 18% di voti potrà fare tutto quello per cui con la legge elettorale proporzionale occorreva il 50%: siamo all'anticamera della dittatura.
Questa gravissima situazione è causata dalla legge elettorale e non sarebbe differente se vincessero i NO al referendum costituzionale.

C'è la speranza che si riesca a sottoporre la legge elettorale al vaglio della Corte costituzionale e che questa, come è possibile e forse probabile, la dichiari illegittima. A parte questa eventualità, l'unica ulteriore possibilità è un referendum abrogativo che chieda essenzialmente almeno il ridimensionamento del premio di maggioranza e dei capolista bloccati. Ma con il quorum vigente è pressoché impossibile, lo abbiamo appena visto con quello sulle trivelle. Il referendum si potrà fare, e vincere, con il quorum ridotto previsto dalla nuova Costituzione ma soltanto dopo la sua conferma con il referendum costituzionale e dopo le nuove elezioni. Sarebbe saggio non bruciarsi adesso la possibilità del referendum che, una volta bocciato, non può essere ripresentato.

Franco Isman

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  8 maggio 2016