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Cantona
Giuseppe Pizzi

la Leopolda

«Il football – diceva Berlusconi quando Milan e Forza Italia vincevano a man bassa – è la metafora della politica e della vita». Il concetto è stato ampliato da Renzi in un'affollata direzione del PD con un discorso ispirato alla mitologia calcistica (oltre a Verdini, Berlusconi deve avergli prestato anche il ghost writer) e documentato per l'occasione dalla proiezione di uno spezzone di film : «C'è un film su Cantona. Un suo grande fan gli chiede: qual è il tuo momento più bello, in cui hai regalato il massimo della felicità? E lui: non è stato un gol. Come no? Il fan gli ricorda i suoi più grandi gol. Cantona: no, è stato un passaggio. E se il tuo compagno avesse sbagliato? Devi fidarti dei tuoi compagni … Per come interpreto la politica io, non è importante il gol ma il passaggio».

Da che pulpito! In sé la citazione, oltre a evocare un bel film, è suggestiva e commovente, peccato che diventi una barzelletta sulle labbra della persona meno indicata a parlare di fiducia dei compagni e nei compagni. Ci vuole in verità una bella dose di improntitudine a reclamare passaggi-assist quando in sala c'è Bersani, il compagno ex segretario accusato di sbagliare i gol a porta vuota che non ha certamente dimenticato il famoso incontro di Arcore (tuttora operante, al di là delle apparenze), episodio ragguardevole di slealtà e intelligenza col nemico, per non dire di tradimento. E c'è un altro più importante incontro che Bersani non ha ancora metabolizzato, quello di Renzi a Berlino al cospetto della cancelliera Merkel. Perché Renzi sarà stato anche un wonder boy, ma che il più potente capo di governo europeo si sia acconciata a ricevere l'allora oscuro sindaco di una media città italiana trova una spiegazione soltanto nell'ambito di una manovra di legittimazione voluta da poteri e interessi cui Merkel non poteva che prestarsi.

Seduto in platea (caso eccezionale con Renzi segretario, da skipper esperto deve aver annusato un cambio di vento) c'era anche il compagno D'Alema, rottamato illustre, lui che del PD è uno dei padri fondatori. Noto per lo spirito beffardo e la battuta graffiante, non è difficile immaginare come abbia reagito ascoltando l'invito renziano alla fiducia reciproca, come minimo: «Eggià, mo' famo a fidasse, diciamo».
Pur non essendo presente, non v'è dubbio che la edificante storia del gol e del passaggio non sia piaciuta nemmeno al compagno Letta, memore del sorriso tranquillizzante di Renzi – Enrico, sta sereno – seguito da un'entrata a piedi uniti volontaria, premeditata e assassina. Altro che passaggio, una carognata da squalifica a vita che Letta, da buon democristiano nipote di tanto zio, tiene ben legata al dito in attesa di condizioni propizie per ritornare dal suo prestigioso esilio parigino.

C'è infine una presenza che dalla fine del 2013, dacché è in mano a Renzi, incombe sulle riunioni dello stato maggiore del PD come il convitato di pietra del Don Giovanni. E' quella di un personaggio che, se anche volesse – ma non vuole, se ne tiene anzi il più possibile alla larga – non potrebbe partecipare alla direzione del PD perché al partito non è più neanche iscritto. Eppure, nessuno può vantare più meriti di lui: del PD è stato il principale artefice, ha coalizzato l'Ulivo senza il quale il PD non esisterebbe e ha ideato le primarie cui Renzi deve gran parte della sua fortuna politica. Parliamo dell'ex compagno Prodi, il candidato alla presidenza della Repubblica vittima di 101 congiurati del PD, di nessuno dei quali è tuttora nota l'identità, uno dei segreti meglio tutelati dell'Italia repubblicana. Tuttavia, molti indizi e illazioni convergono su Renzi come uno dei probabili “piloti” della congiura, principalmente a causa dei suoi rapporti con Berlusconi, iniziati ad Arcore e culminati nel successivo patto del Nazareno, il quale aveva tutte le ragioni per vedere nell'eventuale salita al Quirinale dell'avversario storico Prodi una seria minaccia alla sua stessa sopravvivenza politica. Dei 101 la stampa non ci sapere nulla, ma Prodi un'idea se l'è sicuramente fatta e, sarà stato magari per pura coincidenza, si è dissociato dal PD appena Renzi si è installato alla segreteria. 101 passaggi-pallonata alle parti basse bastano e avanzano, tanto più che Prodi disdegna il calcio e ama il ciclismo.

Giuseppe Pizzi

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  18.07.2016