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Gerusalemme, Gerusalemme
Franco Isman

Fine Guerra dei sei giorni - giugno 1967
i bulldozers finiscono di spianare il terreno davanti al Muro del pianto
foto Fabio Isman inviato de Il Piccolo di Trieste

Non soddisfatto di aver portato il mondo sull'orlo dell'abisso nucleare, assieme al suo degno compare Kim, il super macho Trump ha deciso di aprire un nuovo fronte in Medio Oriente annunciando l'intenzione di portare l'ambasciata americana in Israele a Gerusalemme, così avallando la pretesa di Israele, sempre condannata dall'ONU, di considerare Gerusalemme, una e indivisibile, capitale dello Stato ebraico.
Senato e Congresso americani, forse influenzati dalle lobby ebraiche, fin dagli anni Novanta hanno più volte appoggiato questa aspirazione di Israele chiedendo lo spostamento dell'ambasciata ma i diversi Presidenti che si sono succeduti negli anni non hanno mai dato corso a questa sollecitazione ritenendola politicamente non praticabile.

Ricordiamo che con la guerra dei Sei giorni del 1967 Israele ha occupato militarmente tutta Gerusalemme, anche se con l'armistizio ed i successivi accordi di Oslo del 1993 il quartiere arabo è rimasto di spettanza della Cisgiordania e la Spianata delle moschee (il Monte del tempio per gli ebrei) sotto l'amministrazione della Giordania, mentre il sottostante Muro del pianto è diventato il luogo di culto per eccellenza degli ebrei.

Questa improvvida decisione ha immediatamente scatenato le durissime reazioni di tutto il mondo arabo ma anche del più vasto mondo musulmano, partendo da Abu Mazen, Presidente palestinese, al Segretario generale della Lega araba Ahmed Aboul Gheit, alla Giordania, all'Arabia Saudita, all'Iran, all'Iraq per arrivare alla Turchia di Erdogan. Ma anche tutti gli stati europei e la stessa Unione europea si sono dichiarati decisamente contrari: «L'Ue sostiene la ripresa di un significativo processo di pace verso la soluzione dei due Stati - ha detto la Mogherini, Alto rappresentante dell'Unione - Qualsiasi azione che possa minare questi sforzi deve essere assolutamente evitata». E si è quindi adeguata anche la grande stampa italiana, da sempre su posizioni acriticamente filo israeliane: “Pietra tombale sul processo di pace” scrive Il Sole 24 Ore.

“Soluzione dei due Stati”? “Pietra tombale sul processo di pace”? Sepolcri imbiancati.
Quale pace è possibile, quale Stato palestinese è possibile, quando il territorio palestinese è ridotto ad enclaves interamente circondate dai territori ormai occupati da Israele con le sue colonie, da sempre dichiarate illegali dalle Nazioni Unite? 1.000 sono i coloni nel 1972, 110.000 nel 1993, addirittura 600.000 oggi: il territorio della Cisgiordania è ridotto a degli isolotti in un mare interamente israeliano.

Arcipelago Palestina di Julien Bousac

Quale Stato palestinese è possibile quando Israele controlla e può interrompere in qualsiasi momento il passaggio dei palestinesi e delle merci da una zona all'altra? Quando l'acqua è stata monopolizzata da Israele che la distribuisce ai palestinesi quando vuole ed ai prezzi che vuole, quando le strade a scorrimento veloce che passano per i territori palestinesi sono riservate agli israeliani, quando coltivare i propri campi è spesso impossibile in quanto questi sono stati separati dagli abitati palestinesi dalle intrusioni del Muro, quando quello che resta della Cisgiordania non ha un collegamento con la Striscia di Gaza e quindi uno sbocco al mare? Quando non esiste un aeroporto?

In queste condizioni può esistere soltanto un simulacro di Stato, in realtà una colonia, che potrà sopravvivere soltanto finché Israele lo consentirà, un Israele che vuole apertamente il “Grande Israele”, un solo Stato, uno stato ebraico, dal Giordano al mare.

Gravissime sono le colpe in primo luogo degli Stati Uniti che dal 1993 in avanti hanno costantemente accettato le violazioni di Israele, via via più gravi, agli accordi di Oslo. Ed il riconoscimento esplicito di Gerusalemme una ed indivisa come capitale di Israele è il suggello finale.

Franco Isman

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  6 dicembre 2017