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La “parola” di Renzi
Franco Isman

araba fenice

Matteo Renzi usa la parola con una bravura eccezionale, non per niente i suoi avversari politici, anche in occasione delle ultime elezioni, si sono ben guardati dall'accettare un dibattito con lui.
Bravo, documentato, convincente e super attivo; doti certamente molto utili in campo internazionale nei rapporti con gli alleati. Nel novembre 2016, reduce dai funerali di Shimon Perez in Israele, con gli incontri con i “grandi” del mondo, ad un dibattito televisivo era pronto e rutilante come al solito.

Ma “parola” ha anche un altro significato: dare la parola, mantenere la parola data. E qui Renzi ha dimostrato di non essere assolutamente affidabile.
“Enrico stai sereno, vai avanti” assicurava al povero Letta, allora presidente del Consiglio, nel gennaio 2017, ma un mese dopo gli aveva fatto lo sgambetto; già, c'era in vista anche il semestre italiano al Consiglio d'Europa ed era troppo bello diventarne il presidente.

E poi il referendum costituzionale, da Renzi trasformato in referendum sulla sua persona, errore gravissimo.
“Ho personalmente affermato davanti alla stampa e lo ribadisco qui davanti alle senatrici e ai senatori che, nel caso in cui perdessi il referendum, considererei conclusa la mia esperienza politica… Come è possibile immaginare dopo una cavalcata così emozionante e straordinaria, unica in 70 anni di potere, andare a un referendum su quella che è la madre di tutte le riforme e di non trarne le eventuali conseguenze qualora non vi fosse un voto positivo”. Ma Renzi, pur dovendo lasciare il governo, non ha affatto abbandonato la politica ed ha mantenuto la carica di segretario del partito.

Infine, oltre a numerosi episodi minori, la conferenza stampa di alcuni giorni fa in cui Renzi, affermando di voler dare le dimissioni, le rinviava in realtà a dopo la fiducia al nuovo governo, il che avrebbe significato essere ancora lui a guidare il PD nel delicatissimo momento di transizione, con l'elezione dei gruppi parlamentari e dei presidenti di Senato e Camera, con le consultazioni dal Capo dello Stato e con il dibattito per la fiducia al nuovo governo. Nel caso poi, abbastanza probabile, di impossibilità di formare un governo e di nuove elezioni, sarebbe rimasto segretario. Belle dimissioni, infatti in seguito alla levata di scudi di gran parte del partito è stato costretto a presentarsi davvero dimissionario alla riunione della direzione del 12 marzo prossimo. In attesa, novella araba fenice, di risorgere dalle ceneri del povero PD.

E Giuseppe Pizzi, acerrimo nemico di Renzi fin dalla sua comparsa sulla scena politica, ha scritto:
"imbroglia le carte su tutto" disse di lui il politologo Sartori, “imbroglia più di Silvio” dice di lui l'imbrogliologo Verdini, “paulòt impustùr” (bigotto impostore) diceva dei tipi come lui il brianzologo impertinente.

Franco Isman

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  11 marzo 2018