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Il decreto legge Di Maio
La legge è semplice e chiara ma quello che sottende è complesso
Franco Isman

ALTAN


JOBS ACT

Lavoro o schiavitù?” avevo titolato commentando la legge del 2015, emanata dal governo Renzi, relativa alla riforma del lavoro e denominata, chissà perché, JOBS ACT (D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81) .

L'articolo 1 dichiarava solennemente: “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”; molto giusto.
Peccato che poi l'articolo 19 consentisse il lavoro a tempo determinato fino ad una durata di 36 mesi, stabilita fin dall'inizio, oppure frutto di successive proroghe, fino ad un massimo di 5.

Cosa succedeva in pratica ?
Molto spesso i giovani, assunti con un contratto di breve termine, venivano lasciati fino all'ultimo momento nell'incertezza se questo sarebbe stato rinnovato o meno, e questo per cinque volte, alla completa mercé dei capi, impedendo quindi, per tre anni, qualsiasi possibilità di programmare la propria vita.
Non solo, allo scadere dei tre anni, o dei cinque rinnovi, talvolta veniva benevolmente elargito un contratto definito “a tempo indeterminato” ma legato all'ultimazione di uno specifico lavoro: un'escamotage, illegale a parere di chi scrive, per continuare ad evitare un reale contratto a tempo indeterminato. E per far rispettare i propri diritti si sarebbe dovuto far causa.

Più schiavitù che lavoro, e più che bene ha fatto Luigi Di Maio, nel recentissimo decreto legge, a parlare della necessaria “tutela della dignità dei lavoratori…”

DECRETO LEGGE DI MAIO - Testo completo

Titolo I - CONTRASTO AL PRECARIATO
I 36 mesi di durata massima dei contratti a termine vengono ridotti a 12 ed a 24 solamente nel caso di sostituzione di lavoratori assenti e di “incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'attività ordinaria”. Trascorsi tali termini (o 4 e non più 5 rinnovi) il contratto diventa a tempo indeterminato.
Meno “comodo” per le aziende? Certamente, ma imprese serie e ben strutturate non dovrebbero particolarmente risentirne.

Titolo II - CONTRASTO ALLA DELOCALIZZAZIONE
Di che si tratta?
Essenzialmente che le imprese “che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi”, qualora “delocalizzino”, cioè portino altrove, in Italia o all'estero, gli impianti finanziati, prima di un termine di 5 anni, debbano restituire il contributo ricevuto maggiorato di interessi.
La norma non ha, e non potrebbe avere, effetto retroattivo.
E qualcuno trova qualcosa da obiettare ? Qualcuno sì.

Titolo III - CONTRASTO ALLA LUDOPATIA
Era ora !
Il Lotto era stato giustamente definito una tassa sui poveri, e lo stesso si può dire degli altri innumerevoli “giochi” nati in seguito: Superenalotto, Totocalcio, Totip, Bingo, scommesse sulle corse, lotterie, Gratta e vinci, Slot machine - nei bar, nelle sale gioco ed on line - legali o clandestini.
Ancora più grave la conseguente ludopatia, cioè la dipendenza dal gioco d'azzardo di una sensibile percentuale di giocatori che non riescono a porsi dei limiti; non ci sono dati precisi ma si parla di molte centinaia di migliaia di persone, probabilmente oltre un milione.
Il gioco d'azzardo è del tutto assimilabile ad una droga e, per “la dose” di soldi, questi giocatori non soltanto si rovinano economicamente ma arrivano alla prostituzione, al furto ed alla violenza. Un fenomeno sociale di gravi proporzioni, con forti costi, anche economici, per fronteggiarlo.
Fino a questo momento gli unici tentativi di contrasto si sono avuti da parte di alcuni comuni, talora ostacolati dalle prefetture, con limitazioni di orari e divieti di localizzazioni vicino alle scuole.
Arengario ne ha parlato alcuni anni fa (Il gioco d'azzardo, maggio 2013) , e da allora il fenomeno è sensibilmente aumentato. Dal 2003 al 2017è addirittura quintuplicato.

diagramma

Cosa fa il D.L. DI MAIO?
Non vieta alcun gioco ma stabilisce che “è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni ed internet”. E per comprendere che non si tratta di cosa di poco conto basta guardare le scomposte reazioni delle categorie interessate.

Il gioco d'azzardo, considerando soltanto quello legale, ha raggiunto nel 2017 un giro di affari di 101,8 miliardi di euro pari al 5,93% del PIL che è stato di1716,238 miliardi (16 nel 2003, 61 nel 2010, 79 nel 2011). I dati sono quelli ufficiali della AAMS (Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato).
Il gioco d'azzardo è ormai diventato la prima “industria” italiana, prima di ENEL, ENI, FIAT (la parte rimasta in Italia) e gli introiti dello Stato per IVA ed oneri erariali sono dell'ordine del 10% del giro di affari e dello 0,6% del PIL. Si tratta di cifre enormi, non trascurabili per raggiungere il 3% nel rapporto deficit/PIL imposto dall'Unione Europea.
Tutto questo spiega, oltre alle resistenze dei concessionari dei giochi e dei venditori degli spazi pubblicitari, Federazione calcio in primis, anche l'inerzia dei precedenti governi.
Spiega, ma non giustifica in alcun modo, questa crescita esponenziale ed abnorme del gioco d'azzardo, con la sua quintuplicazione dal 2003 al 2017.

Si tratta di provvedimenti di sinistra, al contrario di quanto fatto dal governo precedente che si auto attribuiva la patente di centrosinistra.
L'altra anima del governo, e cioè Matteo Salvini, che ha”ignorato” questo DL, vorrebbe invece la flat tax che, come abbiamo scritto , incrementa al massimo la forbice fra i ricchi, sempre più ricchi, e i poveri ma, fortunatamente, per ora non si può fare perché non c'è la copertura economica.
Speriamo che questo Decreto legge riesca ad ottenere alle Camere la conversione in legge nonostante gli agguerriti nemici, non soltanto esterni.

Questo governo non ha comunque futuro, con Salvini che aspetta soltanto il momento più opportuno per farlo cadere e vincere, con il centrodestra al solito unito, le successive elezioni.

Franco Isman

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  5 luglio 2018