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Trieste è ancora fascista ?
Franco Isman

L'annuncio delle leggi razziali in Piazza Unità

Trieste nel Ventennio è stata certamente una delle città più fasciste d'Italia, e ciò in quanto l'ideologia fascista si coniugava molto bene con l'irredentismo e la rivalità con gli… s'ciavi, come venivano sprezzantemente chiamati gli abitanti degli altipiani e dell'Istria, di lingua serbo-croata.
Non per niente Mussolini venne a Trieste il 16 ottobre 1938 a proclamare le leggi razziali, in una Piazza Unità stracolma di camicie nere inneggianti.


Ed a Trieste le squadracce fasciste, con alla testa un vecchio amico di sci di mia madre, tentarono anche l'assalto alla scuola ebraica in via Del Monte dove ero stato costretto ad andare.

A Trieste il fascismo è una specie di tabù: “no se devi dir”, non se ne deve parlare, come ho già scritto raccontando del bellissimo “Museo della Guerra per la Pace”. Qui, nella rassegna storica, composta da una sessantina di tabelloni fotografici, la voce “Trieste in camicia nera”, riguardante il ventennio fascista, comprende soltanto cinque pannelli, con didascalie ampiamente agiografiche, tratte dalla propaganda di regime.

Trieste in camicia nera
  Questo è tutto quello che si dice dei vent'anni del regime fascista (cliccare per ingrandire e leggere)

L'ultimo episodio di questa fobia è di un paio di giorni fa: il Comune ha fatto saltare la mostra sulle leggi razziali del 1938, organizzata dal liceo F.Petrarca in collaborazione con l'Università di Trieste ed il Museo ebraico, censurando il manifesto che osava riprodurre ingrandito Il Piccolo del 3 settembre 1938, XVI dell'Era Fascista, che ne dava notizia (articolo di la Repubblica).

manifesto

Parlare di fascismo, parlare delle famigerate leggi razziali è diventato sconveniente, non più in linea con la politica corrente. Immagino sia sconveniente anche ricordare come, proprio a Trieste, quaranta vecchietti ebrei ricoverati all'asilo Gentilomo a Opcina, fra i quali una sorella di mio nonno, Clotilde Finzi, cieca ed invalida, sono stati prelevati, portati a San Sabba e di qui ad essere gassati ad Auschwitz. Chissà quanti saranno morti, e rimasti fra i vivi, nei tre o quattro giorni del terribile viaggio.

Ma no se devi dir.

Franco Isman



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  16 settembre 2018