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La settimana in rete
a cura di Primo Casalini - 12 giugno 2005



Quando i miscredenti diventano clericali
Eugenio Scalfari su
la Repubblica 12 giugno

Sul referendum procreativo che da questa mattina fino a domani pomeriggio va alla prova delle urne si è già detto quasi tutto. Su alcuni punti si è detto addirittura troppo; su altri, forse, poco. Cercherò dal canto mio di rimediare a questi due inconvenienti di diversa natura.
Si è detto troppo sulla natura dell´embrione: se sia fin dall´inizio del concepimento una persona, oppure un progetto di persona che inizia subito la sua evoluzione e la persegue senza soluzione di continuità, oppure una non-persona almeno fino a quando non sarà dotato di un inizio di sistema nervoso.
Tutte queste definizioni non derivano dalla scienza ma da convinzioni soggettive che a loro volta dipendono da che cosa s´intenda con la parola "persona". Si tratta insomma di opinioni e come tali opinabili, sicché fondare su di esse una legge e un qualsiasi comportamento elettorale e giudicare quale sia quello giusto e quello sbagliato è del tutto improprio.
Non è dunque il dibattito sulla natura dell´embrione (persona, progetto di persona, non-persona) che può dettare il comportamento degli elettori e il giudizio su di esso, bensì la questione politica che sta sotto a quel dibattito.
È infatti una questione politica che induce gli elettori a votare sì oppure no o scheda bianca sui singoli quesiti o infine ad astenersi non presentandosi al seggio elettorale.
Tutta l´infinita chiacchiera su fratello embrione, mamma uovo, papà spermatozoo, che ha attratto o annoiato gli italiani in quest´ultimo mese, può avere avuto il solo valore di incuriosirne le menti e introdurle in un settore della conoscenza finora riservato agli addetti ai lavori e ai diretti interessati. Quindi un risultato positivo ma nulla di più. Le posizioni reciproche sono rimaste quelle iniziali, il dubbio non ha fatto breccia sulle diverse tesi in contesa per la semplice ragione che quel tipo di dibattito oscurava la questione politica che ha determinato la legge 40 e il referendum abrogativo su alcuni articoli della medesima legge.
Oggi è arrivato il giorno del voto. Cioè il momento della scelta tra diverse opzioni che non sono di carattere morale, teologico, filosofico, religioso, ma sono di natura politica. E come tali vanno trattate, discusse, risolte dalla coscienza di ciascuno. Di questo si è parlato troppo poco. Forse perché, da una parte come dall´altra, non se ne voleva parlare.
Il punto centrale di fronte al quale si trova oggi e domani l´elettore è molto preciso e si chiama clericalismo, potere clericale o se vogliamo esser chiari fino in fondo, potere temporale della gerarchia ecclesiastica sulla vita politica della società e dello Stato. Chi è a favore della vittoria di quel potere e chi è contro di esso.
La religione o la miscredenza non c´entrano. Si può essere religiosi oppure no, ma non è questo il punto di discrimine. I valdesi sono religiosi ma vanno a votare. Gli ebrei sono religiosi ma il presidente delle comunità italiane li ha esortati a votare. Molti cattolici religiosi, anzi religiosissimi, voteranno, a cominciare dal presidente della Repubblica, Ciampi, e dal suo predecessore, Scalfaro.
Per converso molti miscredenti incalliti non voteranno perché, pur essendo miscredenti, sono clericali dichiarati e mobilitati, come Giuliano Ferrara e Oriana Fallaci.
Auspicano una società guidata da una gerarchia ecclesiastica militante e tendenzialmente fondamentalista.
Mettono sui loro vessilli il Dio degli eserciti e non il Gesù della misericordia. Si battono affinché il peccato divenga reato. E affinché le loro libere e legittime scelte divengano obbliganti anche per chi non le condivide.
Utilizzeranno il fatto che l´embrione può vivere e crescere solo dentro il corpo della donna per obbligarla ad accoglierlo dentro il suo ventre anche contro il suo volere.
Infine vogliono ignorare il fatto che gran parte dei paesi del nostro continente hanno una legislazione non clericale e dunque più permissiva in materia di procreazione assistita, con la conseguenza che la nostra legge 40 realizza una normativa classista, dove i ricchi possono usare le strutture ospedaliere di Francia, Spagna, Gran Bretagna, per procreare senza gli impedimenti imposti ai medici italiani e alle coppie meno abbienti che vi ricorrono.
Analoga situazione riguarda la ricerca scientifica sulle staminali embrionali, fiorente in Usa e in molti paesi europei, vietata in Italia dal clericalismo del nostro episcopato con il solerte e chiassoso appoggio dei clericali miscredenti.
La paura di Frankenstein non c´entra nulla con la legge 40 e con i quesiti referendari. Se il quesito sulla ricerca scientifica passasse al vaglio delle urne di oggi, resterebbe comunque il divieto della legge di utilizzare gli embrioni per la riproduzione di esseri umani, contro la quale siamo tutti schierati, referendari e antireferendari, clericali e liberali, credenti e miscredenti. La legge 40 lo vieta e tutti siamo favorevoli a mantenere e semmai rafforzare quel divieto.
Eppure è proprio su questa paura che il clericalismo fa leva. Fa leva con una bugia e un insulto alle persone perbene. Così come fa leva su quel 25-30 per cento di astensionisti abituali, per sommare ad essi l´astensionismo clericale e rendere invalido il referendum per mancanza del quorum prescritto dalla legge.
Noi non diciamo, signor presidente della Camera, che chi si astiene sia un cittadino di serie B. È un cittadino esattamente come noi che stiamo andando a votare. Ma diciamo che il risultato di quelle astensioni lo depureremo dall´astensionismo strutturale degli indifferenti e così depurato lo confronteremo con il voto espresso nei seggi.
Lei, signor presidente della Camera, avrà obiezioni da opporci? E quali? Saremmo lieti di conoscerle, quelle obiezioni che certo – lo sappiamo – non delegittimano il risultato legale di un referendum fallito per mancanza di quorum, ma registrano un dissenso maggioritario contro una legge sbagliata, perseguita dal clericalismo italiano, tornato al "non expedit" di infausta memoria.
Spero che lei mi creda se le dico che personalmente aborro l´anticlericalismo sguaiato e intollerante. In Italia era stato superato e spento da tempo. Se sta ora risorgendo dalle ceneri è perché il clericalismo delle gerarchie ecclesiastiche e di chi obbedisce al loro richiamo ha l´effetto di un mantice sulle ceneri dell´anticlericalismo.
Se è questo che volete...
Aggiungo (l´ha scritto sabato Mario Pirani) che l´astensionismo militante avrà come effetto inevitabile quello di abolire la segretezza del voto prescritta dalla Costituzione. Si saprà chi ha votato. In un elettorato diviso tra chi va ai seggi e chi li diserta, esserci andati potrà risultare discriminante come lo fu per i cattolici che infrangevano il "non expedit".
Ripeto: è questo che volete?
* * *
C´è un ultimo punto che merita di essere menzionato ed è la parola di Benedetto XVI quando, parlando alcuni giorni fa nella cattedrale di San Giovanni in Laterano, ha detto che "Dio benedice chi si astiene di fronte alle cose che sono sgradite a Dio" connettendo questa affermazione al referendum sulla procreazione.
Si tratta d´una affermazione estremamente grave. Il Papa non parlava "ex cathedra", ma era pur sempre il Papa e mescolava Dio ad una contesa elettorale e quindi politica, in quello stesso luogo dove furono firmati i Patti Lateranensi e il Concordato tra la Santa Sede e lo Stato italiano. "Non menzionare il nome di Dio invano" recita il comandamento mosaico fatto proprio dalla Chiesa di Cristo.
"Non interferire nella sfera politica" dice il Concordato rivolgendosi alla Santa Sede.
Ci preoccupa meno il comandamento rivolto ai fedeli; ma ci preoccupa molto di più la violazione dei patti tra l´entità religiosa e quella laica e civile, effettuata dalle parole del Papa.
Qui si pone un dilemma che non potrà essere ignorato a lungo se il clero clericale proseguirà su questa strada. Se volete mescolare Dio alle contese politiche, allora usciamo dal Concordato, torniamo al regime cavourriano della libera Chiesa in libero Stato, senza più ricorrere al sostentamento finanziario e ai privilegi che lo Stato e noi tutti contribuenti garantiamo alla Santa Sede. Non si può avere Chiesa clericale e statuto concordatario. In un´Europa e in un´Italia che si avviano al pluralismo religioso, puntare ad una legislazione intrisa di clericalismo significa accentuare la discriminazione verso altri culti e altre religioni. E significa, soprattutto, opprimere i laici non credenti o poco credenti o credenti che rifiutano il magistero esclusivo della gerarchia.
Significa imporre una scuola pubblica di ispirazione vaticana, abolire la legge sull´aborto e poi quella sul divorzio, mettere le brache alla scienza, tornare al Sillabo e all´Indice dei libri sgraditi.
Questo è il clericalismo: un ritorno indietro al 1870 e alla caduta del regime temporale, ad un cattolicesimo ingessato e pervaso di teocrazia, che la cultura moderna aveva contribuito ad evolvere verso un messaggio di pura fede, di misericordia e di carità, che restano il deposito fulgente del Vangelo e del cristianesimo di Francesco e di Gesù di Nazareth suo patrono e ispiratore.
Ancora una volta ripeto: è questo che volete? E magari le Guardie Svizzere al posto dei corazzieri della Repubblica? Nel 1986, se non ricordo male, il leader radicale Francesco Rutelli scalò il balcone centrale di Montecitorio, ammainò il tricolore e issò al suo posto la bandiera pontificia bianca e gialla come protesta contro il tentativo del Vaticano di interferire sulla legislazione italiana.
Il Rutelli di oggi ha cambiato opinione ed è padrone di farlo. Ma a noi piace ricordarlo come un giovane trentaduenne che difendeva la laicità, patrimonio comune di credenti e non credenti.
Oggi quell´ammainabandiera sarebbe peraltro inutile.
Ciampi, che è già andato a compiere il suo dovere di elettore, la laicità dello Stato la difende a nome di noi tutti e perciò il tricolore sta bene dove sta.


E si litigò su Erode e San Giuseppe
Gian Antonio Stella sul
Corriere della Sera 12 giugno

I "referendum di Erode": così il senatore Riccardo Pedrizzi chiama le consultazioni sulla fecondazione assistita alle quali sono chiamati (senza gli sms berlusconiani) gli italiani. Il parlamentare di An, però, non è il solo ad aver interpretato un po' troppo bellicosamente una campagna referendaria che, secondo l'auspicio di Camillo Ruini, doveva esser caratterizzata da "forme serene e rispettose". Anzi.
Erano decenni che non si assisteva a uno scambio così violento di parole grosse, insulti, latrati. Basti guardare i manifesti affissi per le strade o messi in rete da Internet. Come quello astensionista che intima: "Donna, dimostra che le donne sono in grado di ragionare con la testa e non con l'utero". E spiega: "Il maschio per soddisfare i propri istinti paga un'albanese per utilizzarne il corpo a suo piacimento. Le donne pagheranno un'altra albanese per poter soddisfare i loro istinti riproduttivi". O quell'altro che, mischiando tutto, accatasta varie immagini di un corteo gay dove tutti sono tatuati, infiocchettati e seminudi per sparare: "Vogliamo lasciare che distruggano la sacralità della famiglia?".
Conclusione: "Il 12 e 13 giugno non votare". Forzature di fanatici? Schegge volgari di un mondo altrimenti capace di distinguere e ragionare pacatamente così come invitava la Cei, augurandosi una sfida civile dove le diverse posizioni avessero "ciascuna spazio adeguato sui mezzi di comunicazione"? Mica tanto, se è vero che un uomo generalmente sobrio come Alfredo Mantovano è arrivato a dire, attaccando la collega Stefania Prestigiacomo, la stessa cosa: "Perché il ministro non ha il coraggio di smentire ciò che è evidente: e cioè che il sì all´eterologa punta a garantire alle coppie omosessuali la pari opportunità di fabbricarsi un bambino su misura da esibire nelle manifestazioni sull'orgoglio gay?". Certo, le sparate non hanno fatto difetto neppure al fronte opposto. Si pensi al titolone dell'Unità che giorni fa tuonava: "Referendum, 4milioni di malati condannati dalla legge crudele".
O alla sortita di Marco Pannella che, dopo avere accusato tempo fa il Vaticano di essere "una realtà nemica della vita" che "concorre a creare morte e dolore in ogni occasione " ha dilagato: "Se l'embrione è una persona, gli spermatozoi sono il papà, e quindi bisognerebbe vietare la masturbazione in quanto spreco e omicidio di milioni di possibili genitori". Per non dire della provocatoria esultanza di Severino Antinori (auto- elettosi a suo tempo difensore di "otto milioni di coppie sterili italiane " contro le "donne delle caverne" cattoliche ree d'avere "osato scagliarsi contro il diritto più ovvio e fondamentale di avere un figlio") per la nascita mesi fa di una bambina avuta da una pensionata senza marito di 67 anni. O a una vignetta su San Giuseppe e la Sacra Famiglia: "Anche se il padre biologico non è lui, cosa cambia?". Oa un volantino a imitazione di un codice medievale: "Non voglio sprofondare nel Medioevo. Voto 4 sì". Insomma, chi è senza peccato... È difficile negare, però, che i toni più aspri siano stati usati soprattutto dai teorici dell'astensione. I quali, in nome dei loro legittimi principi, sono andati ben oltre gli inviti di Avvenire al dovere di ciascuno "di diventare esperto, di sapere, di capire". Un manifesto, corredato dalle foto di due cani, abbaia: "Non permettergli di creare uomini-pitbull". Un altro mostra una matita (del referendum) che minaccia di esser conficcata nel pancione di una donna incinta.
Un altro ancora spara una fotografia di Hitler che tiene la mano sulla spalla di un giovane nazista e dice: "Bambini perfetti? Io voto 4 volte sì". Tesi usata mesi fa, contro la raccolta di firme, da Carlo Giovanardi che aveva fatto affiggere una immagine di una parata di SS con lo slogan: "Anche loro avrebbero firmato". Una forzatura? Macché, rispose allora il ministro: "La selezione genetica fa parte del folle progetto nazista secondo cui tutto ciò che è imperfetto deve essere eliminato. I Radicali fanno un passo in più rispetto all'aborto terapeutico: quando l'embrione, che è un essere umano in divenire, presenta dei difetti, allora deve essere eliminato... ". Ma hanno davvero tutto così chiaro e netto, gli scienziati e i teologi, sulla natura dell'embrione? Ma certo, risponde Marcello Veneziani: "A volte c'è più saggezza e umanità in un embrione che in una persona intelligente di cinquant'anni ". Va da sé che manipolarli è un omicidio. Barbaro e pagano: "Tutti i regimi pagani dell'antichità sono basati sui sacrifici umani", spiega Antonio Socci, quindi lui non va a votare "per scongiurare la riduzione di esseri umani a cavie o serbatoi di organi". "Usare la vita per curare dei malati sarebbe come strappare il cuore a un passante per guarire un cardiopatico", dice Nicoletta Tiliakos nella trasmissione autogestita a Radio Radicale.
"Progettare i discendenti: ci ha già provato Goebbels, non è il caso di riprovarci ancora", titola Il Foglio di Giuliano Ferrara. "Non conosco il diritto canonico", ammette Roberto Calderoli, cattolico di rito pagano-celtico che si sposò levando il calice a Odino, "ma non vi è dubbio che l'ipotesi di scomunica" per i dissidenti "sia tutt'altro che peregrina". E guai a chi distingue, precisa, obietta. Questa legge, sentenzia Domenico Delle Foglie, del Comitato Scienza vita, "ha il merito d'aver bloccato la clonazione, la selezione eugenetica, l'inseminazione post-mortem, gli uteri in affitto e i cosiddetti ibridi o chimere (incroci fra embrioni di varie specie, umana compresa) ". Tutto nella scia, spiegò un giorno l'apocalittico Francesco Agnoli, dei pazzi seguaci di Paracelso che a Praga "fanno putrefare il seme maschile nel ventre equino col demenziale proposito di veder nascere un vero e vivo fanciullo umano" per la felicità perversa di Rodolfo II che "si circonda di feti mostruosi conservati sotto vetro, s'interessa di uomini pesce e bambini rettili, incita la sua accolita di stregoni a pastrocchiare con gelatine, corna di bue, veleno di rospi". Per carità: ognuno voti o non voti secondo coscienza. Ma sarebbe stato questo il confronto "sereno e rispettoso"?


Il laico Ferrara in processione
Aldo Cazzullo sul
Corriere della Sera 12 giugno

MACERATA — Le telefonate di parenti, amici e collaboratori si susseguono sempre più allarmate: " Giuliano, ma davvero fai anche tu il pellegrinaggio? " . " Tutto, fino a Loreto " . " Giuliano, sono 23 chilometri, sei sicuro? " . " Sicuro " .
Una collaboratrice particolarmente premurosa ha dato mano all'atlante: " Guarda Giuliano che da Macerata a Loreto i chilometri sono 29, e non è vero che è tutta discesa. Chi se ne importa se si parte al tramonto sul fresco, è l'alba il momento più duro... ". "Farò l'alba con i pellegrini".
Ovviamente gli organizzatori della processione mariana e preferendaria sono avvertiti: " Dopo cento metri torno indietro e vado in albergo, mi sveglio presto e vi raggiungo a Loreto in macchina. Altrimenti non potrei più dire che ho la fibrillazione atriale parossistica, una predisposizione mantenuta per l'obesità, un accenno di diabete, e che se nel 1952 avessero fatto sul mio embrione la diagnosi preimpianto mi avrebbero cancellato " . Quindi niente processione. " Presenza simbolica. Noi cattolici siamo comprensivi " .
Giuliano Ferrara è ironico e serissimo. " Questa guerra culturale mi ha preso completamente. Da settimane non seguo altro. Mi chiedo come farò da lunedì, se come spero il quorum non ci sarà; speriamo che Berlusconi dia qualche spunto. Ho ritrovato la passione della mia vita, la filosofia politica. E ho studiato: l'ispessimento della membrana, il dialogo tra i pronuclei, la formazione della morula... Lunedì pubblicherò un editoriale duro con Sartori e il Corriere , però credo che la guerra sia stata un successo anche per i giornali dalla linea opposta a quella del Foglio : abbiamo fatto discutere di filosofia, biologia, teologia. La legge 40, e paradossalmente il referendum per abolirla, è per l'Italia segno di grande avanzamento culturale " .
Alla messa nello stadio di Macerata che precede la processione, predica — citando Kerouac ed Eliot — Angelo Scola, patriarca di Venezia e pupilla degli occhi di Ratzinger, e intervengono alcuni laici: il neopresidente dell'Azione Cattolica Alici, il segretario della Cisl Pezzotta, appunto Ferrara. Il suo ultimo confronto pubblico è stato con Fassino. I due si marcano stretto sin dagli anni torinesi, Fassino definisce Ferrara profondamente di sinistra. " E io considero Piero profondamente di destra. Siamo due embrioni gemelli. Lui, Amato, la Turco, la Mafai sono stati i migliori del loro schieramento; non a caso hanno sottoscritto l'appello contro l'eugenetica.
La differenza rispetto al partito anticulturale del sì, stretto attorno alla leadership della Ferilli, è che Fassino e la Turco sono consci dell'errore che stanno commettendo. Io nel Pci ci sono nato, li conosco fin da piccoli, mi basta uno sguardo per capirli. Pagano un tributo a quel poco di cultura estranea che gli si è appiccicata addosso, sono pur sempre figli di Occhetto e quindi dell' Amazzonia, dell'Onu e di altre immense sciocchezze; però mica ci credono, la loro cultura è rimasta quella togliattiana, il corredo genetico è quello del Pci che vota per inserire il Concordato nella Costituzione. La Pollastrini no, lei è più Ferilli. Gli altri si ricordano di Berlinguer: " Noi non siamo né ateisti, né teisti, né antiteisti" " . Forse pensava così anche Craxi. " E' probabile. Non ne abbiamo mai parlato. La preoccupazione era De Mita, non Dio " . E i suoi genitori? " Loro no, erano comunisti e atei. Atei feroci. Convinti che veniamo dal nulla e torniamo al nulla. Ne ho visti molti, di laici sepolti con funerali religiosi; non loro. Loro li ho visti morire come hanno vissuto.
Mia madre aveva interesse per la spiritualità ma è morta senza tante storie, all'ora dell' aperitivo, dopo una vecchiaia senza esitazioni, senza tormenti. Però con mio padre si era sposata in chiesa " . L'accoglienza dei 50 mila pellegrini, tra cui molti ragazzi di Cl, è entusiasta: applausi, pacche, strette di mano. " La tournée di queste settimane è stata trionfale. Mi hanno contestato solo a Pisa. Erano una ventina. Orecchini, odore di fumo.
Molto piercing. Erano gli stessi che avevano avversato i rappresentanti di Israele. Ho avuto buon gioco a dire: " Gli ebrei no, noi cattolici neppure; di quale religione bisogna essere per parlare a Pisa? La serata più bella è stata a Modena, con un domenicano biologo che con il suo computer proiettava le immagini degli embrioni. Aveva un saio bianco con il cappuccio, da inquisitore. Bellissimo " .
E' buio, si accendono le torce, ci si mette in cammino verso Loreto. Renato Farina vorrebbe convincere Ferrara a muovere l'attacco all'aborto.
" Ma non accadrà. Trovo logico proibire la diagnosi pre impianto sugli embrioni e autorizzare l'aborto; l'aborto non serve a selezionare i figli, ma a difendere la salute fisica e psichica della donna. Non si troveranno miei articoli, anche antichi, in cui sostenga cose diverse da quelle di ora. Non sono Pera, che arriva a dire le cose giuste solo dopo aver detto quelle sbagliate. Ora difende la legge 40; prima la definiva oscurantista. Vuole le radici cristiane nella Costituzione europea; prima non le voleva.
Su Tangentopoli è garantista; prima era forcaiolo. Nelle guerre culturali avere Pera dalla tua parte ti indebolisce " . Casini? " Moscio " . Prodi? " Un moscio adulto " . Berlusconi? " No comment " . E gli avversari? " I radicali si sono battuti bene, e non solo perché Capezzone mi lusinga chiamandomi Oriano. Gli artisti, le Ferilli, hanno avuto un riflesso pavloviano, il " knee jurk liberalism", il progressismo che scatta come il ginocchio toccato dal martelletto. I Veronesi e i Dellapiccola ci ingannano; non hanno avuto il coraggio di dire che vogliono l'eu genetica, la selezione della razza, la fabbrica dei figli, il sogno dei medici del Terzo Reich. Sulla scia di Michele Serra, mi sta venendo un complesso di superiorità antropologica su questa gente " .
Il braciere di fronte all'altare accende la fiaccola che arriverà a Colonia per le Giornate della Gioventù con Ratzinger.
Scola stasera ne tace, sul referendum però la chiesa si è impegnata molto. " Io ero per il no — dice Ferrara — . Però, una volta che i vescovi hanno scelto l'astensione, votare sarebbe controproducente " .
Preghiere, canti, voci bianche. " Mi piacciono queste cose un po' polacche. Noi cattolici siamo gente seria, non abbiamo l'Ambra Jovinelli... " .
Poi il " cattolico " sale sul palco, tutto vestito di bianco, la camicia la giacca i pantaloni ( il toscano nel taschino però), e dice tra gli applausi: " Io non credo. Però credo che l'uomo integrale abbia il dovere di riconoscere la realtà. Anche quando la realtà è microscopica " .
Teo con, l'hanno chiamato.
" Parola disgustosa " . Ateo devoto, anche. " È una definizione di Beniamino Andreatta che ho applicato a me stesso ironicamente: sono la persona meno devota al mondo, forse una delle meno atee. Come a Fassino, anche a me è rimasta appiccata un poco di cultura che non mi appartiene; quando sento la parola liberalismo o liberismo sento sempre qualcosa di stridulo. Liberale era mio nonno Mario Ferrara, ma pure lui con Croce non poteva non dirsi cristiano " . Ferrara saluta Aldo Brandirali, molto ex maoista. Poi riprende: " Con i cattolici mi alleo, mi mischio, ma non profumo di incenso. Non ho fatto la comunione, non ho fatto la cresima; è tardi per cominciare. Però sono stato battezzato. Non so dove, non so da chi; credo dai nonni materni. I miei erano così, non volevano mettere il figlio in braccio a un prete, ma neppure negargli l'acqua santa. Se anch'io penso ci sia il nulla? Penso che non sappiamo nulla. Né l'origine, né il significato. Penso sia giusto vivere come se Dio ci fosse; quindi, divertendosi molto. Se mi dicono che sono contro la fecondazione assistita perché non ho figli, rispondo che può anche essere, ma sono un figlio anch'io " .


Scontro all'ultimo slogan
Mario Ajello su
Il Messaggero 11 giugno

Massimo D'Alema fa i complimenti a Gianfranco Fini per i suoi tre Sì e un No: "Ha avuto coraggio!". Fausto Bertinotti dice che "Fini si è dimostrato un politico senza preconcetti". E questa è la Piazza Abrogazionista, a Campo dei Fiori. Nell'altra manifestazione conclusiva della campagna referendaria, quella del non-voto, al Chiostro del Bramante, l'astensionismo è talmente radicato che i politici del centrodestra si astengono dal presentarsi al cospetto dei propri fan. I quali comunque, fra un inchino in direzione del Cupolone e un coretto del tipo "la voce dell'embrione è voce di battaglia", non parlano molto bene di Fini: "E' un traditore!", "un piacione", "finirà in qualche terrazza radical chic, ad affascinare le damazze dell'Ulivo".
Ecco, chi sta nelle due piazze la Piazza Abrogazionista e la Piazza Astensionista vive in maniera appassionata la propria partecipazione. Ma non è che siano affollatissime le due kermesse. A riprova che la battaglia sulla procreazione non sembra suscitare le stesse emozioni collettive che si registrarono per i referendum sull'aborto e sul divorzio. Enzo Carra, della Margherita, invia una mail alla Piazza Astensionista, per dirle: "Sto arrivando". Gianni De Michelis è sul palco della Piazza Abrogazionista e, sotto, qualcuno obietta "ma non era andato con i fascisti?" (cioè con Berlusconi), mentre i più, sia pure anti-craxiani viscerali, si complimentano: "Caspita che orgoglio laico questo brutto socialista!". Vedi le due piazze referendarie e ti viene da pensare al possibile bipolarismo del futuro prossimo: la Margherita con il centro e il Nuovo Psi che torna a sinistra.
Nella Piazza Astensionista, i più catastrofisti citano Nenni ("Piazze piene, urne vuote") e Pajetta ("Un mare di consensi, un pugno di voti"). A giudicare infatti dalle presenze (poche) a Campo dei Fiori e (nulle) al Chiostro del Bramante, il Sì seduce più dell'astensione. Ma nessuno, alla kermesse con D'Alema, con Bertinotti, con Cossutta, con Capezzone e con le bandiere rosse della Quercia e di Rifondazione e con i vessilli gialli dei Radicali, si fa troppe illusioni sul raggiungimento del quorum. "Arriveremo al 43 per cento, e sarà un successo", dicono in una piazza. "Non arriveranno neppure al 40 per cento, e sarà un tracollo", si augurano nell'altra piazza. Che già pensa, senza dirlo, a come ritoccare poi la legge sull'aborto.
Lo striscione degli uni recita: "Quattro Sì, per nascere, scegliere, guarire". Il logo degli altri è la foto edificante di una brava mamma che accarezza il bimbo e non lo darebbe mai nelle mani di Veronesi (effigiato come un mito nei poster di Campo dei Fiori) o di qualche altro "scienziato-Frankenstein". Nello spazio astensionista c'è il mini-club: con alcuni bambini che indossano la t-shirt con su scritto "Io sono per la vita". Nella piazza opposta, che per bocca di D'Alema grida "noi siamo per i valori e non per il relativismo", si vende invece un libro di Altan su "Lo sguardo dei bambini sul mondo degli adulti" e include questo scambio di battute d'autore. "Babbo, ho la vita davanti a me". "Tenta di scansarla. Se ti becca, sei fritto". Non si perde la voglia di sorridere. Neanche dall'altra parte, però. Gatto Panceri, testimonial canoro del fronte astensionista, dice di sentirsi il "menestrello di Ruini" e in onore del non-voto canta la stessa canzone che ha intonato a Sanremo: "L'amore va olt re l'amore". Intanto, è sfida anche fra presentatrici: Paola Saluzzi conduce la serata astensionista, Bianca Berlinguer ora è con la Melandri e dice spiritosamente: "Io e lei abbiamo messo al mondo un figlio, quasi negli stessi giorni. Siamo state primipare attempate" guida la piazza anti-legge 40. E An, appena lo viene a sapere, pretende che contro la Berlinguer la Rai avvii un procedimento disciplinare.
Ora, i bambini del mini-club astensionista vanno a dormire. E anche dall'altra parte, a Campo dei Fiori, si scioglie la compagnia. Sotto lo sguardo della statua di Giordano Bruno vittima dell'oscurantismo clericale che dentro di sé starà facendo il tifo. Ma non è detto che basterà.


Non dimezziamo la nostra scienza
Enzo Biagi sul
Corriere della Sera 12 giugno

Ci siamo. Da stamattina le urne sono aperte e perfino le previsioni meteorologiche scoraggiano ad andare al mare: temporali sul litorale ligure e anche al Sud nuvole sparse.
D'altra parte l'invito agli italiani a sdraiarsi al sole non portò bene neppure a Craxi. Oggi è il giorno nel quale ognuno di noi è chiamato a decidere, a scegliere, il giorno nel quale non sono ammesse deleghe. Votare è un diritto. Anzi, qualcosa di più, qualcosa che ci appartiene e che è costato dolore e sacrifici alle donne e agli uomini della mia generazione.
L'età mi consente di ricordare che cos'era questo Paese quando non c'era il problema di rinunciare al weekend per recarsi al seggio, ma mi vengono in mente, soprattutto, i momenti in cui riacquistammo dignità: il primo referendum, monarchia o repubblica, le elezioni del ' 48, le grandi battaglie per il divorzio e l'aborto, passaggi fondamentali per allineare l'Italia alle grande nazioni.
Certo, la materia sulla quale siamo chiamati a dire come la pensiamo è delicata, difficile: è il desiderio di diventare genitori, di creare una vita, di capire quali sono i limiti della scienza e i progressi che si possono fare per curare malattie degenerative.
Tutti hanno detto la loro: leader politici, scienziati, personalità della Chiesa e ogni opinione è evidentemente rispettabile.
Non è apprezzabile, a mio parere, quella che invita all'astensione.
Sono convinto che non esistano verità assolute per convincere a dire " sì " o " no " alle quattro domande che troveremo sulle schede e se il dibattito è stato a volte lacerante nelle istituzioni, lo è, in queste ore, anche in tante delle nostre famiglie: mogli che tracciano la croce da una parte, mariti e figli dall'altra, coppie che consegnano allo spoglio di domani sera la speranza di mettere al mondo un bambino, malati che affidano alle cellule staminali l'ultimo appello per la vita.
Dunque la politica — destra, centro, sinistra — c'entra poco: stavolta i conti li facciamo con noi stessi, con il nostro buonsenso, con la nostra coscienza. Io, tanto per uscire dagli equivoci, sono per quattro sì, ma credo che almeno due siano indispensabili: quello sulla scheda celeste ( sì alla ricerca sulle cellule staminali embrionali) e altrettanto su quella grigia ( sì alla fine dell'equivalenza tra embrione e persona).
Le argomentazioni scientifiche dovrebbero aver convinto che, mentre usciamo per andare a comperare le paste della domenica, è meglio entrare nella scuola del nostro quartiere e far valere i diritti di cittadini liberi, senza influenze da nessuna parte.
In gioco ci sono valori che riguardano la coscienza, che non è poco, e non vorrei mai che qualcuno dovesse rinunciare a una prospettiva di guarigione o di vita migliore perché ho dato retta a un onorevole, a un ginecologo e, con tutto il rispetto dovuto, a un prelato. In questi due giorni di giugno gli italiani devono decidere, senza incertezze, se con la rinuncia agli studi sulle cellule staminali embrionali la ricerca scientifica deve essere dimezzata. Se capisco le ragioni etiche o religiose per le quali qualcuno rifiuta questa " metà " , non posso accettare che questo rifiuto diventi una legge valida per tutti. Sarebbe un gran brutto precedente.


Il gioco dell'embrione
Alessandro Robecchi su
il Manifesto 9 giugno

Casella 1, partenza - Sei un embrione. Che culo! Non sappiamo nemmeno se sarai una cellula di orecchio o un pezzo di placenta e hai già più diritti di tua madre. Non possono nemmeno farti le analisi per vedere se sei sano. Vietato, dicono che così ti proteggono. Avanza di sei caselle.

Casella 7 - Sei Giovanardi, Sfiga. Fermo un giro, poi ritira i dadi. Siccome sei Giovanardi puoi tirarne due. E infatti con due dadi fai due. Sei pur sempre Giovanardi, non ti allargare!

Casella 9 - Siete una bella coppia e volete dei bambini. Evviva! Vai avanti di tre caselle.

Casella 12 - Ahi, ahi, ahi. Sei omosessuale, quindi non esiste un patto sociale che ti leghi al tuo partner, per la legge siete due estranei. Bambini, nemmeno parlarne, adozione pussa via. E' già tanto che ti puoi masturbare, ma forse faranno una legge restrittiva anche per questo. Punito. Torna alla casella Uno.

Casella 1 - Che culo! Sei di nuovo un embrione. Hai più diritti di un professionista gay di quarant'anni con la station wagon! Tira tre volte i dadi!

Casella 21 - Hai una malattia ereditaria e non vuoi che ce l'abbia pure tuo figlio. In più ti dicono che sei come Mengele. Vai in Francia, in Germania o a Malta, paesi civili. Ma prima vai avanti di tre caselle.

Casella 24 - Sei la mamma. Non so se hai notato ma a te in questo grande gioco tra preti e scienziati non ti ha cagato nessuno. Ferma un giro perché sei un po' Mengele anche tu. Poi puoi tirare i dadi.

Casella 31 - Sei Rutelli. Orrore! Torna alla casella numero 7.

Casella 7 - Aargh! Sei di nuovo Giovanardi! Che raccapriccio! Corri alla casella 35.

Casella 35 - Stai tentando la fecondazione assistita, punture, ormoni, ospedali, dottori e speranze, ma il vescovo di Venezia dice che è maglio una bella trombata. Compra un machete e vai avanti di tre caselle.

Casella 38 - Sei Marcello Pera, capisco la delusione. Eri un popperiano laico e adesso sei un chierichetto di Ratzinger, nemmeno molto dotato. Stai fermo un giro e poi tira i dadi.

Casella 43 - Sei la legge sull'aborto e già senti odore di bruciato. Cominci a capire che sei tu il vero obiettivo. Scappa! Corri avanti di cinque caselle.

Casella 48 - Sei un piccolo feto che fa marameo dall'ecografia. Dall'ecografia si può capire se stai bene oppure no. La tua mamma verrà accusata di eugenetica? Ciucciati il pollice per quattro caselle.

Casella 52 - Sei un lettore del Corriere della Sera e ti sei beccato due paginate di Fallaci senza avere alcuna colpa. Puoi fare causa per molestie al Corriere se vai avanti di tre caselle

Casella 55 - Sei Carletto, di due anni e mezzo, e piangi perché vuoi venire nel lettone con papà e mamma. Cazzo, ma sono le quattro! Quando eri un embrione non facevi così! Vai avanti di due caselle.

Casella 57 - Sei un ciellino, una cosa che nessuna analisi prenatale poteva prevedere. Sei contrario all'analisi preimpianto perché sei un sadico che ama la sofferenza della gente. Stai fermo un giro, poi tira i dadi.

Casella 62 - Sei un padre in sala parto, non sai cosa fare, sei spaventato, affascinato e felice. Sudi come un carrettiere. Vai avanti di una casella.

Casella 63 - Sei una madre in sala parto. Gridi come un'aquila e intanto pensi: ma guarda come suda quel fesso. Vai avanti di tre caselle.

Casella 66 - Sei un italiano normalissimo, un'italiana normalissima, ti stai chiedendo cosa diavolo ci fanno i preti e i famosi neo-con con le mani nelle tue mutande. Vai avanti di cinque caselle.

Casella 71, arrivo! - E' domenica 12 maggio, prendi la tua tessera elettorale e vai a votare i referendum. Ci vogliono cinque minuti e si vota anche lunedì, dillo a tutti quelli che puoi. E' un'azione che protegge la vita della gente e non il potere sulla vita della gente. E' un'azione che distingue l'uomo dal Giovanardi e che restituisce un diritto alle donne.


L'amaro destino del giunco sterile
Gianni Riotta sul
Corriere della Sera 8 giugno

Ci sarà chi andrà a votare, al referendum di domenica, in difesa della libertà di ricerca scientifica, postulata dai Nobel Dulbecco e Levi Montalcini. E chi invece voterà no, o si asterrà, legittimamente, secondo il mandato del cardinal Ruini, per delimitare il potere dei camici bianchi. Qualcuno dirà di sì ricordando che, fino al 1869, la Chiesa ha esitato sull'inizio della vita ( fu Martin Lutero a riproporre il concepimento come debutto della vita, tesi cara a Tertulliano e San Gregorio), qualcuno citerà San Tommaso ( che, mal interpretando Aristotele, data la vita umana a ben dopo il concepimento), qualcuno non andrà alle urne, confortato magari dalla bolla del 1588 di Papa Sisto V, " Effraenatam " .
La campagna elettorale non è propizia a serene discussioni, ma almeno i temi del futuro, che il filosofo Francis Fukuyama teme " post umano " , entrano nel tinello di casa. Sarebbe bene però meditare liberi dai guantoni dei pregiudizi che picchiano sui ring dei faziosi, " illuministi contro bigotti " , " libertini contro padri di famiglia " . Non è così. Procreazione assistita e cellule staminali sono temi complessi e affascinanti, irriducibili alla propaganda di parte. Lo studioso cristiano William Hurlbut ha convinto l'arcivescovo cattolico di San Francisco William Levada che è possibile creare staminali embrionali senza ledere la morale, e ha già presentato il suo esperimento in Vaticano. In direzione opposta, la femminista Marie Magdeleine Chatel condanna nel volume " Il disagio della procreazione " ogni intervento medico per indurre gravidanze. Non è facile orientarsi, e del resto la critica all'ingegneria genetica non nasce tra i conservatori, ma tra gli scienziati progressisti, con la storica conferenza di Asilomar del 1975.
Quel che colpisce però, nel disputare di esperti, seri o di giornata, è il silenzio freddo sul sog getto cruciale del voto: le coppie di genitori italiani che desiderano bambini e non possono concepirne. Si discetta di talassemia e Giobbe, di " crioconservazione " e " cultura del desiderio " , " ootide ed embrione " , ma si dimenticano padri e madri disposti a subire pratiche mediche lunghe, umilianti, spesso dolorose e con impatto grave sulla vita affettiva. Non per piacere effimero, non per narcisismo, ma per una decisione che non ha nulla di erotico o decadente, un atto d'amore, di fede nella vita. Un amore semplice e pulito, controcorrente in un'Italia che di far figli non vuol saperne, troppo edonista per rinunciare al weekend, o troppo disoccupata per arrivare in tre al 27. Anziché incoraggiare queste famiglie generose, la legge ne rende la Via Crucis ancor più punitiva, sovrapponendovi l'offesa del censo: chi ha i soldi vola all'estero, in cliniche dove non vige la legge 40, definita dalla rivista Foreign Policy " la peggiore al mondo " , i poveri restano sterili come il giunco della Bibbia.
Le parole di Benedetto XVI contro " la banalizzazione del corpo " e la " pseudolibertà " ci richiamano alla riflessione. Ma le famiglie che hanno avuto un bambino con l'assistenza messa a rischio dalla legge 40 testimoniano proprio di un ritorno al corpo come luogo sacro, di sacrifici, concepimento, vita. E' la rinuncia concreta alla " pseudolibertà " per il dovere, lungo e faticoso, di maternità e paternità: e Paesi di fervida fede religiosa, dagli Usa a Israele, si guardano infatti dall'imporre i diktat della 40. Chi non vorrà, per convinzione morale, non usufruirà della procreazione assistita. Ma negare, per legge di Stato, a una donna o a un uomo malati di sentirsi chiamare " mamma " , " papà " è ingiusto. Il sì è anche scelta di vita, sì a bambini e bambine che altrimenti non vedremo mai sgambettare, sorridendo, tra di noi.


Quell'Italia che sente “nostalgia” del futuro
Ilvo Diamanti su
la Repubblica 12 giugno

Un cantiere perennemente aperto. Senza disegni che permettano di immaginarne l´assetto, il profilo definitivo. Così appare il sistema politico italiano, dopo tredici anni di transizione. Un sistema politico in-immaginabile. Di cui è difficile prevedere il futuro prossimo. Le elezioni politiche del 2006, anzitutto. Incombono. Ma, a meno di un anno dal loro svolgimento, non è chiaro quali coalizioni e, al loro interno, quali soggetti politici si confronteranno. E con quali sigle. Con quali leader, candidati. A centrodestra: Berlusconi insiste per una lista unica, che, in effetti, nessuno vuole.
E offre la sua disponibilità a "passare la mano" ad altri. Ben sapendo che nessun altro, oltre a lui, è in grado di tenere insieme i (sedicenti) alleati del centrodestra.
A centrosinistra. La confusione è grande. Tanto che è difficile anche solo descriverne i possibili scenari. Meglio limitarsi a dire che non è possibile, oggi, conoscere quali partiti, in quest´area, saranno presenti nel proporzionale. La Margherita: insieme ai Ds, in qualche circoscrizione, o da sola ovunque? E, in questo caso, resteranno al suo interno i "prodiani"? Oppure si presenteranno da soli, con una lista autonoma? I Ds, di conseguenza: da soli? Insieme ai prodiani? Con la Margherita? Peraltro, un´eventuale frattura nella Margherita rimetterebbe in discussione le alleanze, le sigle (che ne sarebbe dell´Ulivo?) e i leader. Anzitutto, "il" leader: Romano Prodi. (E come potrebbe, in definitiva, restare unita una coalizione attraversata da fratture così profonde?). Da ciò lo spaesamento. Che riflette e riproduce l´impossibilità di immaginare il futuro. Non un orizzonte lontano, ma il domani. Anzi: stasera. E´, dunque, comprensibile la tentazione di girarsi. E di guardare indietro. Non solo per scoramento, ma per reazione meccanica. Perché se perdi la bussola, la rotta, allora sei costretto a indovinare, alle tue spalle, la terra da cui sei partito. E´ ciò che avviene in Italia. Non da oggi, perché lo spirito rifondativo, nel sistema politico e nella società, ha mantenuto basi ampie e solide. Ma oggi, certamente, questo atteggiamento appare più evidente. Al punto che, come mostra un´indagine condotta da Demos (nella settimana appena conclusa), solo il 14% delle persone (all´interno di un campione rappresentativo della popolazione nazionale) pensa che i partiti di oggi siano migliori di quelli della prima Repubblica, mentre il 39% ritiene, al contrario, che siano peggiori. (E il 37% uguali). L´immagine dei "politici" appare coerente, con quella dei partiti. Anzi, se possibile, più deteriore. Visto che la quota di chi ritiene la classe politica attuale migliore di quella della prima Repubblica scende al 13%, mentre sale al 42% la percentuale di quanti la ritengono peggiore.
Non si tratta di un giudizio comparativo, fondato sull´esperienza e sulla memoria, ma di un sentimento dettato dall´insoddisfazione del presente. Tant´è che il giudizio (di poco) più positivo, sulla classe politica e sui partiti del presente, giunge da chi non dispone di basi per il confronto. Dai giovanissimi, che hanno meno di 18 anni; e dai giovani, fra 18 e i 29 anni. Mentre il (ri)sentimento più aspro nei confronti del presente anima la generazione matura; la "meglio gioventù" degli anni 60, che, raggiunti i cinquant´anni, non riesce ad accettare la realtà politica in cui vive. Troppo distante dal mondo che aveva immaginato, quarant´anni addietro; ma anche dalle idee maturate durante la "rivoluzione" di dieci anni fa.
Così, non sorprende la buona immagine di cui godono i partiti e i leader più rappresentativi della prima Repubblica. Affondati, in un mare di indignazione, fra inchieste per corruzione e ondate di delusione sociale; oppure sepolti sotto le rovine di muri che, per tanti anni, avevano diviso la geopolitica e le ideologie, oggi riaffiorano. E riprendono visibilità, dignità, agli occhi dei cittadini. La Democrazia Cristiana: undici anni dopo la scomparsa (per alcuni: suicidio) è valutata positivamente dal 36% degli italiani (intervistati). Un "voto" degno dei tempi migliori, espresso dalla maggioranza assoluta di chi risponde. Peraltro, il 32% degli intervistati (e il 46% dei rispondenti) esprime un giudizio favorevole sul Partito Comunista, mentre nei confronti del Partito Socialista il giudizio appare più severo. Mostrano di apprezzarne l´esperienza il 24% degli intervistati (che equivale a un terzo di chi si esprime). Non poco, se si pensa alle vicende che hanno portato alla dissoluzione del partito, insieme alla sua leadership, nei primi anni Novanta. Nel complesso, il 44% degli italiani guarda con diffidenza –o con distacco- a tutti questi partiti, il 28% ne apprezza uno solo, mentre altrettanti guardano con simpatia -e forse qualcosa di più: passione, affetto- non uno, ma più partiti. Il 9% degli intervistati li giudica positivamente tutti. Il che permette di cogliere la radice del malessere politico che affligge la società italiana. Divisa fra diversi sentimenti, diverse tensioni, diverse tentazioni.
Il "rifiuto del vecchio regime", fra coloro che ne erano esclusi (An) oppure sono sorti e cresciuti in opposizione ad esso (la Lega).
L´attaccamento alle "radici", che pervade chi ha continuato a coltivarle: i neodemocristiani dell´Udc e i neocomunisti di Rifondazione. Ma contamina anche altri partiti, nuovi e vecchi. Come i Ds (per il Pci) , Forza Italia (per la Dc e il Psi) e la Margherita (per la Dc).
La "nostalgia dei partiti", del "sistema partitico"; che è trasversale, ma tocca livelli altissimi soprattutto fra gli elettori del centrosinistra. Che sembrano, più degli altri, afflitti dal male della "transizione indefinita". Senza orari né date di scadenza. Senza itinerari (non importa se verosimili: viaggiare con un programma sbagliato è, comunque, meglio di non averne nessuno). Senza guide accreditate.
Dal Pci, la Dc e il Psi all´Ulivo, la Fed, l´Unione. Il percorso appare faticoso e frustrante. E suscita un recupero del passato, come valore, che si può scambiare per (e in parte certamente è) "nostalgia". Di partiti dotati di tradizione, idee, organizzazione, progetto. E di leader credibili e creduti. Così, il 20% degli italiani esprime un giudizio positivo su Craxi (con punte del 37% fra gli elettori di Fi e An). Quasi il 30% su Andreotti (che raggiunge il massimo credito fra gli elettori dell´Udc e di An). E circa il 50% su Berlinguer (riscuote fiducia in tutti gli elettorati, FI e Lega compresi). Si tratta di quote elevate, in alcuni casi altissime, se si pensa che un terzo degli intervistati dice di non conoscerli (oppure di non riconoscerli). Segni di una rivalutazione del passato, della politica e dei politici della prima Repubblica. Che, tuttavia, suscita qualche sospetto. In quanto non emerge da una riflessione (auto)critica matura sulla nostra storia repubblicana. Che, fino ad oggi, non è avvenuta. Oppure si è svolta, prevalentemente, in modo astioso e strumentale. Questa rinnovata passione verso gli attori della prima Repubblica. Riflette l´insoddisfazione verso ciò che è avvenuto poi. Verso la "nuova" politica. E i "nuovi" politici. Sorge dal muro di nebbia che avvolge il futuro prossimo e immediato. Impedisce di vedere la destinazione. E ci spinge all´indietro. Verso un passato angelicato dalla frustrazione del presente. E dire (o dirsi) democristiani, comunisti, perfino socialisti, smette di essere un´accusa. Ma diventa, perfino, un antidoto all´identità sradicata e smemorata della nuova politica.


Gli zoccoli duri dell'Olanda
Michele Serra su
L'espresso

L'Europa vacilla e gli esperti si chiedono come mai l'unità politica sia in forse nonostante le tradizionali, amichevoli relazioni tra i popoli del continente: le guerre religiose, economiche, dinastiche, ideologiche, di secessione, di successione, di sterminio, d'annessione, d'indipendenza - per un totale di 900 milioni di morti (ricalcolati in euro) - si erano tutte concluse con una bella stretta di mano. Perché, dunque, una convivenza così solida viene messa in discussione?
La vera questione è quella delle radici locali, troppo importanti per essere messe tra parentesi. Vediamo i nodi principali.

OLANDA Guidare la macchina con i caratteristici zoccoli di legno è vietato dal nuovo codice della strada europeo, con il banale pretesto che lo zoccolo olandese, largo circa mezzo metro e pesante 12 chili, schiaccia contemporaneamente freno e acceleratore. Questo divieto viene considerato assurdo e anti-nazionale dalla potente organizzazione 'Famiglia Nederlandese', che rivendica anche l'attraversamento delle autostrade di donne in costume rurale (zoccoli, cuffia e grembiule ricamato) che dirigono gruppi di oche all'abbeveratorio sito dall'altra parte della carreggiata. Il costume tradizionale delle contadine (sottoveste di canapa, doppia gonna e pettorina) è difeso strenuamente anche dalla potente lobby dei gay, che lo indossa alla domenica.

SPAGNA Le normative europee sulla tutela degli animali stanno provocando in Spagna una sollevazione popolare. Sono in forse diverse manifestazioni di antichissima tradizione: oltre a San Firmin a Pamplona, molto amata dagli spagnoli perché i tori travolgono per la strada soprattutto turisti americani ubriachi, rischiano l'abolizione anche la seguitissima Matansa di San Pedro, con i tori infuriati che entrano al galoppo dentro le case e vengono affrontati dalle massaie con forchettoni, padelle e fucili a pompa, e la popolare Fiesta di Gurculan, dove la folla inferocita corre sfrenatamente per le strade travolgendo un toro estratto a sorte dal vescovo.

LITUANIA Il problema principale, per l'opinione pubblica lituana, sono i nuovi sportelli pubblici (banche, uffici postali, anagrafe) costruiti, secondo le normative europee, all'altezza standard di un metro da terra. Il partito nazionalista locale, 'Cestisti per la patria', formato da pivot tutti sopra i due metri di altezza, protesta e chiede che gli sportelli rimangano, secondo tradizione, a 180 cm da terra, ideali per la statura media del popolo lituano, e circondati dai parquet regolamentari. Problemi anche per il settore più forte dell'economia locale, quello dei canestri da basket cuciti a mano dalle donne lituane, minacciato, in assenza di dazio, dalla concorrenza lettone ed estone.

FRANCIA Il movimento dei contadini, guidati da José Bové, teme che la globalizzazione metta in forse la produzione di alcuni formaggi caratteristici, dal Camembert stagionato nella melma di palude allo Chaupleroque nelle due versioni, con i vermi e con i topi, al molto aromatico Feteur de Saint-Remi, ottenuto facendo marmorizzare al sole del Midi delle sottilette Kraft. I formaggi censiti in Francia sono 246, e per tradizione, da millenni, hanno tutti lo stesso sapore. I francesi temono che le normative europee portino a differenziare i sapori dei loro formaggi, snaturandoli. Bové ha in mente una clamorosa protesta: scartare in pieno Parlamento europeo, facendolo evacuare, una confezione di caprino del 1947.

INGHILTERRA Gli inglesi, per secoli, hanno creduto che l'Europa fosse un'isolotto a sud della Cornovaglia, in concessione ai Plantageneti che per osservarla meglio inventarono il cannocchiale. Successivamente sono riusciti a ridefinirla come l'estrema propaggine settentrionale dell'Africa. Il primo esploratore britannico che sbarcò a Calais, sir John Stanleystone, convinto di trovarsi in Mauritania, offrì a un pescatore francese perline colorate chiedendogli dove si potesse affittare un dromedario. Oggi gli inglesi considerano con un misto di curiosità e diffidenza l'idea europea di costituirsi in continente autonomo. Purtroppo il plenipotenziario della regina, spedito a Bruxelles per raccogliere informazioni, è morto in un incidente frontale: guidava sulla corsia di sinistra. Gli euroscettici sono disposti a trattare purché la Ue adotti la pinta, il pollice, la libbra e la monarchia, entri a far parte del Commonwealth e fornisca giardinieri e domestiche di colore.


Il wrestling politico dei Capitan Padania
Edmondo Berselli su
la Repubblica 6 giugno

Tempo fa si era assistito al lancio della nazionale di calcio "padana", oltre naturalmente all´invenzione dei giochi e ai campionati "celtici", e ciò aveva provocato riflessioni e discussioni, dato che come dicono in tv il calcio e lo sport sono lo specchio della nazione. Più o meno come Sanremo, all´incirca come Miss Italia. E difatti era venuto fuori alla svelta il concorso di Miss Padania, mentre alla Rai i dirigenti nordisti avevano subito dato un segno recuperando il cantautore delle valli lombarde Davide Van Des Froos. Ma adesso che finalmente un impresario fantasioso ha messo su un torneo di wrestling, in cui il prestante "Capitan Padania" si sderena sul ring contro il povero eroe meridionale "Pulcinella", il gioco è fatto, l´allegoria è completa, e la metafora pure.
Altro che il calcio o l´atletica: è il wrestling l´immagine della Lega. L´essenza profonda e spettacolare della sua politica. E non perché si possano immaginare i capi e i capetti della Lega conciati come gli eroi della lotta americana, totale e finta (al massimo i vecchi Boso e Borghezio, due Obelix di stazza adeguata); ma perché invece fin dalla sua nascita il Carroccio e il suo lottatore massimo, Umberto Bossi, si sono sempre comportati in politica spettacolarizzando i giochi di ruolo, platealizzando il bluff, teatralizzando le cadute e le rinascite, così come gli attacchi e le ritirate.
Dopo l´affondo di Roberto Maroni contro l´euro, aspettiamoci serenamente sul ring lo show di un altro "Mister Carroccio" contro "Horror Europe", il lottatore di Forcolandia, o qualsiasi altro personaggio malefico, un Ivan Drago in trasferta da Bruxelles. È già in copione. Nella storia della Lega ci sono battaglie talmente finte da essere diventate tremendamente vere, dato che los italianos, non hanno mai avuto il muso duro di andare a vedere la finzione. L´attacco contro la moneta unica sarà pure "un discorso da bar", come ha scritto Mario Deaglio su La Stampa, eppure, con tutta la sua torsione demagogica, è utilissimo per differenziare le posizioni dentro la Casa delle libertà, consentendo a Silvio Berlusconi di fare lo statista, a Gianfranco Fini di fare l´europeista e a Marco Follini il frondista.
Lo ha già messo in luce ieri Eugenio Scalfari, che tuttavia non si è dilungato nella descrizione del match di wrestling aperto dall´assalto di "Big Maroni". Ma è bastato attendere qualche ora, e prima si è assistito all´ingresso fra le corde del quadrato di Roberto Calderoli, che ha tentato di schienare in puro stile padano il presidente della Repubblica, salvo poi rinculare verso il suo angolo e dire che non intendeva criticare il Carlo Azeglio del Quirinale bensì il Ciampi troppo europeo del governo Prodi (e del risanamento dei conti pubblici, come scrivono i libri di storia). D´altronde, anche il grande capo Bossi, nell´anno di grazia 1993, aveva accolto la designazione di Ciampi a capo del governo con notevoli smorfie, alludendo con un certo disgusto agli studi umanistici del Governatore, "un professore di latino…": per poi uscire dalle consultazioni al Quirinale con aria compunta e dire che la Lega non poteva restare indifferente all´appello di Ciampi a sostenere un governo di salvezza pubblica.
Tattico eccellente, Bossi sa che il gioco delle parti funziona sempre. In quell´occasione sanzionò addirittura la transizione della Lega "dalla protesta alla proposta". Il fatto è che per gli animi impressionabili lo stuolo dei guerrieri padani a Pontida, con quel dispiegamento di bandiere, corna e lance, è uno spettacolo che fa spavento. Tutta l´azione politica di Bossi, cioè di un wrestler chiamato talvolta "Braveheart" o "il Senatur", è sempre stata fondata sulla capacità di indossare il costume e le armi del guerriero in grado di sterminare i nemici italioti, contando soprattutto sulla loro remissività civile.
Questa formidabile finzione, contempla morti e resurrezioni in scena, tradimenti e rappacificazioni, pugnalate alle spalle e lacrime di eterna amicizia, maledizioni contro il "Berluscàz" e negoziati vincenti sui seggi sicuri: Bossi ha sempre agitato verso la politica italiana un bluff strepitoso. Il suo ragionamento tattico e strategico era questo: certo, è vero che oggi come oggi la Lega è una forza minoritaria (ricordiamoci per inciso che alle elezioni del 2001 non raggiunse la soglia di sbarramento del 4% alla Camera); ma al momento giusto, quando ci fosse sul tavolo una posta altissima, la modernità, il benessere, "le pensioni padane", con la secessione come arma finale contro l´Italia della bancarotta, l´intero Nord seguirebbe il Carroccio come un sol uomo.
Su questa proposizione inverificata e, ci si augura, inverificabile, Bossi ha costruito l´identità e la forza presuntiva del suo partito. Per la verità, le rare volte in cui il guerriero è entrato effettivamente sul ring, lo spettacolo non è stato all´altezza del cartellone. Ad esempio, la grande "marcia sul Po" di metà settembre 1996, preceduta dal solenne rito celtico dell´ampolla in cui il Capo leghista raccolse l´acqua "sacra" alle sorgenti del Monviso, fu un sostanziale fallimento fuori dalla Lombardia, poca gente, niente festa di popolo, bandiere ripiegate con un po´ di mestizia sui ponti fra Ostiglia e Borgoforte alla fine della domenica secessionista.
Di non particolare successo risultarono anche altre invenzioni di lotta e di governo, cioè di wrestling e di Padania, come le elezioni padane nei "gazebi", e altre figurazioni particolarmente "fictional" come il parlamento di Mantova e il governo di Venezia, senza parlare ovviamente dell´invisibile sindacato padano. In precedenza, nel 1994, il guerriero Bossi aveva usato come un´esca il suo compagno di match Maroni, per mettere al tappeto Mariotto Segni e Mino Martinazzoli stracciando un accordo appena siglato e commentando l´incontro con ottimo gergo da wrestling: "Maroni li ha tirati fuori e la Lega ha colpito: la lumaca bavosa è tornata nella cavagna democristiana".
Di fronte a questa fiction ininterrotta, nel ricordo indelebile dello sketch ("Hanno cambiato le carte!") con cui Maroni reagì al varo del decreto "salvaladri", verrebbe voglia di non prendersela, neppure davanti alla devolution e a una riforma della Costituzione addirittura balorda. E allo stesso modo verrebbe voglia di rassegnarsi anche di fronte all´ultima trovata, lo sgambetto omicida-suicida contro l´euro, se non comparisse nella mente all´improvviso l´idea che nel wrestling è tutto falso, pura rappresentazione teatrale, ineffabile gioco delle parti; eppure talvolta capita che qualcuno di questi valorosi pseudocombattenti ci lasci una clavicola, o si spezzi una rotula, se non qualche vertebra. Sicché, prima che la spettacolare azione del lottatore Maroni e degli altri "Capitan Padania" in circolazione su questi ring disintegri la moneta, spedisca l´inflazione a livelli sudamericani e i tassi d´interesse ad altezze punitive, sarà bene che qualcuno intervenga e dica chiaramente che lo spettacolo, con tutte quelle botte e quei colpi così fantasiosi, è venuto un po´ a noia.


   12 giugno 2005