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5 giugno 2014

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Il Papa a Betlemme rilancia dialogo Israele-Palestina
Carlo Maroni su Il Sole 24 Ore | 25 maggio 2014

BETLEMME - Prima di arrivare alla piazza della Mangiatoia, a Betlemme, dove era atteso da 10mila persone, a sopresa si è fermato al muro di divisione tra Israele e Palestina. Sotto una torretta di guardia il Pontefice è sceso dalla jeep bianca scoperta, quindi ha poggiato la testa per un attimo sul cemento armato. Un gesto forte, senza parole, ma ricco di profondo significato, contro le barriere tra le genti, pur nel rispetto della reciproca sicurezza. Quando è arrivato nella piazza di fronte alla Basilica della Natività Papa Francesco è stato salutato dallo sventolio di bandiere palestinesi e con i colori del Vaticano, e un canto incessante. Nel cuore arabo-cristiano del Medio Oriente, terra palestinese divisa da Gerusalemme dal muro di sicurezza, i contrasti sono più evidenti.

Il Papa ha iniziato la giornata incontrando i vertici dell'Anp, e in particolare il presidente Mahmoud Abbas, che ha salutato come «uomo di pace» e ha augurato ai popoli israeliano e palestinese di intraprendere «un esodo verso la pace». L'appello di Francesco è risuonato forte: «Il Medio Oriente da decenni vive le drammatiche conseguenze del protrarsi di un conflitto che ha prodotto tante ferite difficili da rimarginare e, anche quando fortunatamente non divampa la violenza, l'incertezza della situazione e l'incomprensione tra le parti producono insicurezza, diritti negati, isolamento ed esodo di intere comunità, divisioni, carenze e sofferenze di ogni tipo».

Nella giornata Bergoglio è andato al campo profughi di Dheisheh, per un incontro con i bambini. «Nel manifestare la mia vicinanza a quanti soffrono maggiormente le conseguenze di tale conflitto, vorrei dire dal profondo del mio cuore che è di porre fine a questa situazione, che diventa sempre più inaccettabile, e ciò per il bene di tutti. Si raddoppino dunque gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza.» Adesso «è giunto il momento per tutti di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti».

Nel pomeriggio il Papa ha lasciato in elicottero Betlemme per recarsi all'aeroporto di Tel Aviv, in Israele. Di lì è andato a Gerusalemme dove lo attende l'incontro centrale del pellegrinaggio in Terra Santa, quello con il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo (Betlemme dista da Gerusalemme solo 12 chilometri ma per il protocollo diplomatico il Papa deve passare per l'aeroporto di Ben Gurion di Tel Aviv).

In Israele il Papa rinnoverà l'appello alla ripresa del dialogo, che negli ultimi mesi è tornato in alto mare. «Auguro ai popoli palestinese e israeliano e alle rispettive autorità di intraprendere questo felice esodo verso la pace con quel coraggio e quella fermezza necessari per ogni esodo. La pace nella sicurezza e la mutua fiducia diverranno il quadro di riferimento stabile per affrontare e risolvere gli altri problemi».

L'omelia della messa è dedicata ai bambini, presenti in massa nella piazza. «Purtroppo, in questo nostro mondo che ha sviluppato le tecnologie più sofisticate, ci sono ancora tanti bambini in condizioni disumane, che vivono ai margini della società, nelle periferie delle grandi città o nelle zone rurali. Tanti bambini sono ancora oggi sfruttati, maltrattati, schiavizzati, oggetto di violenza e di traffici illeciti. Troppi bambini oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari, specialmente nelle acque del Mediterraneo. Di tutto questo noi ci vergogniamo oggi davanti a Dio che si è fatto Bambino». E ancora: «Anche oggi piangono i bambini, piangono molto, e il loro pianto ci interpella. In un mondo che scarta ogni giorno tonnellate di cibo e di farmaci, ci sono bambini che piangono invano per la fame e per le malattie facilmente curabili. In un tempo che proclama la tutela dei minori, si commerciano armi che finiscono tra le mani di bambini-soldato; si commerciano prodotti confezionati da piccoli lavoratori-schiavi. Il loro pianto è soffocato: devono combattere, devono lavorare, non possono piangere! Ma piangono le loro madri...».


 
Discorso di Papa Francesco all’aeroporto Ben Gurion
Testo originale del discorso di Papa Francesco su popefrancisholyland2014.lpj.org | 25 maggio 2014

TEL AVIV - Aeroporto Internazionale Ben Gurion

Signor Presidente, Signor Primo Ministro,

Eminenze, Eccellenze, Signore e Signori, Fratelli,

vi ringrazio cordialmente per l’accoglienza nello Stato di Israele, che ho la gioia di visitare in questo mio pellegrinaggio. Sono grato al Presidente, Signor Shimon Peres, e al Primo Ministro, Signor Benjamin Netanyahu, per le cortesi espressioni rivoltemi, e ricordo volentieri gli incontri avuti con loro in Vaticano. Come sapete, vengo pellegrino a 50 anni dallo storico viaggio del Papa Paolo VI. Da allora sono cambiate molte cose tra la Santa Sede e lo Stato di Israele: le relazioni diplomatiche, che ormai da un ventennio esistono tra noi, hanno favorito l’accrescersi di rapporti buoni e cordiali, come testimoniano i due Accordi già firmati e ratificati e quello in via di perfezionamento. In questo spirito rivolgo il mio saluto a tutto il popolo d’Israele ed auguro che si realizzino le sue aspirazioni di pace e prosperità.

Sulle orme dei miei Predecessori sono giunto come pellegrino in Terra Santa, dove si è dispiegata una storia plurimillenaria e sono accaduti i principali eventi legati alla nascita e allo sviluppo delle tre grandi religioni monoteiste, l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam; perciò essa è punto di riferimento spirituale per tanta parte dell’umanità. Auspico dunque che questa Terra benedetta sia un luogo in cui non vi sia alcuno spazio per chi, strumentalizzando ed esasperando il valore della propria appartenenza religiosa, diventa intollerante e violento verso quella altrui.

Durante questo mio pellegrinaggio in Terra Santa visiterò alcuni luoghi tra i più significativi di Gerusalemme, città di valore universale. Gerusalemme significa “città della pace”. Così la vuole Dio e così desiderano che sia tutti gli uomini di buona volontà. Ma purtroppo questa città è ancora tormentata dalle conseguenze di lunghi conflitti. Tutti noi sappiamo quanto sia urgente la necessità della pace, non solo per Israele, ma anche per tutta la regione. Si moltiplichino perciò gli sforzi e le energie allo scopo di giungere ad una composizione giusta e duratura dei conflitti che hanno causato tante sofferenze. In unione con tutti gli uomini di buona volontà, supplico quanti sono investiti di responsabilità a non lasciare nulla di intentato per la ricerca di soluzioni eque alle complesse difficoltà, così che Israeliani e Palestinesi possano vivere in pace. Bisogna intraprendere sempre con coraggio e senza stancarsi la via del dialogo, della riconciliazione e della pace. Non ce n’è un’altra. Pertanto rinnovo l’appello che da questo luogo rivolse Benedetto XVI: sia universalmente riconosciuto che lo Stato d’Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il Popolo palestinese ha il diritto ad una patria sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente. La “soluzione di due Stati” diventi realtà e non rimanga un sogno.

Un momento particolarmente toccante del mio soggiorno nel vostro Paese sarà la visita al Memoriale di Yad Vashem, a ricordo dei sei milioni di ebrei vittime della Shoah, tragedia che rimane come simbolo di dove può arrivare la malvagità dell’uomo quando, fomentata da false ideologie, dimentica la dignità fondamentale di ogni persona, la quale merita rispetto assoluto qualunque sia il popolo a cui appartiene e la religione che professa. Prego Dio che non accada mai più un tale crimine, di cui sono state vittime in primo luogo ebrei e anche tanti cristiani e altri. Sempre memori del passato, promuoviamo un’educazione in cui l’esclusione e lo scontro lascino il posto all’inclusione e all’incontro, dove non ci sia posto per l’antisemitismo, in qualsiasi forma si manifesti, e per ogni espressione di ostilità, discriminazione o intolleranza verso persone e popoli.

Con cuore profondamente addolorato penso a quanti hanno perso la vita nell’efferato attentato avvenuto ieri a Bruxelles. Nel rinnovare la mia viva deplorazione per tale criminoso atto di odio antisemita, affido a Dio Misericordioso le vittime e invoco la guarigione per i feriti.

La brevità del viaggio limita inevitabilmente le possibilità di incontro. Vorrei da qui salutare tutti i cittadini israeliani ed esprimere loro la mia vicinanza, in particolare a chi vive a Nazareth e in Galilea, dove sono presenti anche tante comunità cristiane.

Ai Vescovi e ai fedeli cristiani rivolgo il mio saluto fraterno e cordiale. Li incoraggio a proseguire con fiducia e speranza la loro serena testimonianza a favore della riconciliazione e del perdono, seguendo l’insegnamento e l’esempio del Signore Gesù, che ha dato la vita per la pace tra l’uomo e Dio, tra fratello e fratello. Siate fermento di riconciliazione, portatori di speranza, testimoni di carità. Sappiate che siete sempre nelle mie preghiere.

Desidero rivolgere un invito a Lei, Signor Presidente, e al Signor Presidente Mahmoud Abbas, ad elevare insieme con me un’intensa preghiera, invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera. Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti; molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla; e tutti, specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli, abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento. Tutti gli uomini e le donne di questa terra del mondo, del mondo intero, ci chiedono di portare davanti a Dio l’ardente aspirazione alla pace.

Signor Presidente, Signor Primo Ministro, Signore e Signori, vi ringrazio nuovamente per la vostra accoglienza. Che la pace e la prosperità scendano in abbondanza su Israele. Dio benedica il suo popolo con la pace! Shalom!


papa


Discorso di Papa Francesco davanti alle Autorità palestinesi
Testo originale del discorso di Papa Francesco su popefrancisholyland2014.lpj.org | 25 maggio 2014

BETLEMME

Signor Presidente,

Cari amici,

Cari fratelli,

ringrazio il Presidente Signor Mahmoud Abbas per le sue espressioni di benvenuto e rivolgo il mio cordiale saluto ai rappresentanti del Governo e a tutto il popolo palestinese. Sono grato al Signore di essere oggi qui con voi nel luogo in cui è nato Gesù, il Principe della Pace, e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza.

Il Medio Oriente da decenni vive le drammatiche conseguenze del protrarsi di un conflitto che ha prodotto tante ferite difficili da rimarginare e, anche quando fortunatamente non divampa la violenza, l’incertezza della situazione e l’incomprensione tra le parti producono insicurezza, diritti negati, isolamento ed esodo di intere comunità, divisioni, carenze e sofferenze di ogni tipo.

Nel manifestare la mia vicinanza a quanti soffrono maggiormente le conseguenze di tale conflitto, vorrei dire dal profondo del mio cuore che è ora di porre fine a questa situazione, che diventa sempre più inaccettabile, e ciò per il bene di tutti. Si raddoppino dunque gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza. È giunto il momento per tutti di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti.

Auspico vivamente che a tal fine si evitino da parte di tutti iniziative e atti che contraddicono alla dichiarata volontà di giungere ad un vero accordo e che non ci si stanchi di perseguire la pace con determinazione e coerenza. La pace porterà con sé innumerevoli benefici per i popoli di questa regione e per il mondo intero. Occorre dunque incamminarsi risolutamente verso di essa, anche rinunciando ognuno a qualche cosa.

Auguro ai popoli palestinese e israeliano e alle rispettive Autorità di intraprendere questo felice esodo verso la pace con quel coraggio e quella fermezza necessari per ogni esodo. La pace nella sicurezza e la mutua fiducia diverranno il quadro di riferimento stabile per affrontare e risolvere gli altri problemi e offrire così un’occasione di equilibrato sviluppo, tale da diventare modello per altre aree di crisi.

Mi è caro fare riferimento all’attiva comunità cristiana, che offre il suo significativo contributo al bene comune della società e che partecipa alle gioie e sofferenze di tutto il popolo. I cristiani intendono continuare a svolgere questo loro ruolo come cittadini a pieno diritto, insieme con gli altri concittadini considerati come fratelli.

Signor Presidente, Lei è noto come uomo di pace e artefice di pace. Il recente incontro in Vaticano con Lei e la mia odierna presenza in Palestina attestano le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina, che mi auguro possano ulteriormente incrementarsi per il bene di tutti. A tale riguardo esprimo il mio apprezzamento per l’impegno volto ad elaborare un Accordo tra le Parti, riguardante diversi aspetti della vita della Comunità cattolica del Paese, con speciale attenzione alla libertà religiosa. Il rispetto di questo fondamentale diritto umano è, infatti, una delle condizioni irrinunciabili della pace, della fratellanza e dell’armonia; dice al mondo che è doveroso e possibile trovare un buon accordo tra culture e religioni differenti; testimonia che le cose che abbiamo in comune sono così tante e importanti che è possibile individuare una via di convivenza serena, ordinata e pacifica, nell’accoglienza delle differenze e nella gioia di essere fratelli perché figli di un unico Dio.

Signor Presidente, cari fratelli riuniti qui a Betlemme, Dio onnipotente vi benedica, vi protegga e vi conceda la saggezza e la forza necessarie a portare avanti il coraggioso cammino della pace, in modo che le spade si trasformino in aratri e questa Terra possa tornare a fiorire nella prosperità e nella concordia. Salam!

  5 giugno 2014