Il Papa a
Betlemme rilancia dialogo Israele-Palestina
Carlo
Maroni su Il Sole 24 Ore
| 25 maggio 2014
BETLEMME
- Prima di arrivare alla piazza della Mangiatoia, a
Betlemme, dove era atteso da 10mila persone, a sopresa si è fermato al
muro di
divisione tra Israele e Palestina. Sotto una torretta di guardia il
Pontefice è
sceso dalla jeep bianca scoperta, quindi ha poggiato la testa per un
attimo sul
cemento armato. Un gesto forte, senza parole, ma ricco di profondo
significato,
contro le barriere tra le genti, pur nel rispetto della reciproca
sicurezza.
Quando è arrivato nella piazza di fronte alla Basilica della Natività
Papa
Francesco è stato salutato dallo sventolio di bandiere palestinesi e
con i
colori del Vaticano, e un canto incessante. Nel cuore arabo-cristiano
del Medio
Oriente, terra palestinese divisa da Gerusalemme dal muro di sicurezza,
i contrasti
sono più evidenti.
Il
Papa ha iniziato la giornata incontrando i vertici
dell'Anp, e in particolare il presidente Mahmoud Abbas, che ha salutato
come
«uomo di pace» e ha augurato ai popoli israeliano e palestinese di
intraprendere «un esodo verso la pace». L'appello di Francesco è
risuonato
forte: «Il Medio Oriente da decenni vive le drammatiche conseguenze del
protrarsi di un conflitto che ha prodotto tante ferite difficili da
rimarginare
e, anche quando fortunatamente non divampa la violenza, l'incertezza
della
situazione e l'incomprensione tra le parti producono insicurezza,
diritti
negati, isolamento ed esodo di intere comunità, divisioni, carenze e
sofferenze
di ogni tipo».
Nella
giornata Bergoglio è andato al campo profughi di
Dheisheh, per un incontro con i bambini. «Nel manifestare la mia
vicinanza a
quanti soffrono maggiormente le conseguenze di tale conflitto, vorrei
dire dal
profondo del mio cuore che è di porre fine a questa situazione, che
diventa
sempre più inaccettabile, e ciò per il bene di tutti. Si raddoppino
dunque gli
sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace
stabile, basata
sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla
reciproca
sicurezza.» Adesso «è giunto il momento per tutti di avere il coraggio
della
generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della
pace, che
poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad
esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini
internazionalmente
riconosciuti».
Nel
pomeriggio il Papa ha lasciato in elicottero Betlemme
per recarsi all'aeroporto di Tel Aviv, in Israele. Di lì è andato a
Gerusalemme
dove lo attende l'incontro centrale del pellegrinaggio in Terra Santa,
quello
con il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo (Betlemme dista da
Gerusalemme
solo 12 chilometri ma per il protocollo diplomatico il Papa deve
passare per
l'aeroporto di Ben Gurion di Tel Aviv).
In
Israele il Papa rinnoverà l'appello alla ripresa del
dialogo, che negli ultimi mesi è tornato in alto mare. «Auguro ai
popoli
palestinese e israeliano e alle rispettive autorità di intraprendere
questo
felice esodo verso la pace con quel coraggio e quella fermezza
necessari per
ogni esodo. La pace nella sicurezza e la mutua fiducia diverranno il
quadro di
riferimento stabile per affrontare e risolvere gli altri problemi».
L'omelia
della messa è dedicata ai bambini, presenti in
massa nella piazza. «Purtroppo, in questo nostro mondo che ha
sviluppato le
tecnologie più sofisticate, ci sono ancora tanti bambini in condizioni
disumane, che vivono ai margini della società, nelle periferie delle
grandi
città o nelle zone rurali. Tanti bambini sono ancora oggi sfruttati,
maltrattati, schiavizzati, oggetto di violenza e di traffici illeciti.
Troppi
bambini oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari,
specialmente
nelle acque del Mediterraneo. Di tutto questo noi ci vergogniamo oggi
davanti a
Dio che si è fatto Bambino». E ancora: «Anche oggi piangono i bambini,
piangono
molto, e il loro pianto ci interpella. In un mondo che scarta ogni
giorno
tonnellate di cibo e di farmaci, ci sono bambini che piangono invano
per la
fame e per le malattie facilmente curabili. In un tempo che proclama la
tutela
dei minori, si commerciano armi che finiscono tra le mani di
bambini-soldato;
si commerciano prodotti confezionati da piccoli lavoratori-schiavi. Il
loro
pianto è soffocato: devono combattere, devono lavorare, non possono
piangere!
Ma piangono le loro madri...».
Discorso di
Papa Francesco all’aeroporto Ben Gurion
Testo
originale del discorso di Papa Francesco su popefrancisholyland2014.lpj.org
| 25 maggio 2014
TEL
AVIV - Aeroporto Internazionale Ben Gurion
Signor
Presidente, Signor Primo Ministro,
Eminenze,
Eccellenze, Signore e Signori, Fratelli,
vi ringrazio
cordialmente per l’accoglienza nello Stato di
Israele, che ho la gioia di visitare in questo mio pellegrinaggio. Sono
grato
al Presidente, Signor Shimon Peres, e al Primo Ministro, Signor
Benjamin
Netanyahu, per le cortesi espressioni rivoltemi, e ricordo volentieri
gli
incontri avuti con loro in Vaticano. Come sapete, vengo pellegrino a 50
anni
dallo storico viaggio del Papa Paolo VI. Da allora sono cambiate molte
cose tra
la Santa Sede e lo Stato di Israele: le relazioni diplomatiche, che
ormai da un
ventennio esistono tra noi, hanno favorito l’accrescersi di rapporti
buoni e
cordiali, come testimoniano i due Accordi già firmati e ratificati e
quello in
via di perfezionamento. In questo spirito rivolgo il mio saluto a tutto
il
popolo d’Israele ed auguro che si realizzino le sue aspirazioni di pace
e
prosperità.
Sulle orme dei
miei Predecessori sono giunto come pellegrino
in Terra Santa, dove si è dispiegata una storia plurimillenaria e sono
accaduti
i principali eventi legati alla nascita e allo sviluppo delle tre
grandi
religioni monoteiste, l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam; perciò
essa è
punto di riferimento spirituale per tanta parte dell’umanità. Auspico
dunque
che questa Terra benedetta sia un luogo in cui non vi sia alcuno spazio
per
chi, strumentalizzando ed esasperando il valore della propria
appartenenza
religiosa, diventa intollerante e violento verso quella altrui.
Durante questo
mio pellegrinaggio in Terra Santa visiterò
alcuni luoghi tra i più significativi di Gerusalemme, città di valore
universale. Gerusalemme significa “città della pace”. Così la vuole Dio
e così
desiderano che sia tutti gli uomini di buona volontà. Ma purtroppo
questa città
è ancora tormentata dalle conseguenze di lunghi conflitti. Tutti noi
sappiamo
quanto sia urgente la necessità della pace, non solo per Israele, ma
anche per
tutta la regione. Si moltiplichino perciò gli sforzi e le energie allo
scopo di
giungere ad una composizione giusta e duratura dei conflitti che hanno
causato
tante sofferenze. In unione con tutti gli uomini di buona volontà,
supplico
quanti sono investiti di responsabilità a non lasciare nulla di
intentato per
la ricerca di soluzioni eque alle complesse difficoltà, così che
Israeliani e
Palestinesi possano vivere in pace. Bisogna intraprendere sempre con
coraggio e
senza stancarsi la via del dialogo, della riconciliazione e della pace.
Non ce
n’è un’altra. Pertanto rinnovo l’appello che da questo luogo rivolse
Benedetto
XVI: sia universalmente riconosciuto che lo Stato d’Israele ha il
diritto di
esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente
riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il Popolo palestinese ha
il
diritto ad una patria sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare
liberamente.
La “soluzione di due Stati” diventi realtà e non rimanga un sogno.
Un momento
particolarmente toccante del mio soggiorno nel
vostro Paese sarà la visita al Memoriale di Yad Vashem, a ricordo dei
sei
milioni di ebrei vittime della Shoah, tragedia che rimane come simbolo
di dove
può arrivare la malvagità dell’uomo quando, fomentata da false
ideologie,
dimentica la dignità fondamentale di ogni persona, la quale merita
rispetto
assoluto qualunque sia il popolo a cui appartiene e la religione che
professa.
Prego Dio che non accada mai più un tale crimine, di cui sono state
vittime in
primo luogo ebrei e anche tanti cristiani e altri. Sempre memori del
passato,
promuoviamo un’educazione in cui l’esclusione e lo scontro lascino il
posto
all’inclusione e all’incontro, dove non ci sia posto per
l’antisemitismo, in
qualsiasi forma si manifesti, e per ogni espressione di ostilità,
discriminazione o intolleranza verso persone e popoli.
Con cuore
profondamente addolorato penso a quanti hanno
perso la vita nell’efferato attentato avvenuto ieri a Bruxelles. Nel
rinnovare
la mia viva deplorazione per tale criminoso atto di odio antisemita,
affido a
Dio Misericordioso le vittime e invoco la guarigione per i feriti.
La brevità del
viaggio limita inevitabilmente le possibilità
di incontro. Vorrei da qui salutare tutti i cittadini israeliani ed
esprimere
loro la mia vicinanza, in particolare a chi vive a Nazareth e in
Galilea, dove
sono presenti anche tante comunità cristiane.
Ai Vescovi e ai
fedeli cristiani rivolgo il mio saluto
fraterno e cordiale. Li incoraggio a proseguire con fiducia e speranza
la loro
serena testimonianza a favore della riconciliazione e del perdono,
seguendo
l’insegnamento e l’esempio del Signore Gesù, che ha dato la vita per la
pace
tra l’uomo e Dio, tra fratello e fratello. Siate fermento di
riconciliazione,
portatori di speranza, testimoni di carità. Sappiate che siete sempre
nelle mie
preghiere.
Desidero
rivolgere un invito a Lei, Signor Presidente, e al
Signor Presidente Mahmoud Abbas, ad elevare insieme con me un’intensa
preghiera, invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in
Vaticano
per ospitare questo incontro di preghiera. Tutti desideriamo la pace;
tante
persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti; molti soffrono e
sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla; e
tutti,
specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli,
abbiamo il
dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella
preghiera. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un
tormento.
Tutti gli uomini e le donne di questa terra del mondo, del mondo
intero, ci
chiedono di portare davanti a Dio l’ardente aspirazione alla pace.
Signor
Presidente, Signor Primo Ministro, Signore e Signori,
vi ringrazio nuovamente per la vostra accoglienza. Che la pace e la
prosperità
scendano in abbondanza su Israele. Dio benedica il suo popolo con la
pace!
Shalom!
Discorso di
Papa Francesco davanti alle Autorità palestinesi
Testo
originale del discorso di Papa Francesco su popefrancisholyland2014.lpj.org
| 25 maggio 2014
BETLEMME
Signor Presidente,
Cari amici,
Cari fratelli,
ringrazio
il Presidente Signor Mahmoud Abbas per le sue
espressioni di benvenuto e rivolgo il mio cordiale saluto ai
rappresentanti del
Governo e a tutto il popolo palestinese. Sono grato al Signore di
essere oggi
qui con voi nel luogo in cui è nato Gesù, il Principe della Pace, e vi
ringrazio per la vostra calorosa accoglienza.
Il
Medio Oriente da decenni vive le drammatiche conseguenze
del protrarsi di un conflitto che ha prodotto tante ferite difficili da
rimarginare e, anche quando fortunatamente non divampa la violenza,
l’incertezza della situazione e l’incomprensione tra le parti producono
insicurezza, diritti negati, isolamento ed esodo di intere comunità,
divisioni,
carenze e sofferenze di ogni tipo.
Nel
manifestare la mia vicinanza a quanti soffrono
maggiormente le conseguenze di tale conflitto, vorrei dire dal profondo
del mio
cuore che è ora di porre fine a questa situazione, che diventa sempre
più
inaccettabile, e ciò per il bene di tutti. Si raddoppino dunque gli
sforzi e le
iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata
sulla
giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca
sicurezza. È giunto il momento per tutti di avere il coraggio della
generosità
e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che
poggia sul
riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e
a
godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente
riconosciuti.
Auspico
vivamente che a tal fine si evitino da parte di
tutti iniziative e atti che contraddicono alla dichiarata volontà di
giungere
ad un vero accordo e che non ci si stanchi di perseguire la pace con
determinazione e coerenza. La pace porterà con sé innumerevoli benefici
per i
popoli di questa regione e per il mondo intero. Occorre dunque
incamminarsi
risolutamente verso di essa, anche rinunciando ognuno a qualche cosa.
Auguro
ai popoli palestinese e israeliano e alle rispettive
Autorità di intraprendere questo felice esodo verso la pace con quel
coraggio e
quella fermezza necessari per ogni esodo. La pace nella sicurezza e la
mutua
fiducia diverranno il quadro di riferimento stabile per affrontare e
risolvere
gli altri problemi e offrire così un’occasione di equilibrato sviluppo,
tale da
diventare modello per altre aree di crisi.
Mi
è caro fare riferimento all’attiva comunità cristiana,
che offre il suo significativo contributo al bene comune della società
e che
partecipa alle gioie e sofferenze di tutto il popolo. I cristiani
intendono
continuare a svolgere questo loro ruolo come cittadini a pieno diritto,
insieme
con gli altri concittadini considerati come fratelli.
Signor
Presidente, Lei è noto come uomo di pace e artefice
di pace. Il recente incontro in Vaticano con Lei e la mia odierna
presenza in
Palestina attestano le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e lo
Stato
di Palestina, che mi auguro possano ulteriormente incrementarsi per il
bene di
tutti. A tale riguardo esprimo il mio apprezzamento per l’impegno volto
ad
elaborare un Accordo tra le Parti, riguardante diversi aspetti della
vita della
Comunità cattolica del Paese, con speciale attenzione alla libertà
religiosa.
Il rispetto di questo fondamentale diritto umano è, infatti, una delle
condizioni irrinunciabili della pace, della fratellanza e dell’armonia;
dice al
mondo che è doveroso e possibile trovare un buon accordo tra culture e
religioni differenti; testimonia che le cose che abbiamo in comune sono
così
tante e importanti che è possibile individuare una via di convivenza
serena,
ordinata e pacifica, nell’accoglienza delle differenze e nella gioia di
essere
fratelli perché figli di un unico Dio.
Signor
Presidente, cari fratelli riuniti qui a Betlemme, Dio
onnipotente vi benedica, vi protegga e vi conceda la saggezza e la
forza
necessarie a portare avanti il coraggioso cammino della pace, in modo
che le
spade si trasformino in aratri e questa Terra possa tornare a fiorire
nella
prosperità e nella concordia. Salam!
5 giugno
2014